I due temi sul tavolo, considerata anche l’assembla di Lega Serie A che si terrà stamattina, rimangono quando potranno ripartire gli allenamenti (e solo dopo il campionato) e quale percentuale degli stipendi dovrà essere sottoposta a tagli, oltre ad un’intervista che Tuttosport propone con Professor Casasco, presidente dei Medici Sportivi, sicuro che una ripartenza non possa prescindere da tamponi e test per tutti, atleti compresi. I quotidiani sportivi nazionali riportano in primo piano le parole di Gravina, presidente FIGC, deciso a giocare anche sino ad ottobre se fosse necessario per evitare possibili “valanghe di contenziosi“.

Andare avanti fino a settembre-ottobre? Sì, è una ipotesi – ha affermato il presidente FIGC alla Domenica Sportiva – L’unico modo serio di gestire un’emergenza di questo tipo è quello di chiudere comunque le competizioni del 2019-2020 in questo anno. Una data ipotizzata per ripartire è quella del 17 maggio, ma sappiamo che è solo un’ipotesi. Se non ci comportassimo così non potremmo iniziare il 2020-21 a causa della valanga di contenziosi ai quali saremmo sottoposti da tutti i soggetti che si potrebbero ritenere lesi nei loro diritti e nei loro interessi“. La UEFA su tutti, specialmente dopo gli ammonimenti diramati qualche giorno fa dal presidente Ceferin, pronto a valutare una riapertura estiva.

E se questa stagione di Serie A dovesse concludersi entro agosto, con due settimane in cui sarebbe possibile la ripartenza (fra 31 maggio e 14 giugno), il campionato 2020/2021 partirà domenica 30 agosto oppure domenica 13 settembre visto che i giocatori, complice l’Europeo, andranno lasciati alle rispettive nazionali entro il 1° giugno 2021.

Sul fronte stipendi, intanto, ci si aggiornerà questa mattina in tele-conferenza fra presidenti delle società di Serie A. Saltata per il momento una trattativa con l’AIC, si pensa di varare una linea comune che porti nel bimestre marzo-aprile ad un taglio del 10% sugli stipendi dei calciatori, che potrebbe diventare del 20% laddove non si giocasse neppure a maggio e giugno. Da segnalare come alcune squadre siano ancora indietro coi pagamenti di febbraio e quelli di marzo vadano erogati entro la metà di aprile. Urge, dunque, trovare un accordo quanto prima: non a caso questa mattina l’assemblea di Lega Serie A è convocata in via d’urgenza.

All’interno del Corriere dello Sport, poi, viene riportata una lettera di Damiano Tommasi, presidente AIC, in risposta ad uno degli editoriale dei giorni passati. “Era la sera del 7 marzo quando ho alzato l’asticella delle “rivendicazioni” chiedendo, a tutti quelli che potevano decidere, di sospendere il calcio giocato. Ho preso in due giorni schiaffi da tutte le parti e sì, hai ragione, siamo stati inconcludenti. Ha fatto di più il Coronavirus che le nostre tante parole, parole, parole. Qualche dirigente sportivo mi ha accusato di fare del terrorismo, più o meno come quelli che ora dicono che «vuole chiudere qui la stagione, quando tanti vorrebbero giocare». Ho imparato una cosa dall’epidemia: che il nostro volere e i nostri programmi futuri sono puro esercizio dialettico, l’agenda la detta il Coronavirus, purtroppo. Nella vicenda Juventus nessuno ha scavalcato nessuno ma siamo stati costantemente aggiornati e quando calciatori e club vanno d’accordo non vedo perché l’AIC si debba sentire accantonata. Lavoriamo per questo, far andare d’accordo club e calciatori”.

Tommasi torna anche sulla tematica del taglio degli stipendi, sottolineando che oggi è l’emergenza economica che sembra fare quasi più paura di quella sanitaria. “L’idea che mi sono fatto è che le considerazioni attuali su tagli a stipendi o meno, chiusura anticipata o meno, giocare d’estate o meno, siano, ad oggi, per l’80% con priorità all’emergenza economica e per il 20% all’emergenza sanitaria. E questo da tutte le parti. Calciatori, dirigenti, presidenti, tv, giornali, sponsor. Ricominciare il campionato per ridurre le perdite, finire la stagione sul campo per non avere ricorsi, continuare ad allenarsi per avere diritto allo stipendio, ritrasmettere le partite per avere l’audience, raccontare le partite per riconquistare il pubblico ma anche il contrario, chiudere il campionato per non pagare nessuno o annullare la stagione per non retrocedere. Tutti costretti, chi più chi meno, da un’emergenza economica che sembra stia facendo più male dell’emergenza sanitaria. Ho quasi l’impressione, anche, che in questi giorni quelli che pensano invertendo le percentuali siano visti come disadattati, illusi, sognatori o privilegiati perché «bisogna riaprire sennò si fallisce» e «il Governo non può impedirmi di lavorare». È un terreno scivolosissimo ma sarà il vero problema da qui in avanti. La chiusura totale è relativamente facile da condividere, sarà l’apertura graduale che ci farà litigare“.


GLI APPROFONDIMENTI SUL GENOA

SECOLO XIX – L’unico quotidiano a riannodare la vicenda coronavirus col Genoa è il Decimonono, che questa mattina riparte dalle parole del presidente FIGC e fa una digressione sul campionato di Serie C, quello che va incontro alle maggiori difficoltà sul fronte stipendi e garanzie. Vincenzo Torrente, tornato da qualche mese sulla panchina del Gubbio, si fa portavoce di un calcio “operaio”, che ha stipendi soltanto lontanamente equiparabili a quelli della Serie A. “Almeno il 70% guadagna meno di 50mila euro lordi” è stato il monito di Damiano Tommasi, presidente AIC.

Secondo me quelle cifre riguardano almeno l’80% dei giocatori” ha spiegato l’ex rossoblu Torrente. “Ragazzi con stipendi da operai, che devono pagarsi mutui, bollette e tutto il resto con 1200/1300 euro al mese. Serie A e Serie C sono realtà distanti anni luce, con i tagli degli stipendi della Serie A si dovrebbero garantire gli stipendi della Serie C. Tornare a giocare? Prima battiamo il virus”. L’edizione odierna del Secolo XIX, poi, approfondisce la dieta a cui si stanno sottoponendo (spesso documentandolo via social) i giocatori del Genoa. Sempre cinque pasti al giorno, ma in quantità inferiore visto il minore dispendio energetico della squadra, che si è riaperta piena di cuochi: da Biraschi a Sanabria, da Pinamonti a Perin passando per Cassata. 


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