“Oggi possiamo dire, con qualche orgoglio, che abbiamo attrezzato il sistema sanitario nazionale di strumenti che sono superiori a quelli utili per fronteggiare l’emergenza. Questo ci dà maggiore forza per andare avanti. Nelle regioni del Sud ci sono 461 ventilatori a fronte di 249 ricoverati in terapia intensiva. Quasi un rapporto di uno a due, a significare che questo riequilibrio sta funzionando e sta trovando una forma di compatibilità nei numeri complessivi di contrasto all’emergenza”. Ai dati positivi sopra elencati, il commissario Arcuri farà seguire subito un richiamo a cautela e prudenza.
“Il virus è ancora tra noi, ma abbiamo imparato a contenere e i nostri concittadini ad attrezzarsi e fronteggiarlo, al costo di molte vittime e di una privazione delle nostre libertà. Il virus è un po’ meno forte e un po’ più conosciuto, ma non è stato sconfitto. Dobbiamo spendere una parola per sottolineare anche noi, come il Presidente del Consiglio e i ministri, che non bisogna prendere nessuna decisione frettolosa. Bisogna essere ancor più consapevoli e responsabili e bisogna che i nostri concittadini possa e debbano essere tutti partecipi. Stiamo preparando una batteria di strumenti per alleggerire le misure di confinamento”. Tra queste, il commissario Arcuri si è soffermato soprattutto sulla misura del contact-tracing, ovvero sia un’operazione di “tracciamento dei contatti fra persone”.
“Che cos’è? È una modalità per garantire la possibilità che vengano in qualche modo conosciuti e in qualche misura tracciati i contatti che le persone hanno. Contatti che sono molto importanti qualora, purtroppo, qualche nostro concittadino si contagi. Questi contatti possono essere utilizzati al fine di contenere la trasmissione del contagio. In tutto il mondo si ragiona intorno ad un assioma semplice: alleggerire le misure di confinamento significa essere in condizione di mappare i contatti delle persone che hanno recuperato una qualche forma di mobilità. L’alternativa alla mappatura tempestiva dei contatti è semplice: le misure di contenimento non possono essere alleggerite e dovremo continuare a sopportare i sacrifici sopportati in queste settimane, privandoci di quote importanti della nostra libertà. Nessuno dice che il contact-tracing non sia importante, ma non basta convincerci che serva: bisogna infatti che rispetti due fattispecie fondamentali che dico con nitidezza: sicurezza e privacy. È uno strumento utile, forse indispensabile, ma va trovato un soddisfacente equilibrio che risponda a due requisiti fondamentali: il rispetto della sicurezza e quello della privacy”.
“Rispettare la sicurezza significa essere certi che le informazioni che vengono tracciate non vengano utilizzate ad altri fini o da altri soggetti. Non sarà possibile, da parte mia, allocare queste informazioni in un luogo che non sia pubblico e italiano. Immaginare che queste informazioni vengano collocate in un server di natura diversa da quella che ho appena detto non credo sia compatibile col rispetto dei requisiti elementari di sicurezza che questo strumento dovrà garantire. Il secondo requisito è la privacy: i dati anagrafici e sanitari dei nostri cittadini e la loro riservatezza è un diritto inalienabile e irrinunciabile. In fondo, la riservatezza dei dati personali è una componente essenziale della libertà personale. Pertanto voglio rassicurare che nulla accadrà se non nel totale rispetto delle leggi sulla privacy nazionali e sovranazionali. Sicurezza e libertà, infrastruttura pubblica e rispetto della privacy: il contact-tracing non solo sarà uno strumento che indiscutibilmente serve, ma risponderà anche ai requisiti elementari di cui stiamo discutendo.
Il Governo ha scelto un’applicazione, come molti sanno, e ha chiesto al sottoscritto di accompagnare contrattualmente e operativamente questa applicazione verso gli italiani. Da qualche giorno lo stiamo facendo, tutti consapevoli delle linee guida di sicurezza e privacy, diritti e libertà. Ovviamente bisogna intendersi su un altro aspetto: a cosa serve questa app? Dove inizia e dove finisce il contact-tracing? Assume un valore fondamentale per accompagnare l’alleggerimento delle misure di contenimento se, e solo se, si connette al sistema sanitario nazionale. Limitarci a dire che un cittadino, che volontariamente ha scaricato questa applicazione sul proprio device e si è visto garantire i prerequisiti di sicurezza e privacy, possa produrre solamente un alert con gli altri cittadini con cui è stato in contatto significa una cosa importante, ma non sufficiente affinché questo strumento diventi rilevante nel contrasto alla fase successiva dell’emergenza, quella che ci accingiamo a vivere. Sarà quindi necessario, in tempi necessari e compatibili, che questa applicazione si possa connettere al sistema sanitario nazionale diventando da un lato un’informazione, dall’altro un presupposto affinché il sistema sanitario nazionale possa intervenire efficacemente nel contrasto all’emergenza nella sua seconda fase. Solo così il contact-tracing assumerà la valenza che gli è richiesta e smetterà di essere semplicemente uno strumento informativo.
Il sistema sanitario nazionale, come noto, necessita di un particolare rafforzamento. Bisognerà rafforzare le strutture sanitarie e nazionali destinate esclusivamente al ricovero dei contagiati da coronavirus tenendoli il più possibile separati dagli altri reparti di terapia intensiva dove altri nostri concittadini, sovente in preda a differenti patologie, devono essere ricoverati. Dovremo costruire una rete di cosiddetti “Covid Hospital”. Se la app di contact-tracing potrà connettersi ad un sistema sanitario nazionale con evidenti segni di rafforzamento e innovazione, sarà davvero uno strumento efficace.
Volevo concludere dandovi qualche altra informazione. Ho letto che avremmo in testa di rendere obbligatorio l’utilizzo della app per i cittadini che potranno essere protagonisti di misure di alleggerimento a cui li abbiamo sinora costretti, come se si fornisse un lasciapassare solo a chi scarica questa applicazione. Se non fossimo tutti protagonisti di una tragedia, dovrei rispondere che questa è davvero una farsa: immaginare che possa uscire chi ha scaricato una app, ma restare a casa chi non l’ha scaricata, è una semplificazione massima di quando le suggestioni travalicano e sorpassano anche chi le ha pensate.
La app sarà e resterà volontaria e noi cercheremo con ogni forza di spiegare agli italiani che la partecipazione e l’utilizzo della stessa è anzitutto un sinonimo di generosità verso sé stessi e verso gli altri. Un sinonimo di comunità, perché metterci in condizione di comprendere cosa la app contenga ci aiuterà a fronteggiare meglio l’emergenza. Credo possano esistere due classi di incentivi che vanno valutati dai cittadini. Faccio una premessa: questo sistema funziona tanto più quanti più cittadini italiani ne fanno parte. E come si incentivano gli italiani? Intanto coi requisiti che ho elencato e chiedendo un gesto di solidarietà, generosità e comunità e poi garantendo loro anche qualche facilitazione di natura sanitaria”.
Al di là degli incentivi, è indispensabile cercare di capire anche il risvolto più pratico della questione: come si agevoleranno anziani o persone impossibilitate ad installare questa applicazione? “L’applicazione è in fase di test e attenderemo le indicazioni sovrane del Parlamento: saremmo davvero soddisfatti se vorrà darcele seguendo le linee che ho tracciato prima di sicurezza e privacy. Lo dico perché nei prossimi incontri cercherò di essere più preciso: intanto posso dire che siamo comunque il Paese col più alto tasso di telefoni cellulari al mondo ed è un punto di partenza confortante che prescinde dall’anagrafe. Tutti i nostri genitori e le persone anziane hanno quasi sempre un device mobile. Differente è la facilità di utilizzo che invece è più importante per le persone che hanno un livello più basso di alfabetizzazione tecnologica: su questo stiamo lavorando per rendere l’accesso e l’installazione di questa applicazione molto semplice. Altrimenti rischia di essere una contraddizione in termini che le persone più anziane e più a rischio abbiano difficoltà a scaricare questo strumento”.
Dopo questa lunga parentesi sull’applicazione che traccerà l’Italia al momento dell’alleggerimento della quarantena casalinga, il commissario Arcuri ha voluto spezzare una lancia a favore del lavoro svolto in Italia sul fronte dei tamponi eseguiti. Lo ha fatto tracciando un parallelo con altri paesi europei ed extra-europei che ne eseguirebbero di meno su una media di centomila abitanti.
“Ogni centomila abitanti, in Francia si effettuano 560 tamponi, mentre nel Regno Unito 710; negli Stati Uniti 1125; in Spagna 1990; in Germania 2063; in Italia 2244. Siamo il Paese con la maggiore percentuale di tamponi eseguiti per abitante e questo è uno dei tanti risultati della combinazione virtuosa del lavoro che Protezine Civile e Regioni stanno facendo. Ieri le Regioni italiane hanno dichiarato una dotazione di magazzino di 40,3 milioni di mascherine (una quota per fronteggiare picchi di domanda o rigurgiti dell’epidemia).
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