IN FONDO ALL’ARTICOLO, IN DUE PARTI, IL PROTOCOLLO INTEGRALE FIGC
Lo scorso 15 aprile, grazie al contributo di tutti i membri della Federazione e degli esperti invitati al tavolo di discussione, la FIGC ha emanato, come noto, un suo protocollo di sicurezza per assicurare, dal 4 maggio in avanti, almeno la ripresa degli allenamenti.
Il protocollo si ispira “ai principi di semplicità, fattibilità e attendibilità e prevede una serie di prescrizioni e raccomandazioni per l’individuazione e la conservazione di un “gruppo squadra” formato, oltre che dai calciatori, anche dallo staff tecnico, dai medici, dai fisioterapisti, dai magazzinieri e dal personale più a stretto contatto con i calciatori, che risulti completamente “negativo“. Si tratta di un passaggio estremamente importante perché apre a due scenari: il totale isolamento del gruppo rispetto a persone esterne e la necessità di adottare misure stringenti per sanificare e monitorare il quadro clinico dei giocatori e dello staff con ciclicità.
A partire da pagina 4, il protocollo fa quattro premesse fondamentali per capire esattamente dove le società – e con esse gli atleti e tecnici – dovranno fare più attenzione.
- Giorno di ripresa, che si atterrà al Decreto governativo che per adesso non è stato prorogato oltre il prossimo 4 maggio 2020;
- Luogo di ripresa, ovvero sia ogni zona del centro sportivo o del ritiro nel quale gli atleti potrebbero trovarsi. Non solo dunque il campo da gioco, ma anche la sala riunioni, le camere, le sale da pranzo, gli ambulatori, la palestra;
- Individuazione del gruppo squadra, inteso come squadra e staff tecnico sottoposti all’iter iniziale di screening ed esami;
- Sanificazione dei luoghi dove squadra e staff lavorano e soggiornano.
È bene evidenziare come ogni squadra dovrà farsi trovare pronta già diverso tempo prima rispetto alla ripresa degli allenamenti sul campo. E se oggi non trova ancora conferme ufficiali la data di ripresa, visto anche il botta e risposta di ieri tra Governo e Lega Serie A, lo screening generale dovrà iniziare almeno quattro giorni prima della convocazione del gruppo squadra (72/96 ore) ed è il motivo per cui molte formazioni di Serie A attendono in Italia i giocatori espatriati, che dovranno sottoporsi a quarantena di 14 giorni.
Il primo passo da fare sarà un’anamnesi accurata degli spostamenti dei giocatori, tracciando eventuali contatti avuti con persone infette e verificando l’assenza o presenza di sintomi avuti nel periodo di quarantena. Si passa poi alla visita vera e propria (giocatori dovranno essere trasferiti dal centro sportivo alla clinica da un unico accompagnatore, che possibilmente non dovrà abbandonare il veicolo nel tempo d’attesa) con misurazione della temperatura corporea, tampone (ripetuto ogni 24 ore) e test sierologici.
Questo sarà l’iter a cui tutto il gruppo squadra dovrà sottoporsi, ma è evidente che ci sarà un’indagine più approfondita per i giocatori o membri dello staff colpiti da Covid-19 e poi guariti. Qui nasce una prima distinzione: guariti di serie “A” (malattia conclamata con interessamento respiratorio) e guariti di serie “B” (malattia lieve).
In questo caso, considerato il rischio di possibili strascichi lasciati dal coronavirus, nel primo caso andranno effettuate una TAC polmonare ad alta risoluzione, un elettrocardiogramma con spirografia (e uno sotto sforzo) per verificare l’inesistenza di una sindrome restrittiva con ridotta diffusione alveolo-capillare e, solo se richiesti come supplemento d’indagine, un test cardiopolmonare e una risonanza cardiaca. Nel secondo caso, invece, potranno bastare elettrocardiogramma, ecocardiogramma completo e spirografia da confrontare coi referti conseguiti precedentemente alla diffusione del coronavirus.
L’indagine scrupolosa indicata nel protocollo è il frutto delle molte ipotesi che si sono fatte, ad oggi, sui possibili danni permanenti che il Covid-19 lascerebbe nell’organismo di chi ha vissuto la fase più grave della malattia. L’infiammazione con o senza fibrosi interstiziale polmonare, ovvero sia il sintomo che caratterizza questo virus, può maturare in forme severe o lievi, e si ritiene possa danneggiare il miocardio provocando, ad esempio, aritmie. Viene poi specificato, inoltre, che nel 25% dei casi critici si sono rilevati problemi di natura cardiovascolare.
Se questo scenario caratterizzerà la base in grado di assicurare un ritorno quanto più sicuro agli allenamenti, muteranno significativamente anche le giornate all’interno dei centri sportivi e dei ritiri. Intanto nessuno, specialmente dello staff, potrà prescindere da mascherine e altri dispositivi di protezione individuale, dai guanti agli occhiali.
Gli allenamenti cominceranno in forma individuale o, al massimo, in piccoli gruppi e viene preferibilmente indicato che si tratti di sedute atletiche o di tecnica individuale. Questo dovrà avvenire almeno per tutta la prima settimana, la cosiddetta “fase di ripresa”, con rispetto della distanza di almeno due metri. Due metri da rispettare ovunque, in campo, nelle sale riunione e in sala da pranzo durante pranzi e cene, momenti nei quali ogni elemento del gruppo squadra dovrà servirsi in autonomia. Uguale distanziamento andrà mantenuto anche all’interno delle sale massaggi, dove andranno tenuti tutti i dispositivi medici richiesti: i massaggiatori con guanti e mascherine, i giocatori almeno con una protezione al volto. Se tutto filerà liscio, dalla seconda e terza settimana si potrà gradualmente passare ad esercizi specifici e di gruppo fino ad arrivare a simulazioni di fasi di gioco.
Una novità assoluta sarà quella della doccia a casa, o comunque in solitaria, perché “il vapor acqueo potrebbe favorire in via del tutto teorica la diffusione del virus”. Sarà dunque estremanente importante, in assenza di centri sportivi con una foresteria sufficientemente capiente, trovare strutture alberghiere che assicurino camere singole a tutti i giocatori. All’interno della struttura rimarranno stringenti le regole: nessun assembramento, nessuna interazione. Sarà vietata, almeno per la prima settimana, anche l’attività ricreativa in bar e sale giochi. Inutile dire che il protocollo rende obbligatorie pratiche di buonsenso come il lavarsi le mani prima dei pasti o di qualsivoglia momento di potenziale riavvicinamento.
Per almeno tre settimane, la vita dell’atleta e dello staff tecnico sarà ridotta ad un solo spostamento, sempre con mascherina e guanti: casa-campo, campo-casa. In queste settimane che dovrebbero assicurare un percorso sicuro verso una ripresa del campionato, vi sarà un monitoraggio costante dei giocatori. In particolare si monitoreranno la temperatura corporea degli atleti e la eventuale presenza di altri sintomi, come la febbre. Singolare, nel protocollo, la presenza di un corpo umano con tutte le percentuali che indicano quanto un sintomo possa coincidere con l’infezione da Covid-19. Non è da escludere che qualche atleta risulti infetto dopo la ripresa.
In quel caso la direzione indicata alla società sarebbe quella di isolare immediatamente il calciatore “con intervento di emergenza del Servizio 112” e conseguente “pulizia/sanificazione generale secondo le disposizioni della circolare 5443-22 febbraio 2020 del Ministero della Salute“. E cosa dice questa circolare, nello specifico? Per ambienti non sanitari da sanificare, si legge che “a causa della possibile sopravvivenza del virus nell’ambiente per diverso tempo, i luoghi e le aree potenzialmente contaminati da SARS-CoV-2 devono essere sottoposti a completa pulizia con acqua e detergenti comuni prima di essere nuovamente utilizzati. Per la decontaminazione, si raccomanda l’uso di ipoclorito di sodio 0,1% dopo pulizia. Per le superfici che possono essere danneggiate dall’ipoclorito di sodio, utilizzare etanolo al 70% dopo pulizia con un detergente neutro. Durante le operazioni di pulizia con prodotti chimici, assicurare la ventilazione degli ambienti […]. Vanno pulite con particolare attenzione tutte le superfici toccate di frequente, quali superfici di muri, porte e finestre, superfici dei servizi igienici e sanitari. La biancheria da letto, le tende e altri materiali di tessuto devono essere sottoposti a un ciclo di lavaggio con acqua calda a 90°C e detergente. Qualora non sia possibile il lavaggio a 90°C per le caratteristiche del tessuto, addizionare il ciclo di lavaggio con candeggina o prodotti a base di ipoclorito di sodio“. Insomma, si parla di una serie di procedure che non sembrerebbero permettere alla squadra di tornare ad allenarsi entro sole 24 ore, il che rappresenterebbe un ulteriore “ritardo” nel rispettare la tabella di marcia verso la ripresa.
Un’ultima valutazione da fare è quindi quella relativa alle date. È chiaro che domani si vivrà una giornata quasi decisiva, con l’incontro tra Ministro dello Sport, Spadafora, e Ministro della Salute, Speranza, chiamati ad indicare alle federazioni il loro punto di vista sul protocollo di 47 pagine inviato al Governo cinque giorni fa. Se, nonostante le ultime 48 ore di frenate e frecciatine a distanza divenute francamente insostenibili, l’accordo sarà di dare via libera agli allenamenti a partire dal 4 maggio, è ipotizzabile che si arrivi ad avere qualcosa di un po’ più vicino ad una seduta di allenamento tradizionale non prima del 25 maggio prossimo. Insomma, a meno di una settimana dalle ipotetiche date di ripresa del campionato. E nessuno può escludere oggi che alcuni giocatori, magari tornati in ritardo dall’estero, non saranno a quella data in grave ritardo nella tabella di marcia verso la ripresa del campionato. È auspicabile – e forse per questo ancora non si hanno date ufficiali – ponderare l’ipotesi di spostare a giugno inoltrato (e non a fine maggio con la Coppa Italia) la ripresa delle competizioni, che il buonsenso continua a dirci che sarebbe stato meglio fare ricominciare ad agosto/settembre prossimi. A chiamarlo calcio si fa davvero fatica…
IL PROTOCOLLO (prima parte)
IL PROTOCOLLO (seconda parte)