Questa sera si unisce anche la nostra redazione alla rubrica “La Buonanotte col Sorriso” e lo fa con un racconto del suo direttore responsabile Lino Marmorato, che è voluto tornare indietro di quasi cinquant’anni, al 31 maggio 1970. Il Genoa è di stanza allo stadio “Mirabello” di Reggio Emilia per giocarsi una grossa fetta di salvezza dalla Serie C. L’arbitro Campanati di Milano arbitrava quel Reggiana-Genoa, poi deciso da un rigore di Crippa che sancì la retrocessione del Genoa. I Genoani, come da tradizione, nelle partite decisive – e non solo – non fanno mai mancare la loro presenza. E, malgrado qualche intoppo nell’acquistare i biglietti d’ingresso, accadde anche in quell’occasione, della quale il nostro direttore conserva uno stendardo con un Grifone in primissimo piano.
“Tocca a me stasera, dopo tanti inviti da parte di Alessio e Lorenzo Semino affinché raccontassi qualche aneddoto. Tra venticinque anni di arbitraggio e gli anni che ho seguito il Genoa in trasferta – almeno il doppio da questo punto di vista -, ne ho di diversi. Ce n’è uno in particolare che vorrei raccontare, che dimostra come si nasca veramente genoani.
Non è cambiato nulla rispetto al maggio del 1970 e il Genoa club Borgoratti faceva tutte le trasferte, quelle che erano a portata del pullman. La partenza era sempre alle 7 del mattino da piazza Rotonda e la distanza per arrivare al campo era molta visto che c’erano poche strade e le autostrade le stavano costruendo. Altrimenti, sempre per arrivare in tempo, si partiva alle 5 perché in quel periodo non si compravano i biglietti alla tabaccherie o online, ma bisognava recarsi allo sportello senza presentare tessere e documenti.
Ero molto giovane e questo Genoa – dove in squadra c’erano i vari Lonardi, Maselli, Rossetti, Rivara, Ferrari, Bittolo, Turone, Perotti – si presentò in questa ultima giornata di campionato come ultimo in classifica, però ci fu la solita marea di tifosi che partirono per andare a vederlo giocare a Reggio Emilia. Di solito, soprattutto quando si andava lì, si faceva qualche gita culinaria: arrivammo in questo ristorante alle 11.30, ci fecero entrare, però siccome eravamo tanti non finimmo all’una come avevamo previsto ma circa alle 13.30. Andammo al Giglio di Reggio Emilia, tutti cantavano e non c’era pericolo perché la Reggiana era ad uno o due punti più del Genoa. C’era anche il Piacenza che aveva due punti.
Con la partita da giocare mancavano ancora tre giornate al termine: erano le partite dell’era dei due punti e non dei tre. Su questi pullman c’erano sempre le stesse persone di Borgoratti, in particolare c’era una famiglia di Bavari: quella del vigile Cossu, con moglie e due figli al seguito. Arriviamo al Giglio, prima avevamo fatto la raccolta a tavola per comprare i biglietti (costavano 2/3mila lire) per dar poi i soldi ad uno che si occupava di prenderli per tutti. Questo va allo sportello e quando torna indietro fa sapere che c’erano solo 45 biglietti. Allora tutti a studiare la soluzione: io ero tra i giovani, quindi uno ha provato a farmi entrare con la scoppola, ma non ero più da scoppola perché avevo 15/16 anni. Ci provammo, ma io non entrai così come le donne della famiglia Cossu.
A quel punto intervenneeo Pippo Spagnolo e Calagan e fermarono l’avvocato Bazzani, che in quel momento era al vertice della società. Grasso, una sorta di team manager odierno, disse che avrebbero messo tutto a posto non appena fosse arrivato Bazzani. Entrarono tutti ma rimasi fuori io assieme alle due signore della famiglia Cossu, che aveva dato il biglietto alla persona più anziana. Allora io e le due signore della famiglia Cossu andammo in tribuna: arrivò Grasso dicendo di entrare con Bazzani che ci avrebbe portato in tribuna d’onore. La prima raccomandazione che fece a me era di non far casino, mentre alle signore di tenersi calme: la parola più dolce nei confronti dell’arbitro era “cornuto”. E le signore giurarono che sarebbero state zitte, però era una partita veramente particolare. Andammo in tribuna d’onore, anche se vi era una specie di gemellaggio che penso continui ancora adesso, e dopo cinque minuti tutti quanti gridarono Serie C…“.