Morirò parlando di Genoa” era uno dei ritornelli che più spesso Franco Scoglio amava ripetere, tanto era legato ai colori rosso e blu. Lo abbiamo scoperto anche in questa quarantena, nella nostra buonanotte, che tanti aneddoti legati al Professore ha scoperchiato nelle ultime setitmane: dalle caramelle Ricola (clicca QUI per l’aneddoto) all’arrivo di Kazu Miura in ritiro, episodio di cui ci racconterà meglio questa sera il collega Gessi Adamoli.

Nato a Lipari il 2 maggio 1941, il Professore morì quindici anni fa parlando proprio di Genoa. C’è una serie di video che amiamo riproporre di volta in volta capaci di inquadrare perfettamente Franco Scoglio in tutta la sua trasversalità, dalla cattedra al campo.


“Le mie più belle imprese calcistiche sono state tre: la salvezza del Genoa dalla C, a Modena, col 3-2 […]. La salvezza del ’92 con sedici risultati utili in 18 partite […]. E questa salvezza qui, di un contorto impensabile, per cui devo ringraziare il Dio del calcio”. 

“La vittoria non mi dà emozioni particolari ma odio la sconfitta. Quando
perdo divento una bestia e a casa litigo con mia moglie. Che libidine quando perdo. La sconfitta mi esalta come le vittorie: posso riassaporare degli stimoli insostituibili”.

Lo Scoglio Pensiero: “La mia promessa è quella di avere prima il gradimento e l’assenso della gente e poi, forte dell’appoggio della mia tifoseria, partire. Se sento che la gente non è convinta, dirò arrivederci. La cosa più importante non è avere il si della parte dirigenziale, la priorità va alla gente e a chi viene al campo: non mi si compra, non accetto compromessi. Quello del Genoa è un rapporto che vive in funzione di un sentimento che non so spiegare ma esiste”.

Le cosiddette parole ad minchiam: “Lei deve stare zitto. Non ci siamo, non ho il potere di concentrarmi e pensare a lei, altrimenti io sto qui a parlare ad minchiam. Il problema è questo qui. Io vi faccio fare il lavoro vostro, penso con estrema serietà, ma ho bisogno di serenità per esprimermi a caldo: altrimenti non combino niente”

Io parlo sempre da educatore: io non sono un allenatore di calcio, io insegno calcio e in campo lavoro sulla didattica che è la cosa più importante“.

Aveva cominciato con queste parole la sua lezione all’Università di Torino il Professore Franco Scoglio. Era il 2000 e con la sua Tunisia era da poco riuscito a conquistare il quarto posto in Coppa d’Africa che sarebbe risultato valido per l’accesso ai Mondiali di Corea e Giappone del 2002.


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