Chiudiamo la nostra rubrica “La Buonanotte col Sorriso” così come la avevamo aperto: con un racconto sul Genoa per voce di Gessi Adamoli, nostro collega di Repubblica, che ci ha raccontato la storia del primo arrivo di Kazuyoshi Miura nel ritiro del Genoa presieduto dal Professore Franco Scoglio, di cui oggi ricorrevano i 79 anni dalla nascita. In mezzo a questo racconto c’è stato anche spazio per raccontare della redazione e della storia del giornale Genova Sport e di qualche simpatico aneddoto arbitrale che lo lega al nostro direttore Lino Marmorato.
“L’episodio di Lino che io ricordo benissimo: c’è chi fa un po’ di confusione, l’Udinese in quegli anni veniva a Marassi e vinceva sempre. Non è il famoso 5-0 di Zico con arbitro Pairetto, dove fu una vittoria cristallina anche se l’arbitro a Genova non portava tanto fortuna. Era l’anno prima, l’arbitro era Altobelli di Roma: ne fece di tutti i colori, in una partita giocata sotto un acquazzone incredibile, nel fango. Il Genoa aveva lottato ed era riuscito a riuscire tra gli applausi, la Gradinata l’aveva chiamato sotto la Nord. La partita era finita 2-3 per l’Udinese, c’era Edinho – il giocatore più importante – e Surjak. Il Genoa aveva lottato ed era stato affossato da Altobelli che qualche anno dopo fu inquisito e processato per usura. Non era uno stinco di santo e Lino forse ci aveva visto giusto, arrampicandosi dal parterre della tribuna e urlandogli di tutto. Lo ricordo bene perché quel pezzo l’avevo fatto io. Il giornale era Genova Sport, un settimanale che andava in omaggio nei bar e sui campi sportivi”.
Raccontaci un po’ di questo giornale Genova Sport, improntato al calcio dilettantistico
“Era soprattutto improntato al calcio dilettantistico. Fu una bellissima esperienza, ci siamo veramente diverti tanto. Fu un’idea di Pino Williner, grandissimo goliarda e animatore di tanti anni di Baistrocchi, con la moglie che tutti quelli del calcio dell’epoca ricordano sempre con affetto. Pino purtroppo se ne è andato abbastanza presto, la moglie pochi anni fa. All’inizio i due editori erano Pino e Augusto Spinetti, un vigile urbano molto noto nell’ambiente del calcio dilettantistico. Spinetti poi ha mollato, è rimasto solo Pino con la moglie e abbiamo fatto anni divertenti. C’era una redazione “importante”. Pino volle che io facessi il direttore, poi c’era Edoardo Bozano, Stefano Zaino, Pippo Henriquet, Stefano Picasso. Era abbastanza viva e fermento la redazione, sempre improntata al sorriso e alla goliardia. Non erano tutti seriosi: ora sembra che si prendano sul serio anche nei dilettanti.
Gran parte degli annali di quella rivista li ho passati a Carlo Campione, campione veramente di cognome non solo perché giocava nei dilettanti: era un centravanti del Baiardo, poi del Levanto. Io l’avevo ribattezzato il Mario Kempes dei poveri perché era forte fisicamente, prendeva un sacco di botte e non si fermava mai. Proprio Carlo Campione pubblica tutti i giorni, da anni oramai, su una pagina Facebook che si chiama ‘Ciao ragazzi, gruppo dilettantismo anni ’70/’80’ foto in bianco e nero di quegli anni eroici. Un giorno è venuto a casa, mi ha saccheggiato ma sono stato ben felice perché invece di prendere polvere in cantina, il settimanale sta rivivendo un po’ di popolarità. C’è appunto un articolo del nostro amico Lino, un personaggio straordinario, ti racconto questo aneddoto: un anno c’era la semifinale al palasport tra il Genoa Club Box Lagaccio e una squadra abbastanza forte, non ricordo il nome. Io ero il direttore sportivo di quello storico Lagaccio: Capello, Rondoni, Beluto, Leto, Orlando, Franchino Alfieri. Insomma, chi più ne ha più ne metta.
Era una squadra di temperamento ma anche con buone doti tecniche. Si gioca questa semifinale, e quando designano Marmorato eravamo tutti contenti. È di Pizzo Calabro e al Lagaccio all’epoca erano il 49% di Pizzo, il 49% napoletani e 2% misti. Pensavamo di essere già in finale, ma ha annullato un gol all’ultimo minuto alla star del Lagaccio Conti. Lui (Marmorato, ndr) sostiene ancora adesso che era nettamente da annullare: Conti si era fatto male al gomito la partita prima e aveva il polso fasciato, quindi aveva visto questa mano bianca colpire il pallone in anticipo e, di conseguenza, annullò il gol. Conti il presidente del Lagaccio Salvo, grande genoano, quell’estate l’abbiamo ceduto all’Entella dove Seghezza – altro genoano, che aveva giocato nel Messina in B e finiva a Chiavari la carriera da giocatore-allenatore – aveva voluto a tutti i costi un trasferimento record, da 12 milioni”.
Parlando del Professor Scoglio, c’è un episodio: l’arrivo di Miura alla Rosa Camuna, hotel di un amico del presidente Spinelli. Ce lo racconti?
“L’Hotel più che di un amico, non so in quale modo c’entrasse il ministro Prandini, ministro dell’infrastrutture che fece costruire a Spinelli l’autostrada del Frejus. Spinelli, abilissimo a saltare tra i partiti dell’intero arco costituzionale a seconda di chi occupava i posti di governo, quando arrivò a vedere l’ultima di campionato Genoa-Barletta – che si giocava a Pisa perché Marassi lo stavano rifacendo – il ministro Prandini venne definito da Spinelli il “Van Basten” della politica. Il Genoa finì il ritiro a Borno perché in qualche modo c’entrava Prandini. E Miura è arrivato, ma non eravamo abituati ai giapponesi: era il primo che sbarcava in Italia, forse anche in Europa.
Era il più forte del calcio giapponese e devo dire che Maurizio Casasco, che vediamo sempre in tv come responsabile dei medici sportivi italiani e con altri incarichi legati al suo vero mestiere che è quello di medico – aveva avuto un’intuizione felice. Anche Casasco ovviamente era legato al ministro. Averlo saputo sfruttare questo Miura sarebbe stato una gallina dalle uova d’oro, non tanto in campo ma come indotto economico: era il migliore giocatore giapponese di tutti i tempi e credo lo resti tuttora. Arrivo con una pletora di giornalisti al seguito e Scoglio impazziva dicendo: “Questi giapponesi sono come gli indiani che strisciano nella notte, io non li vedo e non li sento arrivare, mi giro e ho cento di questi musi gialli”. Usava questa espressione che all’epoca censuravamo, ma è ormai andata in prescrizione e si può dire. ‘Sono lì con i microfoni che mi vogliono chiedere qualcosa di Miura’, diceva Scoglio. Lui non lo vedeva, lo faceva più scarso di quello che fosse. Non era un grandissimo giocatore per il calcio italiano, ma così scarso no”.
Che idea di stai facendo di questo momento?
È diventato un tira e molla, capisco le difficolta di tutti: è un momento complicatissimo, difficilissimo per chi ha un’attività commerciale in proprio. È difficile anche per le società di calcio che hanno altri problemi, però tirare per la giacca il governo in cui tutti vogliono date certe… Bisognerebbe avere la sfera di cristallo e capire come si comporterà nei prossimi mesi questo virus anomalo che nessuno conosce. Date certe non se ne possono dare a nessuno, tanto meno al calcio che è importante e diverte tutti. Credo che il governo sia il primo a voler ripartire con il calcio, perché il circenses – come dicevano i romani – è utile a chi governa perché distrae un attimo dai pensieri. Tutti vorremo ripartire e vedere il calcio. Io personalmente vorrei vedere il calcio vero, in uno stadio con i rumori, il tifo, i cori, i giocatori che esultato e si abbracciano. Stadi vuoti, giocatori che non possono abbracciarsi, senza tifosi. Il calcio è un grande romanzo popolare, se togli la gente al calcio è come togliere gli spettatori ad uno spettacolo teatrale. Che senso avrebbe andare a recitare su un palcoscenico a teatro senza avere nessuno in platea? Sarebbe solo per salvare i diritti televisivi. L’ha proposta di Galliani, che avrà mille difetti ma il calcio lo ha masticato dalla gavetta, ovvero di ripartire a settembre in sicurezza è condivisibile: giochiamo da fine agosto a metà novembre il campionato che manca e poi facciamo un campionato nell’anno solare approfittando il fatto che i mondiali nel 2022 saranno in inverno. La sua proposta è la più sensata, anche perché i calciatori che qualcuno vorrebbe far passare dei viziati, sarebbero come dei lavoratori che andrebbero a rischiare. Il calcio, lo dico sempre, senza la gente è come far l’amore con una bambola gonfiabile. Senza la gente non ha senso”.
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