Tutti stanno aspettando il giorno in cui il Covid-19 diverrà un ricordo. Quel giorno prima o dopo arriverà. Si è ripetuto e ripetuto l’errore di prepararlo quel giorno, per primo chi doveva prendere decisioni che sono state guidate dall’insicurezza e dall’indecisione di coloro che dovevano conoscere meglio il Virus.
Domani è il giorno, l’ora X per il calcio. Si aspettano solo date determinanti e cruciali che non potranno più essere associate a protocolli. Il ritorno al calcio vero sarà più lungo e difficile perché ci sono pregiudiziali sul contatto fisico che ormai è giornaliero in tutto il mondo, in particolare nei momenti che sono di svago e relax.
Sui campi si lavora e da lunedì c’è anche il pallone come compagno delle sedute per tutte le squadre. Allenatori, staff tecnici, medici lavorano con una situazione mai affrontata con una stagione troppo lunga da affrontare.
I giocatori durante la quarantena, stimolati dai preparatori fisici, hanno lavorato utilizzando piccoli campetti e attrezzi di pesistica perciò ci potrebbero essere pochi inconvenienti alla condizione fisica, ma avranno qualche difficoltà in più su certi tipi di lavoro dopo più di 60 giorni nel lavorare di squadra: spazio e tempo e visione del campo. Avranno bisogno di un allenamento specifico per riadattarsi alla coordinazione specifica dei movimenti richiesti durante una gara di pallone.
Le tre o quattro settimane per riprendere la stagione 2019/2020 sono un tempo minimo. Sarà sufficiente? Sarà difficile nelle prime due giornate a giugno avere il massimo dell’efficienza della prestazione.
Mentre gli staff tecnici e i preparatori atletici dovranno lavorare con cautela per non andare incontro a guai muscolari (già 14/15 segnalati da quando sono iniziati gli allenamenti, non di gruppo), l’allenatore dovrà lavorare sui cinque cambi, che qualche presidente e altro collega non vorrebbero far utilizzare, e sul turnover.
Il lavoro non è facile tenendo conto che la stagione dei campionati ravvicinati, oltre le Coppe per chi le giocherà potrebbe essere problematica. Saranno da rivedere carichi da lavoro, gestione delle sedute. Nel calcio rispetto agli altri sport si allena l’’intensità e gli esercizi, con due ore giornaliere, potrebbero non dare all’organismo la prontezza ad affrontare il tour de force di quasi un anno di attività.
Qualcuno si chiederà perché i calciatori si allenano meno rispetto agli altri sport sia individuali che di gruppo? La risposta potrebbe essere semplice. La stagione 2019/2020 da finire e quella successiva si reciteranno sul prato verde più che nelle palestre, ma durante una gara ufficiale tutto dovrà essere garantito dalle qualità individuali che i calciatori professionisti di Serie A dovrebbero possedere in maniera innata.
Da giugno la preparazione cambierà radicalmente giocando ogni 2/3 giorni, non ci sarà bisogno di fare carichi di lavoro pesanti. L’allenamento saranno le partite e sarà importante come quando si giocano i Campionati del Mondo ed Europei per combattere anche lo stress psico-fisico, il caldo, l’umidità , una corrispondente e conveniente gestione del riposo che deve fare la differenza anche allenandosi con buona intensità.
Le statistiche sugli incidenti muscolarie e le previsioni degli studiosi, considerando che pochi calciatori sono in grado di giocare, non abituati, 12/13 partite in 45 giorni, non sono lusinghiere. Il termine di paragone è sempre la Bundesliga con ben 65 calciatori indisponibili da quando hanno iniziato la preparazione per terminare la stagione 2019/2020.
Per questo motivo la Serie A si sta accorgendo che in Italia c’è una buona gioventù nei campionati Primavera e la sta arruolando: non partiranno per tutte le trasferte, staranno in Tribuna, ma potranno essere utili in vista del campionato da finire.
Dal Genoa, intanto, arrivano buone notizie dal punto d vista sanitario. Un buon lavoro è stato fatto dalla società che ha sempre aspettato e rispettato i tempi in attesa delle comunicazioni sui protocolli.
Nulla è stato lasciato perdere al “Pio Signorini”. Quando ci sono gli allenamenti sul campo solo la presenza dei 52, compreso Rovella, che sarà il gruppo che dovrà lavorare durante il ripristino della stagione. Per tutti gli altri il lavoro viene effettuato nelle ore lasciate vacanti dagli allenamenti.
Deve tornare la fiducia nel calcio, che deve risolvere i problemi che lo attanagliano. La fiducia è il bisogno profondo d’avere lo spirito tranquillo, condizione essenziale dell’attività che nel calcio post-Coronavirus si ridurranno non solo ai risultati, visti i problemi da risolvere.
In Italia domani dovrebbe ripartire la giostra del pallone, a meno che le ultime parole del CTS non abbiano un peso assai più rilevante sulla decisione finale del 28 maggio. Senza nessuna partecipazione emotiva, senza nessun coinvolgimento di chi ha fatto salire il calcio al gradino più alto di tutti gli sport, ovvero la gente e i tifosi: “prevenire è meglio che curare” nel calcio non esiste.
L’unica ragione che ha riportato il pallone in campo in Europa per non avere pezze al deretano sono stati gli euro, i dollari, dovendo rispettare contratti non solo con TV e sponsor ma anche con magnati arabi, russi, cinesi.
Domani ci dovrebbe comunque essere l’OK per giocare a giugno dal CTS e da Spadafora, ma importante capire che non si potrà più dare la colpa al Coronavirus da parte dei dirigenti del calcio per il prossimo futuro. Errore che è stato fatto sempre in Italia dopo le grandi disgrazie come alluvioni o terremoti, non calcolando che tutto era avvenuto per mancanza di prevenzione nei confronti della natura e della cattiva edilizia, come è successo con il Coronavirus che ha fatto tanti morti come in guerra per le carenze del sistema sanitario, in particolare al Nord, dato in mano più ai privati che al pubblico.
Adesso in tutte le riforme non solo calcistiche nessuno sarà considerato coraggioso. È solo l’ultima opportunità per chi governa il calcio per non essere considerati colpevoli dell’estinzione del pallone che rotola sui campi verdi.