Fine della corsa, se di corsa si può parlare dinanzi a una squadra che nel dopo lockdown ha perso i binari, la pista, la via he tanto faticosamente Nicola aveva messo in piedi.
Con gli ultimi 90’ si rimanda in archivio un altro tra i peggiori campionati degli ultimi anni, nonché i peggiori nel nuovo millennio. Non si possono fare calcoli sulla partita di domani, ma bisogna farli sul futuro del Vecchio Balordo.
Le lezioni non sono contate a nulla, non sono state messe a frutto, e gli errori sul piano tecnico sono stati solo e sempre gli stessi. A questo punto, se il Presidente non cambia rotta da parte nel gestire il calciomercato ascoltando chi deve far girare e fare funzionare la squadra, non possiamo altro che temere il peggio. E non sarebbe né giusto, né onesto, né ammissibile per un popolo che sta perdendo lo smalto da genoano e da calciofilo.
Tanto e forte è il dispetto nel vedere la partita di domani sera e vi sarebbe di che mettersi a piangere. Tutto è più cocente quando più ingenuamente erano state le speranze estive dopo l’infelice notte di Firenze dello scorso maggio, come peraltro era stato promesso.
Niente. Sperare è stato pazzesco e alla luce di quello successo ancor più ingenuo: sperare e credere è stato farsi complici di una situazione dichiaratamente fallimentare. Siamo da tempo su una strada errata sul piano del pallone che rotola e le colpe non sono state sempre e solamente degli allenatori. Non vale mendicare attenuanti.
Oltre il cammino e i risultati del Vecchio Balordo in questa stagione, prima e dopo il Covid, non possiamo giudicare il lavoro degli allenatori, per quello fatto, e ciò che potevano dare i calciatori. Le porte sempre chiuse hanno solo creato “carceri” nella testa di chi doveva scrivere solo di calcio, non capendo se c’erano le qualità di chi si allenava, chi stava male, chi giocava e chi no alla domenica, perché giocava Tizio e non giocava Caio.
Del resto, il Genoa negli ultimi anni non è mai stato un “mettere in comune”. La comunicazione non è la ricerca di beni materiali ed è stata difficile farla da parte degli addetti ai lavori, non facendola con gli occhi e mancando i messaggi che dovevano esprimere e il dare informazioni. La comunicazione del Genoa, rivolta ai social, e qualche tastiera web incazzata hanno lasciato sensazioni al buio, eccetto la gara di campionato e lo stomaco che, visti i risultati, sono stati un suolo su cui germogliava un pensiero non chiaro.
Al Genoa si è comunicato via chat da parte dei protagonisti in campo, che hanno raccontato la propria vita fuori dal calcio, ma non hanno fatto venire la voglia di vivere il pallone sul prato verde. La prova sono le campagne sulle gare da “scansarsi” fatte su televisioni, giornali, radio a livello nazionale, esclusivamente sulla gara che vede coinvolto il Genoa, e non su quella che riguarda il Lecce. Le campagne degli ultimi giorni non sono sopportabili, così come sono rimasti senza replica alcuna i messaggi social della società salentina dove si mette in mostra il sostegno di tutta Italia verso la squadra di Liverani a discapito del Genoa.
Nelle relazioni con i media nazionali che fanno notizia bisogna, sembra banale, non solo comunicare ma battere anche i pugni o andare di comunicati stampa per non farsi venire l’ulcera a causa di silenzio e rabbia. Il tutto dimenticandosi del fatto che il direttore sportivo del Parma, Faggiano, è originario di Lecce e più di una volta ha partecipato ad eventi assieme ai giocatori del Lecce, come nel settembre 2019 a pochi giorni dall’inizio del campionato.
Genoa-Verona viene presentata come uno scansarsi degli avversari, Lecce-Parma dopo aver visto la gara dei salentini con l’Udinese invece non è neanche presa in considerazione con friulani paghi, in apnea e con tante assenze? Perché?
Dopo quello scritto sulla gara di domani non c’è rassegnazione: solo rabbia impotente. Bisogna credere in un’altra salvezza last-minute non per regali altrui, ma per quello che la rabbia di Nicola, con il possibile fatto e l’impossibile anche (mentre per i miracoli non ha avuto il tempo per organizzarsi), trasmetterà e saprà incanalare ai sedici che giocheranno con semplici parole al di là di tecnica e di tattica.
Il Vecchio Balordo è disperato e quando sei disperato devi metterci l’anima. L’anima dei calciatori deve essere la diligenza di tutto quello fatto in questo campionato cancellando le ombre. Le motivazioni domani sera dovranno essere a mille per buttare il cuore oltre l’ostacolo con grinta, determinazione, forza e decisione di voler raggiungere l’obiettivo, sprigionando energia come Nicola un orso in gabbia.
Nicola ci crede, anche se dovrà fare salti mortali per azzeccare la formazione tra infortuni e fiato. Domani devono crederci anche i calciatori schierati e trasformarsi da giocatori in uomini. Tutti devono essere convinti di potercela fare. La gara è un ultimatum: il principio della fine.
Sul Verona, che dire: il campionato gialloblu è stato una prova di forza che ad inizio campionato nessuno aveva programmato considerato che la squadra, dopo la promozione tanto faticata, aveva cambiato quasi tutto il suo aspetto.
Juric dal primo giorno in panchina a Veronello ha dimostrato di avere fiducia – e soprattutto grande fame – con il suo punto fermo, non visto sotto la Lanterna chissà per quali motivi. Un punto fermo che è sempre lo stesso: gioco fatto di corsa e aggressività conditi da qualità.
Per ottenere la qualità si è rivolto a due ex calciatori rossoblu a quarti, Veloso e Lazovic , a quelli ingaggiati e monitorati dalla Dirigenza e dagli uomini mercato gialloblu: Kumbulla, Amrabat e altri prestiti che non erano scommesse o giocatori fuori ruolo per il gioco del Pirata.
Se il Tempio domani sera fosse aperto al pubblico probabilmente bisognerebbe rimandare la partita per le troppe lacrime da coccodrillo versate per i due calciatori genoani che hanno portato i veneti vicino all’Europa che solo il Covid ha interrotto.
Veloso a Verona non è mai stato considerato lento perché i suoi compagni giocavano tutti senza pallone e il portoghese ha fatto valere la sua qualità, dote che non si può dimenticare come andare in bicicletta. Lazovic, una creatura plasmata da Ballardini per necessità a sinistra, si è espresso al massimo senza sussurri, fischi e sospiri. Juric ha poi pescato a mani basse nel pozzo genoano con Salcedo che aveva plasmato nella Primavera genoana, Gūnter, il preparatore Barbero e lo staff passato da Pegli.
Il tecnico croato a Verona ha trovato l’habitat naturale avendo una società alle spalle e dovendo fare solamente l’allenatore in campo e dare suggerimenti sul materiale che gli serviva, accontentato in tutto, per fare il suo gioco. Mentre al Genoa, come il suo maestro, era costretto a fare anche il Ferguson.
Juric farà lo stesso percorso di Gasperini, non sappiamo se con l’Hellas perché è il gioco europeo che vuol far giocare alle proprie squadre che lo premierà. Come gioca il Verona è inutile raccontarlo o scriverlo. Juric è arrivato a Verona, forte dell’esperienza negativa con il Genoa, ha messo subito in chiaro le sue idee, la persona che era ed è stato subito accettato e fatto lavorare in pace.
Semplicemente facendo funzionare lo Juric-pressing, dimostratosi bestiale come la teresina quando si gioca a poker, ha annullato il gap con gli avversari e la squadra si è ritrovata ben organizzata tatticamente e forte fisicamente.
Domani sera al Ferraris potrebbe rinunciare e non convocare Veloso, Lazovic e Günter non per fare un favore al Vecchio Balordo, ma per levare alibi fidandosi di coloro che li sostituiranno che faranno di tutto per essere riconfermati.