Lo avevamo scritto il giorno 2 ottobre: Vergogna. Oggi bisogna fare il bis. Solo alcuni stralci:
“Rammarico che nessuna istituzione politica regionale e comunale abbia preso posizione nel caso Genoa”.
“La dirigenza del calcio nazionale ogni volta che ha qualche problema con il Coronavirus da serio lo tramuta in drammatico”
“Il calcio italiano è ancora impreparato alla sfida del Virus, non è neanche spaventato per giunta in continua evoluzione. Continua ad essere impreparato e spaesato alla sfida. È l’unico sport anche su scala globale che oltre non fare i conti con l’epidemia non è riuscito come il ciclismo, il basket, i motori a dare risposte pratiche come meglio gestire l’epidemia in caso di inconvenienti“.
Nel calcio, come sempre, le regole ci sono ma nessuno le capisce e tutti vogliono interpretarle a proprio uso e consumo.
Juventus-Napoli non si è giocato con tutte le sceneggiate e talk-show, ma nessuno si è preso la responsabilità di provare ad affermare chi aveva ragione.
La sosta arriva a fagiolo e non si parlerà degli scempi del calciomercato in dirittura d’arrivo dove non è cambiato nulla nei confronti del calcio italiano. Saranno due settimane dove imperverserà, più che lo scontro, la lite sulle regole e sulla domanda a chi tocchino le decisioni tra Lega Serie A, Ministero della Salute e dello Sport, CTS, Governo e Istituzioni locali con la FIGC che dovrebbe essere l’organo che comanda il calcio e il Coni quello che comanda lo sport. Ma sono attori non protagonisti.
Perciò chi è causa del suo male pianga se stesso, qualcosa che per FIGC e Lega Serie A non hanno ancora imparato e non solo sul COVID. Due giorni di discussione in Lega, tanta acidità sul caso Genoa, dopo sarà bastato fare una telefonata all’Uefa per far passare all’unanimità il protocollo FIFA sulle gare mondiali ed Europee (13 calciatori più un portiere sani per giocare), aggiungendo il jolly anti-Covid, diventato il due di picche dopo 24 ore, che i club potranno utilizzare solo una volta.
Quasi gongolanti a fine riunione di Lega Giovedì i Presidenti di Serie A di aver raggiunto la volontà di dotarsi di un protocollo con norme chiare, facendo il solito errore considerando solo il caso Genoa una patata bollente edimenticandosi dell’incubo tamponi sotto il Vesuvio per Gattuso e i giocatori, quelli negativi e futuri, considerando il caso Genoa particolare e anche al limite.
Il cortocircuito calcistico questa volta è pesante. Dopo le comiche di ieri allo Stadium, addirittura con amici spettatori con mascherine e anche poco distanti, da Napoli aspettando il 3 a 0 a tavolino gonfiano ricorsi non solo ai tribunali calcistici, pensando di passare direttamente al Tar.
La domenica di calcio giocata è passata in secondo piano tra botte e risposte a forza di comunicati e parole tra Ministeri della salute, dello Sport, ASL e Lega calcio di serie A. De Laurentis, Presidente del Napoli, in silenzio risponderebbe alla Totò: “lei è un cretino, s’informi” oppure “sono un uomo di mondo: ho fatto tre anni di militare a Cuneo”.
Il Covid nel calcio non è un focolaio a divenire: è già arrivato e il rischio di infettare non solo i compagni ma anche gli avversari è chiaro. L’ASL di Napoli ha seguito i protocolli della pandemia, l’ASL di Genova invece no limitandosi a chiudere solo gli allenamenti al Pio Signorini. Dove era Alisa? Nel paese delle meraviglie.
Se avessero dichiarato focolaio il caso Genoa probabilmente la Lega e la FIGC non avrebbero preso quelli inutili provvedimenti e avrebbero dovuto sospendere la terza giornata di campionato, invece uno stop momentaneo al campionato non è stato messo neanche in discussione, con l’avallo del Ministro Spadafora in lite con la sottosegretaria Zampa del Ministero dell Salute.
La speranza che in questa commedia-tragedia al Covid del calcio italiano non vengano inseriti nuovi attori come il giocatori della Primavera chiamati ad allenarsi con le prime squadre.
Il Campionato Primavera è stato giocato nell’ultimo weekend e chissà se ha generato interesse negli staff delle prime squadre andando a vedere dal vivo le gare per capire cosa passa il convento, che non cambiando il protocollo della serie A dovrebbe essere importante.
La FIGC e il Presidente Gravina dopo la riunione di Lega di giovedì avevano dichiarato che “il calcio ha sempre agito per la tutela della salute e continuerà a farlo. Le responsabilità di FIGC, Leghe, arbitri hanno confermato la serietà del mondo del calcio nel suo complesso“. Come si chiede l’uomo della strada?
Gravina pensa solo ai playoff e playout, considerato che non solo il calcio ma tutta la nazione è vicina ad altro rischio lockdown considerato che i contagi sono tornati ai livelli di aprile scorso. Aspettiamo giorno 7 quando il Governo emanerà il nuovo DPCM: la volontà ad oggi è la mascherina obbligatoria per le strade, la chiusura anticipata di bar e ristoranti e, se entro domani gli indici di contagio saliranno ancora, la chiusura di attività o diminuzione di partecipanti in cinema, teatri, palestre, centri estetici e parrucchieri, bar, ristoranti e negozi. Per cercare di far rispettare le regole, in campo i militari.
Per il calcio servono regole chiare, perché nessuno quelle in vigore le ha capite, neanche chi le ha scritte nell’accordo tra Ministeri e FIGC. Un campionato, con classifica storpiata dai risultati a tavolino, non conviene all’industria miliardaria del pallone in questo periodo dove ci si gioca il futuro dei Diritti TV.
Non giova neanche ai calciatori che dovranno calcolare che il campionato non si può giocare su Instagram.