C’è voluto il Covid per far scoprire al calcio, ai Presidenti, ai direttori Sportivi, agli allenatori delle squadre di Serie A che esistono anche le squadre Primavera e i giovani.
Anche quest’anno, come ogni estate passata, sono rumoreggiate le solite notizie o affermazioni sui giovani italiani – e non solo – che avevano partecipato allo scorso campionato Primavera, campionato che negli ultimi anni è diventato quasi più bello della Serie A considerato il livello. Hanno alzato l’asticella non solo le solite 4/5 squadre sempre in vetrina che si giocano l’Europa, non lo scudetto sempre un compenso fisso alla Juventus.
La favola dei giovani è solo una scommessa di agenti e procuratori a caccia della firma per acquisire i diritti di rappresentanza facendo promesse ai genitori che regolarmente, quando non sono più utili per limiti di età nel settore giovanile, vengono recapitati al Roccapepe di turno: non in Serie B, ma in categorie ancora più basse. La favola dei giovani sui quali scommettere è un colossale inganno e fa sentire meno in colpa la FIGC e gli altri che girano intorno al mondo del pallone in serie A.
Arrivati alla fine del calciomercato come tutti gli anni precedenti, oltre contare quanti sono gli italiani che giocheranno o andranno in panchina nella massima serie, in campo ci sono gli over 30 e i giovani vanno a giocare nel campionato Primavera, a meno che qualche fuori rosa o infortunato, per un regolamento demenziale, gli sottragga il posto.
Quelli che riescono ad essere inseriti nel giro delle prime squadre, solo per convenienza della lista dei 25, e i giocatori prodigio sulla carta vengono rinculati sulla panchina.
Sarebbe a questo punto da domandarsi il perché, smettendo di marciare con ipocrisie e non nascondendo più che il calcio italiano è un Paese per vecchi, ma di certo non odia i giovani visto e considerato quanti sono i classe 1999 e 2000 arrivati fuori dallo Stivale (129 su 440 giocatori totali nel campionato Primavera 1, undici nella rosa del Genoa di Chiappino) e che non hanno nulla in più di quelli che si avrebbero in casa da valorizzare. Quasi il 70% dei calciatori nel campionato Primavera 1, infatti, sono italiani cresciuti nei settori giovanili del nostro Paese.
Ma nel calcio italiano meglio schierare in campo un navigato calciatore o un giovane straniero che un giovanotto italiano o straniero già accasato e reduce da due campionati Primavera. Non possiamo stupirci se un allenatore non schiera questi giovanotti. Nel calcio l’inesperienza è un difetto feroce per gli allenatori. Tutto in nome della paura inconscia del risultato nella prima del campionato: dopo, quando le cose vanno male, il fattore esperienza diventa ancor più determinante dimenticandosi non solo che i giovani potrebbero essere il domani perché potrebbero rappresentare fisicamente qualcosa in più nei confronti di qualcuno “bolso” con carta d’identità più avanzata. Guai per un Mister se non dovesse arrivare il risultato ed essergli rinfacciata la mancanza di esperienza in campo. Un tabù difficile da abbattere se nessuno prova a giocarsi la carta giovani.
Nel calcio italiano le generazioni belle e talentuose d’oggi è stato solo Mancini ad averle capite. Neanche il gioco e i risultati della Nazionale sono riusciti negli ultimi anni a far cambiare idea a coloro che pensano che lo Stivale calcistico sia un vecchio scarpone da rimodernare, svecchiato solo nelle colore degli scarpini da calcio.
Leggendo rassegne stampa sul calcio le parole di Mario Sconcerti sul Covid, non mi hanno colpito ma dette da una penna come la sua dovrebbero far riflettere il mondo del calcio.
“È scandaloso vedere che anche per il virus si riesce a parlare solo delle grandi squadre. Oggi tocca solo all’Inter decidere se vuole giocare contro il Milan. Tutto quello che viene detto da Uefa, federcalcio e comitato scientifico non conta niente, è stato superato dalle non decisioni prese per Juventus-Napoli”. Nessuno, ma proprio nessuno, si sta chiedendo come possa il Genoa giocare a Verona senza 17 positivi e con il bonus per il rinvio già usato con il Torino. Vogliono Verona e Genoa giocare questa partita? Possono? Nessuno glielo ha chiesto. Pensate se il Genoa fosse Juve o Inter, cosa starebbe accadendo? Saremmo alla paralisi del paese e di qualunque comitato scientifico. Pensate a Juve o Inter con 17 positivi. Si fermerebbe tutto, ci sarebbero interpellanze parlamentari, dodici Asl disposte a offrire i propri servizi. Perché questa è la vera democrazia: la dittatura della maggioranza”.
Il calcio continua ad affrontare la pandemia con la presunzione, la superbia, l’arroganza di chi è convinto di essere un favorito, aiutato, e non si è reso conto che invece le cose sono cambiate. Il calcio, per tutti e in particolare per i Presidenti di società e il Governo – si romperà, pur essendo una industria, come stava succedendo nella prima fase della pandemia se non sarà il virus a graziare e regredire. Il Piano A del Presidente della Federcalcio Gravina sta per fallire. Il piano B non si può annunciare.
Si aspetta solo la sentenza su Juventus-Napoli non giocata. Se il Giudice Sportivo decidesse di rinviare a data da destinarsi Juventus-Napoli tutte le società sarebbero libere di non giocare con infettati nella propria rosa o provenienti per di più dalle gare delle nazionali.
Tutto induce Gravina a cercare il fronte favorevole ai playoff e playout, il piano B. Per adesso non può annunciare questa possibilità con solo tre giornate di campionato giocate e con squadre che nel prossimo turno potrebbero perdere per mancanza di titolari qualificati.
Lo scudetto, la salvezza, la partecipazione alle Coppe Europee non possono arrivare dalle panchine e dai cinque cambi e l’aumento delle lista dei giocatori da 25 a 30 per sopperire alle assenze. Qualche procuratore o agente potrebbe auspicare e foraggiare la riapertura di un mercato Covid lampo.
Fiumi di parole sui protocolli da seguire, quarantene soft, balle più che bolle dove imprigionare i calciatori. Troppo tardi: bisognava pensarci prima, non chiuderli in bolle ma solamente in casa alla sera oppure non documentare il tutto con Instagram.
Dopo la vicenda Napoli e quella accaduta in Islanda i protocolli sono scappati dalla stalla del calcio e le Asl o i Governatori, se metteranno lucchetti alle regioni, potrebbero bloccare tutto. Sono passati 10 giorni dalla pandemia che ha colpito il Genoa, ma le decisioni o le regole non sono chiare perché nessuno le capisce o non le vuole capire.
Attenzione calcio italiano, bisogna interpretare bene le parole di tre giorni fa del consulente del Ministero della Salute Ricciardi: “il protocollo è stato elaborato a Maggio in una situazione epidemiologica completamente diversa. Se si inverte la curva possiamo fare tutto. Se la curva non si inverte e continua ad aumentare giorno dopo giorno, dovremo limitarci e non basterà cambiare il protocollo”.
Difficile mettere il calcio in una bolla come la NBA per 5 mesi, e non solo per la volontà dei protagonisti sempre più difesi della sentenza Bosmann, che oltre i vantaggi economici del libero mercato, essendo assimilati ai Liberi professionisti, hanno tutele come i lavoratori dipendenti.
Questo scoglio il calcio potrebbe superarlo con bonus incentivi da bolla. Il problema è con quali euro.