Il Genoa, non ieri ma dalla ripresa del Covid a maggio, è stato fastidioso al di là del valore degli avversari. Il Covid coi suoi 18 infettati ha continuato a metterlo da parte creando confusione tecnica, tattica e fisica. Eccetto la prima con il Crotone, il Derby e qualche altro sprazzo la coperta del Vecchio Balordo tatticamente è sempre apparsa corta.
Se si difendono, non prendono gol ma difficilmente fanno gol. Prendono gol se attaccano male e nascono problemi difensivi. I problemi difensivi sono evidenti, figli delle difficoltà offensive e di una gestione pessima della transizione negativa nelle due fasi del gioco.
Tutto confermato dai gol del Torino e dalla doppietta di Mkhitaryan, l’armeno de Roma, nel secondo tempo. Imbarazzanti tutti e tre i gol realizzati dalla Lupa. Il primo errore evidente di Biraschi su un calcio d’angolo e di poche direttive nel marcamento a zona. Il secondo e terzo gol non colpa dell’imbarazzante, definizione riduttiva, strategia tattica cambiata dall’allenatore, ma dell’utilizzo dei calciatori. La volontà del tecnico genoano è un motore il quale s’infischia della vettura che lo porta.
Qualcosa si è visto quando la squadra è stata in grado di cambiare ritmo, di creare e sfruttare un diversivo tattico individuale più che collettivo volto a forzare il sistema difensivo avversario. Da qui è nato il gol di Pjaca.
Contro la Roma c’è stata confusione tattica. Maran ci avrà provato a fare tutti quei cambiamenti durante gli allenamenti: il Covid e il poco tempo per i tempi dell’insegnamento non saranno stati dalla sua parte.
Maran ha utilizzato tutte le declinazioni del 4-4-2, eccetto il 4-3-3, iniziando con il 4-2-3-1 che non faceva partecipare Rovella, facendo passare il gioco dai piedi non svelti di Radovanovic. A seguire 4-4-2, 3-5-2 con un finale 3-4-1-2.
Il modulo di Maran nel primo tempo ha imbrigliato la Roma, però ha dato solamente un’idea immediata ma molto relativa dei compiti dei singoli calciatori. Non sono stati invece significativi e importanti i compiti e le funzioni assegnati ad ogni singolo calciatore in funzione alle caratteristiche dei calciatori stessi. Radovanovic play ci mette tanta volontà, ma fa fatica a far girare il pallone velocemente, e può darsi anche che ciò accada non solo per il suo modo di giocare, ma perché non aiutato dal movimento dei compagni. Zajc nuovamente a centrocampo come nelle prime gare di campionato soffre il non avere libertà sopra la linea di centrocampo.
Nel primo tempo sembrava che il Vecchio Balordo avesse preso bene le misure alla Lupa con Criscito e Biraschi stabilmente in fase difensiva a fare i terzini, Bani e Masiello stretti a difendere il fortino di Perin.
Davanti il solito difetto: la mancanza di un palleggiatore nel cuore del gioco. Zajc mezzala non trova i tempi della giocata con le spalle alla porta, con Rovella indietro a fare il mediano di rottura.
Gol a tempo scaduto che ha lasciato il segno, tanto che Maran ad inizio ripresa è passato al 3-5-2 in fase di non possesso con Radovanovic stopper, Bani e Masiello ai suoi lati, il tutto alzando Criscito e Biraschi nella 5 di centrocampo, con Pjaca vicino a Scamacca.
Arrivato il pareggio, il sistema di gioco appariva una costruzione di gioco ragionata, una chiara distribuzione delle forze, quindi una giusta e predisposta suddivisione dei compiti dei singoli calciatori nell’interesse della squadra. Illusione: è bastato alzare leggermente il baricentro perché l’armeno si portasse a casa il pallone con due reti che hanno messo a nudo qualche giocatore che non gradisce o fa fatica a giocare nella difesa a tre (Biraschi) e il fatto che Radovanovic non è uno stopper.
Rovella da play si è preso per 20’ minuti la squadra sulle spalle, Pjaca con la faccia verso la porta e Scamacca hanno imbastito due triangoli belli e importanti che hanno fruttato il pareggio.
Contromossa di Fonseca e cambio di strategia: Mkhitaryan falso nueve, Cristante per Mayoral sostituto di Dzeko (mai visto se non sul tiro che ha impegnato Perin nel primo tempo) e Pellegrini vicino a Pedro a sostenere il falso centravanti sono bastati per far saltare il banco genoano. Altri cambi di modulo di Maran, poca razionalità, cambiata tutta la difesa.
La squadra di Fonseca ha superato anche il Covid, l’assenza di Dzeko e si porta in zona Champions mantenendo l’imbattibilità sul campo. Lupa brillante per tutto il tempo della gara. Grifone sempre in difficoltà e crollato dopo il pareggio: è il film finale della partita.
A questo punto dopo sei giornate di campionato nascono perplessità: le prestazioni non sufficienti sono solo colpa del Covid? Le strategie di Maran trascinano equivoci dall’inizio del campionato? Quali sono le colpe del tecnico e quelle dell’assemblamento da calciomercato della squadra? Tutte domande che aspettano una risposta fra quindici giorni.
La percezione di queste prime sei giornate farà pensare la dirigenza, Preziosi in testa, e Faggiano. Il progetto tattico del Genoa, non chiaro dall’inizio (prima tanti esterni, dopo tante mezze punte e trequartisti), come può ripartire?
Cinque punti su ventuno, in piena zona rossa, scavalcato dal Torino per differenza reti, una partita vinta, due pareggiate e quattro perse, 7 gol fatti e 15 incassati faranno rivedere fantasmi del passato recente e non lasciano spazio all’ottimismo.
Maran ha già fatto non solo un percorso tattico, ma almeno due se non tre. Dovrà farlo ancora, anche più semplicemente, e anche fare una squadra che sappia e si creda titolare della gara con l’Udinese in trasferta. Dopo, con Parma in casa e Fiorentina in trasferta, non si può più sbagliare. A seguire Juventus e Milan.
Il Covid avrà inciso sicuramente, ma il solo Rovella a cui non bisogna mettere pressione, sostenendolo e proteggendolo, uscito dalla Primavera e non accompagnato da qualche compagno, dovrà far riflettere tutto lo staff di Maran e di Faggiano: meglio un giovane sano e pronto (e almeno altri due o tre ci sono nella squadra di Chiappino) che qualcuno in via di guarigione.
Errare con il Genoa di mezzo è quasi umano, ma perseverare – non solo il tecnico – ancor di più. Con il Vecchio Balordo la storia degli ultimi anni insegna quante volte si è sbagliato, quante volte il Presidente si è scusato e si è preso le colpe, quante si è ripromesso che sarebbe stata l’ultima volta.
Questa volta Preziosi, Faggiano e Maran non possono metterci troppo tempo prima di accorgersi che qualcosa non va in questo Genoa e quello successo negli ultimi due anni dovrebbe essere come un campanello d’allarme nelle loro teste. E non possono dire andiamo avanti finché sbattiamo il naso un’altra volta.