Al calcio e all’epidemia che sta mettendo in crisi di nuovo il mondo non si può applicare la locuzione tanto di moda del due punto zero. Competenti e aggiornati da parte del mondo del calcio e dei politici, tutti compresi e non solo Governo e Regioni ma anche scienziati, virologi e compagnia, mai d’accordo su quasi tutto: tre o quattro entità che non sono state all’altezza di prevenire questa seconda fase micidiale del Virus in mano agli algoritmi e non ai lockdown responsabili.
Chiudi le palestre aperte, ma quelle a cielo aperte sulle alture, chiudi le passeggiate a mare e tutti in altre vie o sui monti in compagnia e senza le misure di sicurezza richieste. Per il calcio, FIGC, Lega Calcio e istituzioni governative e gli scienziati meglio utilizzare la locuzione due sotto zero. Tra poco in rete spunterà, poi, un’ altra locuzione per questa era 2020 bestiale: duepuntoverità.
In una Italia divisa in rosso, arancione e giallo dove quasi tutti vengono chiusi per il rialzo della curva epidemica e per pericoli di distanziamento resiste solamente il calcio professionistico, il meno distanziato sul prato verde. Anche se dopo non vivono in una bolla andando regolarmente in giro, portandolo chissà anche tra le mura amiche.
Bene andare avanti giocando al football, che potrebbe liberare qualche cervello non solo per un’ora e mezza più recuperi, ma per tutta la settimana considerato che non c’è giorno in tv senza calcio italico, europeo, Coppe, etc. Il gioco però nuoce alla salute di tutti, come scritto sui pacchetti delle sigarette.
Il Covid ha prima messo in ginocchio l’industria calcistica, che ha dovuto interrompere la sua corsa sfrenata e addirittura drogata dal business. I limiti strutturali sono stati evidenziati nel primo step della pandemia, ora giorno dopo giorno emerge un malfermo stato non solo di salute, ma anche economico. Le mancate entrate dai diritti televisivi, dai botteghini, dagli sponsor e dal marketing stanno facendo tremare le casse di tutti i club, che devono fare i conti con gli stipendi (non solo da pagare a breve) che rappresentano con contributi il capitolo di spesa più alto. Per colpa loro e degli amati agenti difficile da sostenere.
La bolla speculativa del calcio sarà destinata prima o poi ad esplodere. La pandemia giorno dopo giorno sta portando a galla le reali condizioni di tutti i club. Nel passato la bolla cresceva ma non esplodeva. Stanno esplodendo aziende, industrie sane, il calcio è particolarmente a rischio perché ha vissuto basandosi su un’economia fortemente speculativa. Si è già mangiato buona parte del futuro con la dipendenza dai diritti televisivi che è diventata un misto tra un bancomat e una droga mortale, così come anche la dipendenza dalle plusvalenze.
L’emergenza coronavirus è tornata a limitare la vita di tutti i giorni. Lo sport professionistico per il momento è escluso dalla stretta che Governo e Regioni stanno dando alle attività sociali non essenziali. Gli italiani non sono d’accordo, i sondaggi vengono nascosti. L’ultimo di Adnkronos vedeva due italiani su tre che dichiaravano che il campionato deve essere fermato, un italiano su due che continuando la stagione con le squadre alle prese con i contagi i risultati sarebbero falsati.
Il gioco del calcio attualmente, eccetto per i più incalliti del web, per molti tifosi è la contrapposizione di cosa dovrebbe essere: estro, passione, sudore illuminati sui giornali sportivi e nelle trasmissioni specializzati. Questo c’è probabilmente perché la stagione attuale continua con il caldo di fine dell’estate anche durante il mese di novembre, oppure è causa di aver voluto giocare Coppe e campionati in piena estate.
Non terminare i campionati sarebbe la morte del calcio. In ballo ci sono gli Europei, la Nations League, la banalità superflua del calcio, qualificazioni ai Mondiali: né FIFA né UEFA possono permettersi di metterli a rischio una seconda volta. A costo della salute di calciatori e lavoratori del calcio.
In silenzio dell’AIC (Associazione Calciatori Italiana), protagonista nella prima fase di pandemia, ne è la prova. D’altronde il contratto collettivo firmato con la FIGC in ottemperanza alle disposizione alle disposizione europee, firmato nel 2012, non ha mai tenuto conto della possibile sospensione dei pagamenti per calamità naturale. Stesso silenzio delle associazioni calciatori europee e mondiali.
Toni Kroos, centrocampista del Real Madrid e campione del mondo tedesco, ha sbottato e ha aperto la falla ed è stato chiaro: “siamo burattini della FIFA e dell’UEFA, loro pensano solo al denaro. Per motivazioni finanziarie, risucchiano energie fisiche”. Ai calciatori, visto che i loro sindacati sono assenti, basterebbe utilizzare bene i social, per una volta a livello mondiale, e unirsi alla protesta di Toni Kroos.
L’ansia di FIGC e Lega Serie A è quella di finire il girone di andata. Dopodiché, temendo la terza ondata del Virus, tenendo tutto nascosto, scimmiotteranno la NBA americana, finendo il campionato in una bolla con le squadre che dovranno giocarsi i playoff e playout con partite andata e ritorno in pochi stadi, con soddisfazione dei network televisivi. E così venderanno diritti all’estero aumentando la pubblicità.
Il calcio moderno è business, un mastodontico generatore di intrattenimento intorno al quale girano interessi economici con cifre a tanti zeri. La cronaca giornaliera di un disastro di pandemia annunciato conta poco.
Per FIGC e Lega Serie A sembra ancora tutto imprevedibile con l’incertezza delle regole e delle norme, alle prese con i protocolli che cambiano giorno dopo giorno, con la partecipazione delle ASL e con i rinvii di gare all’orizzonte sempre più frequenti.
La misura d’emergenza con il caso Genoa la si è vista con la lente d’ingrandimento solo in casa rossoblù. Senza il Covid la squadra di Preziosi avrebbe cinque punti in classifica? La speranza è no! Tante partite del Grifone sono state falsate con uomini decimati sul piano fisico dopo la quarantena. La misura della crisi, prendere decisioni di far giocare calciatori non al meglio, sono costate care durante le gare per mancanza di ossigeno e problemi muscolari.
Da domenica prossima, il Vecchio Balordo non può più sbagliare nulla: la scusa del Covid sarebbe spedita a domicilio dalle altre squadre che viaggiano con il Virus. In questi giorni c’è la Waterloo dei tamponi. Altro film, probabilmente non solo laziale, di “Amici miei”. È acclarato non solo nel calcio che i tamponi possono dare, da una parte una falsa patente di negatività e di liberi tutti e dall’altra produrre un esercito di positivi asintomatici. Asintomatici che nel calcio avranno anche giocato.
E nel calcio, considerato che ogni tre giorni fanno un tampone, dovrebbero essere positivi o negativi quelli in fase di incubazione vengono considerati asintomatici non tenendo conto dei sintomi anche leggeri che dovrebbero allarmare i medici (succederà), ma non di qualche dirigente a caccia dei risultati.
Il Virus non guarda in faccia nessuno: non esistono campioni di calcio immuni dal contagio, misure di sicurezza o di controllo devono essere perfette affinché il Covid non sia sinonimo anche di imprudenza.
Fuori tema: non potevo dimenticarmi di Goran Pandev.
La partita e il gol con la Macedonia del Nord contro la Georgia sono la somma di 610 partite giocate senza mai sentirsi eroe o vittima del calcio. Sono la somma di Champions, Mondiale per club, Supercoppe vinte, Coppa Italia (vinta per quattro anni di seguito), Triplete. Un palmares che Goran dentro di sé non avrà considerato un dettaglio, mai però lo ha fatto pesare in allenamento, in una partita (di fronte ad errori evidenti dei compagni), e questo non solo da quando è arrivato a vestire la maglia rossoblù a quarti nel 2015.
Grazie Goran: il calcio non ha età per giocatori e uomini intelligenti.