Avevamo chiesto a Ballardini nel pezzo di presentazione della gara di essere Balilla con i suoi giovanotti, perciò dopo la gara giocata contro il Bologna il titolo non poteva che essere: “che l’Inse”. L’aria era tesa e serviva proprio quella scintilla della vittoria in grado di far scoppiare la rivolta verso queste 17 giornate di campionato non da Grifoni, almeno fino alla tredicesima.
“Che l’Inse” è un suono minaccioso e galvanizzante per il popolo rossoblu a quarti e il forte carattere dei giocatori di Ballardini tipico “Zeneise” è di buon auspicio per il futuro e anche contro i mugugni inutili di Mihajlovic, prima e dopo la gara.
Gol di Zajc, utilizzato sempre più come giocava nell’Empoli di Andreazzoli, e gol di Destro, la prossima plusvalenza di Preziosi. Speriamo che non abbia visto la partita Paratici, il direttore di Madama, altrimenti… Ruggito della squadra per tornare alla vittoria casalinga, assente dalla prima giornata di campionato.
Vittoria arrivata con lo stampo di Ballardini: centrali di difesa bloccati, esterni che macinano chilometri, due frangiflutti in mezzo al campo, un attaccante di peso e uno mobile. Gioco fatto ad una ventina di metri dalla porta di Perin con l’unico scopo di restringere gli spazi e i lanci in corridoio alla mezze punte felsinee. Squadra ordinata, tosta, dura, che ha fatto fare solo un intervento da Tarzan a Perin nel primo tempo.
Centrocampo schierato in linea e non a rombo grazie all’apporto di Zajc trequartista- mezzala che costringeva il fulcro bolognese Soriano di abbassarsi nel cuore del gioco per non subire la superiorità.
Il Genoa è piaciuto, pur sbagliando qualche volta il suo calcio, in particolare coi passaggi sbagliati in uscita da parte dei difensori. Ha attratto perché si è avventato su ogni pallone che rimbalzava, modernamente nell’attuale lessico “seconde palle”, e ogni calciatore si è prodigato al gioco di squadra.
Il Genoa contro il Bologna si è fatto anche guardare per la precisa conoscenza dei propri limiti. Ballardini ha letto la partita perfettamente prima dell’inizio e durante la gara. Iniziata con due punte e un trequartista mezzala, ha finito con una sola punta e tanti mediani.
Ballardini ha iniziato la gara con i “matusa” e l’ha finita con 3 pivelli nati tra 2000 e 2001. A proposito, Eyango non è stato sostituito dopo 15’ solo per questioni tecniche, ma anche per un colpo o una distorsione al ginocchio visto che alla fine è uscito con una borsa di ghiaccio sull’arto.
Intelligenti i cambi di Ballardini, che spesso ne utilizza due nell’intervallo considerato che non fanno parte dei tre slot delle cinque sostituzioni.
I Re magi genoani non sono arrivati in ritardo di tre giorni perché qualcosa si era visto anche contro il Sassuolo, ma hanno confermato che “l’oro” sono Ballardini e il suo staff, mentre la “mirra” (un rimedio medicamentoso per l’attacco sterile del passato) sono Destro, tornato ai tempi della Roma, e Shomurodov, attaccante completo e non solo di peso che fa salire la squadra, difendendo con passo felpato e rubando palloni, porta il pallone, lo scambia, risulta letale negli spazi. E poi c’è “l’incenso”, il profumo, anti-infiammatorio giusto da parte di centrocampisti e difensori con la voglia di guarire e non prendere gol.
Mihajlovic si dimentica troppo spesso che la bocca è una virtù e altra parte del corpo una necessità. Alla vigilia ha fatto da docente di educazione civica calcistica agli arbitri, alla fine si è lamentato del terreno di Ferraris, giustamente, non ha attaccato la tramontana micidiale nel controllare il pallone, e difficilmente spiega perché solamente in una partita in questo campionato e da 480 giorni la sua squadra prende sempre gol. Ai tifosi felsinei dovrà spiegare perché Barrow e Poli in panchina invece di piangere che il Genoa ha tirato due volte in porta e fatto due gol. Altra balla, come quella che la sua squadra è la più tartassata da cartellini gialli e falli commessi: riguardi solamente i primi quindici minuti di gara.
Davide Ballardini e la panchina del Genoa sono imprigionati l’uno all’altro. Ballardini e la panchina del Genoa ormai si aderiscono, da quando si è seduto la prima volta nel 2010. Il Genoa in panchina non ha mai avuto bisogno di un fenomeno, ma di qualcosa di semplice. Qualcuno che parlasse con i calciatori non solo di tecnica e di tattica per capire chi son , perché soffrivano per quello e in quello che stava succedendo.
La forza di Ballardini e del suo staff starli ad ascoltare e – perché no – imparare o comprendere quello che è successo fino al loro arrivo. Tutto con semplicità, cercando di dare consigli non solo durante gli allenamenti.
Il Vecchio Balordo spera coi suoi tifosi di vedere al giro di boa tra due giornate di campionato un futuro leggermente più roseo e non rosso.