Dopo gli interventi della giornata di ieri da parte dei colleghi Sebastiano Vernazza ed Enrico Currò, oggi abbiamo commentato assieme all’ex tecnico rossoblu, Aurelio Andreazzoli, il girone di andata della Serie A. Le sue parole rilasciate ai nostri microfoni.

Mister Aurelio Andreazzoli, bentornato a Buoncalcioatutti. Terminato il girone di andata del campionato: un’analisi e un commento? 

“È un campionato particolare. Finalmente vediamo un gruppo di squadre che se la giocano e che se la vogliono giocare ogni domenica. Manca la componente che tutti aspettavano, per ora: manca dal vertice ma non manca dal gruppo di testa. Quindi si preannuncia un girone di ritorno molto interessante, perché era da qualche anno che non si aveva la possibilità di vedere molte squadre raccolte in così pochi punti. Tutte quante possono dire la propria con successo, per un modo o per un altro”.  

Lo schema perfetto non esiste, ma quest’anno secondo lei si sta intravedendo qualcosa di diverso tatticamente? 

“Mi sembra che ci sia una tendenza: il fatto che non ci siano squadre che non se la vogliano giocare. Magari rischiando di perdere, ma giocando fino in fondo. Questo aspetto credo che sia stato incrementato nell’ultimo periodo, incrementato forse anche per il fatto che ci sono stadi neutri. Neutri in che senso? Perché quando vai a giocare sul campo della Juventus non vai a giocare contro una squadra forte e contro 45mila persone che incitano. Questo rende le partite un pochino particolari, che non piace nemmeno a noi starle a vedere alla tv. Sono un po’ più ovattate, sembrano quasi partite a cui venga tolta un po’ di realtà e questo probabilmente incide anche sull’andamento delle gare”.

Cont tanti giocatori risultati positivi al Covid nei mesi scorsi e anche tanti infortuni, nel girone di ritorno conteranno più fisico o gioco? 

“Il fisico conterà senz’altro, come conta sempre. Più che il fisico conterà la struttura e conteranno le eventuali assenze. Ogni squadra ha pedine che non sono inamovibili ma importanti e chi perde le pedine importanti risulterà penalizzato. Se invece di una ne perderà due o tre, questo diventerà un problema ancora più grande. Quello che invece credo sarà decisivo è il gioco. Il gioco è quello che ti dà la possibilità di superare le difficoltà eventuali di cui parlavo prima. Se una struttura funziona e se una squadra può poggiare su una fisionomia ben precisa, è più facile superare eventuali assenze pesanti”.

Ci sono 8 squadre che si stanno giocando la Champions ma anche 10 a giocarsi la salvezza, tutte in 10 punti. Perché e cosa succederà? Spezia e Benevento per ora hanno colpito

“Il girone di andata a volte dice la verità e a volte si basa anche un po’ sull’entusiasmo e su tutte le situazioni di cui abbiamo parlato poco fa. Il girone di ritorno diventa sempre più pesante: diventa pesante per chi è abituato a lottare per certi traguardi e lo diventa anche – forse di più – per quelle che sulla carta erano attrezzate a fare un campionato diverso. Quindi c’è incertezza, anche se alcune squadre sono un po’ più avvantaggiate da una media punti che sono riuscite a mantenere rispetto ad altre che di punti ne hanno fatti davvero pochi”. 

I tifosi del Genoa ti hanno lasciato qualcosa dentro. E tu non sei mai uscito dal Ferraris senza aver ricevuto degli applausi

“Questa è una realtà che mi porto dietro e che a volte, quando mi interrogano, racconto. È successo proprio quello: io nell’ultima partita che ho perso in casa, quella contro il Milan a Marassi, sono uscito fra gli applausi. E al Ferraris si ha prova di questo, perché devi fare 65 metri per abbandonare il campo. Questo per un verso è stato molto gratificante, ma per l’altro mi procura un’amarezza esagerata non essere riuscito a poter fare quello che avevo nell’animo di fare e quello per cui ero stato chiamato. Però è evidente che quando ti manca il tempo per completare un ragionamento, si possono fare tanti tipi di discorsi ma nessuno diventa reale. Quello che rimane è quel grande affetto che ho sentito, sia nel periodo estivo che nel ritiro in Francia, purtroppo lontano da Genova. Quando siamo ritornati ho sentito questo affetto che mi dava un’energia pazzesca. Quello che mi manca di quell’ambiente è effettivamente entrare in quello stadio, che era un po’ il mio sogno, entrarci da allenatore e cercare di esprimermi come tale. Non ci sono riuscito perché il tempo è mancato, ma sono cose del calcio, vanno così. Mi faccio accompagnare da questa amarezza”. 

Come lo vedi il futuro del Genoa? Oggi è fra le 10 che stanno lottando per non retrocedere

“La classifica dice questo per ora. Diciamo che l’impennata dell’ultimo periodo fa pensare bene, fa sperare bene. Naturalmente è quello che tutti quanti auspichiamo e se il buon giorno si vede dal mattino penso che il nuovo corso, anche con gli interventi sul mercato, faccia stare abbastanza tranquilli”.

Parliamo di Radovanovic. Alla fine di una partita sei stato prodigo di complimenti nei suoi confronti, adesso Ballardini l’ha trasformato centrale in una difesa a tre e lui senza colpo ferire sta giocando anche in quella posizione

“Ivan è uno di quei calciatori che tutti gli allenatori vorrebbero: sono quei calciatori sui quali puoi fare affidamento. Perlomeno, per quanto mi riguarda, di quella tipologia ne ho avuti alcuni in passato, poi ho avuto lui. A volte si dice che con 10 Radovanovic di partite ne perdi poche, si può dire così. Probabilmente non ne vinci molte, ma serve a far capire che l’affidabilità, la costanza, l’applicazione e la generosità nel gioco del calcio pagano sempre. Chiaro che poi servano anche qualità, che lui ha in maniera spiccata. Forse qualcun’altra gli manca, ma gira che ti rigira tutti lo vanno a ricercare ed utilizzare. E lo dimostrano gli allenatori che si sono susseguiti anche a me”. 

Zajc l’abbiamo visto giocare per la prima vola nel tuo Empoli in un centrocampo che aveva pochi mediani. Al Genoa gioca in un centrocampo a 5 e si propone qualche volta in area di rigore

“In quel centrocampo a dire la verità di mediano non ce n’era neanche uno, perché giocavano tre trequartisti: Bennacer, Krunic, Zajc e l’altra mezzala che a volte si alternava, ma erano tutti a propensione offensiva e questo dimostra che si può giocare con la qualità. Chiaro poi come chi abbia qualità si debba mettere a disposizione della squadra per aiutare quando necessario, mettendo a disposizione anche altre caratteristiche. Zajc a Empoli l’ho trovato che era una riserva e giocava una ventina di minuti nel finale. Quando sono stato interpellato mi sono documentato perché non lo conoscevo e ho visto che questo ragazzo necessitava di attenzione. Tant’è vero che, avendo due attaccanti che dovevano giocare per forza e due mezze ali (Krunic e Bennacer) che mi piacevano, l’unico posto dove doverlo mettere era sulla trequarti. Quindi il sistema di gioco è nato proprio per via Zajc, perché bisognava trovare un posto a questo ragazzo, che poi in B e in A ha dimostrato – perlomeno nel girone di andata, perché poi quando sono tornato non lo avevo più, me l’avevano venduto…tant’è che ho dovuto cambiare sistema – Di essere un ragazzo di grande interesse. Ora è tanta quantità. E questa qualità la ha, anche se potrebbe dimostrare di più lavorando meno. Ha una notevole capacità di entrare in area e ha pure il gol a disposizione, può fare la mezzala come sta facendo ora ma chiaramente in quella posizione forse gli si toglie qualcosina, perché avrebbe bisogno di essere più libero. Uno degli appunti e dei rimproveri che gli facevo io era che faceva troppo e volevo che facesse meno per poter esprimere un po’ più di qualità”.


Serie A, un bilancio del girone d’andata: le parole di Enrico Currò (Repubblica)

Serie A, un bilancio del girone d’andata: le parole di Sebastiano Vernazza (Gazzetta dello Sport)