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La Parte Destra #14: a tu per tu con Attilio Perotti

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175 da giocatore fra Serie A, B e C, ma anche 119 da allenatore dal 1986 al 2006. Si avvicina rapidamente alle trecento presenze complessive, sia da allenatore sia da giocatore, il rapporto che Attilio Perotti, bresciano di nascita ma genovese di adozione, ha stretto col Genoa da quando, nel 1968, venne prelevato all’età di ventidue anni dal Como. Coi colori rossoblu giocherà dalla stagione 1968/69 alla stagione 1974/75. Da tecnico per la prima volta fu chiamato dal presidente Spinelli, nella stagione 1986/87, succedendo a Tarcisio Burgnich. Dopo una stagione e mezza, sarebbe poi tornato a distanza di dieci anni sulla panchina del Grifone, nel 1996/97, e ancora per una breve parentesi nella stagione 2005/2006, in Serie C. Lo abbiamo contattato per sentire la sua opinione sulle vicende che riguarderanno la parte destra della classifica da qui alla fine del campionato, ormai compressa in due settimane o poco più.

“Nella parte destra è il Benevento la squadra che ha meno possibilità di rimanere in Serie A: le altre le vedo meglio – esordisce mister Perotti – Se il Benevento può fare un exploit come l’Empoli di qualche anno fa? Tutto è possibile, ma secondo il mio punto di vista il Benevento ha fatto un bel campionato sino a un certo punto, poi ha avuto un attimo di contenimento, ha giocato meno bene e fatto meno punti. Forse il Cagliari potrebbe avere delle difficoltà, ma secondo il mio punto di vista credo il Benevento sia la candidata più significativa”. 

Hai esperienza da calciatore oltre che da dirigente e allenatore, che tante volte ha vissuto questa zona calda della classifica: cosa vuol dire giocarsi un campionato in una settimana, una cosa anomala?

“Per me questo non è un campionato da prendere in considerazione: per me un calcio senza i tifosi non esiste, è una Play Station. Vedi tutto in tv, non c’è pathos, non c’è niente. Non lo seguo neanche volentieri”. 

Dal punto di vista del gioco e degli allenatori, c’è qualcosa che ti ha colpito in questo campionato? Qualcosa di nuovo?

“In certe situazioni si sono viste alcune squadre giocare un buon calcio, ma non lo seguo volentieri. Seguo un po’ il Genoa essendo sempre molto legato al Genoa, ma non mi appassiona. Conte ha vinto un campionato col 3-5-2? Lui dice che erano partiti non per vincere il campionato, poi vai a vedere i giocatori ed è inconcepibile: come fai a dire così? Non è detto che uno vinca il campionato se ha una squadra forte, ma se guardo le altre squadre con le quali doveva competere l’Inter era dentro”. 

In Serie A tornerà Mourinho: cosa porterà di nuovo?

“Fantasia e discussioni. È un allenatore dal grande carisma e in Italia ha fatto benissimo. A me è molto simpatico, ma bisognerà vedere se riusciamo a fare un campionato coi tifosi che vanno a tifare per la loro squadra”. 

Ballardini fa miracoli col Genoa ogni volta che arriva…

“Sì, devo dire che è stato molto bravo. La squadra è molto cambiata dal punto di vista caratteriale e del gioco. E nella rosa ci sono giocatori molto bravi e importanti”. 

Nel Genoa hai vissuto quarant’anni, ma quest’anno se n’è andata un’altra squadra nella quale hai lasciato un pezzettino della tua attività, quel Livorno retrocesso in Serie D. 

“Ho lasciato il Livorno quando le cose stavano andando bene: ho avuto qualche problema col presidente, come succede spesso, e ci siamo lasciati. Ognuno è andato per la propria strada, io mi sono messo a fare un po’ il pensionato e lui ha continuato fin quando ha ceduto la società. Mi dispiace moltissimo perché avevo fatto un ottimo lavoro a Livorno, ma c’è stato un momento clou in cui non è andato a buon fine il progetto che per me era importante fare, ma che il presidente ha disatteso. Lì è cambiato un po’ tutto e non mi sono più soffermato a valutare la situazione”. 


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