“Ho pensato di smettere, sono stato fuori quasi due anni ed erano più le sofferenze che le gioie. Giocavo per divertirmi, per essere felice, ma se non potevo scendere in campo, dove trovavo la parte buona in quello che facevo? Avrei dovuto ascoltare Nicolás Burdisso, ma l’ho fatto troppo tardi”. In una lunga lettera pubblicata su Cronache di Spogliatoio e diffusa poi via social, Mattia Perin ha parlato a lungo anche di Genoa, divenuto ormai parte integrante nella sua vita. “Ormai è diventata casa mia” puntualizza il portiere in un passo.

“La mia ambizione, all’interno dello spogliatoio, è stata quella di diventare il Burdisso di qualcun altro – ha scritto Perin – Quando vedo i miei compagni che si stanno perdendo, gli sto addosso. Nel senso buono, ma inizio a tartassarli, a parlargli, a essere esigente. Ci tengo. Voglio che quando entrano in campo sappiano dare il massimo per la squadra e per loro stessi. Sono stato felice per Melegoni quest’anno, non giocava da tanto tempo e ha segnato contro la Juventus allo Stadium. Lo sono per Scamacca, che a gennaio doveva andare via ma è rimasto: lo vedevo giù di morale, l’ho aiutato e adesso sta segnando gol fondamentali per la nostra salvezza”.

Sul passaggio alla Juventus, squadra da cui proprio Perin è in prestito al Genoa: L’esperienza alla Juve è stata uno step ultra-calcistico: tagliare il cordone con Genova non fu facile. Ci ho pianto e ci ho messo la faccia. Sapevo che prima o poi sarei tornato. Se ora sono forte mentalmente, il merito va ai miei affetti e alla mia mental coach”.

Sui gravi infortuni subiti nel passato: “Ho imparato a tirare fuori il 100% solo quando sento di essere al 100%. Ho imparato a dare il 60% se un giorno mi sento al 60%, senza forzare, perché prima o poi sbatti dritto contro un muro e ti fai male. Vivevo con una pesantezza morale che andava smorzata. Puoi agire solo sul presente, e non c’è niente di più forte del presente per costruire il futuro. Non ho mai mollato: non ho lasciato la mia squadra da sola neanche quando al 21’ di Sassuolo-Genoa mi sono rotto il crociato”.

Perin è tornato molto più indietro, fino al 2013: “Penso al mio primo anno al Genoa, dopo il prestito al Pescara. Arrivavo da una retrocessione e una marea di gol subiti, non ero stato neanche il titolare fisso, alternandomi con Ivan Pelizzoli. Torno in quella che ormai è diventata casa mia e alla 2ª giornata faccio una papera su un tiro di Giuseppe Rossi contro la Fiorentina. Quel giorno ne prendo cinque. Camminavo per strada e vedevo lo sguardo delle persone, lo percepivo: c’era dentro un grande disprezzo, come se dicessero ‘ecco, lui è quello scarso’. Il Genoa comprò addirittura un altro portiere per tutelarsi e anche io, sono sincero, avevo paura di non essere pronto. Non di non essere all’altezza, sia chiaro, perché fin dalle giovanili sono stato sicuro dei miei mezzi, vedevo che il mio livello era più alto rispetto ai miei compagni, ma di colpo mi ritrovavo con poche certezze”.


Genoa, Perin: “Obiettivo raggiunto. Un applauso a un gruppo meraviglioso”