Yayah Kallon è il motorino del Genoa Primavera, ormai lo scriviamo da mesi. Lui ci scherza su, con gli occhi luccicanti e un sorriso Durban’s: “Il vero motorino è Jordan Boli”, compagno di squadra e corridore sulla fascia. Non è mica l’unico, chiedere a Dellepiane e Boci per credere. Vedere la lista dei convocati per credere: per il 19enne nato in Sierra Leone quella di oggi è la prima, storica, chiamata in Serie A (clicca qui).
Chiedere a Kallon per conoscere la sua storia, partita da casa per sfuggire al rapimento e finita per rapire gli occhi su un campo di pallone. Nel mezzo una traversata fra mare e deserto, mesi di sofferenza e paura fino all’arrivo in Italia, fino a quella chiamata ai genitori: “Ho potuto sentirli per i primi due mesi. Una volta arrivato in Libia ho perso ogni contatto, li ho richiamati solamente quando sono arrivato in Italia e mia madre è scoppiata a piangere – ha raccontato Yayah a Genoa Channel – Avrei voluto raccontargli tutto, ma dietro di me avevo altri ragazzi che aspettavano per chiamare a casa e ho preferito evitare”. Ripercorrerne le orme non ha bisogno di tante parole o luoghi comuni: le sue bastano e avanzano. Ci ripetiamo: il lavoro del settore giovanile rossoblu, al netto di strutture ben lontane da quelle di cui dispongono altri club, è sotto gli occhi di tutti. O meglio, è sotto gli occhi di tutti solo quando ne parlano tutti.
Kallon ha segnato 10 gol in una ventina di partite in stagione, contribuendo a diversi gol dei compagni con assist e scorribande a tagliare in due le difese avversarie. Il 19enne ha fatto ammattire i centrali, ha vinto i duelli con i laterali, ha regalato perle come lo slalom a Sassuolo (riuscendo a metterla in rete dopo essere caduto per terra) e il tiro da fuori area contro l’Atalanta. Anche nel derby perso contro la Sampdoria, nel girone di ritorno, a Bogliasco è stato per distacco il migliore in campo. Peraltro contro una fra le migliori squadre della stagione. Guardare una sua partita è come fare un’ora e mezza di trainspotting, solo che al posto dei treni c’è un classe 2001.
Firenze, prima metà di aprile. La Primavera si gioca una semifinale di Coppa Italia contro la squadra detentrice della competizione e senza un discreto numero di titolari fissi. Uno di questi è proprio Kallon. Sulle gradinate, Yayah fa il tifo per i Grifoncini. Fra un tempo e l’altro si apparta, si guarda le mani e comincia a pregare. È periodo di Ramadan. Volutamente lontano dalle poche telecamere presenti e dagli occhi indiscreti di qualche addetto ai lavori, segno di riservatezza e di scaltrezza. Galeotta fu una tappa alla toilette: lo vidi inginocchiato per terra, in un angolino. Erano mesi che non lavoravamo lontano da Genova, causa il lungo periodo di stop per il Covid, ed erano mesi che mancavano scene spontanee come quella.
Come quando, in un ritiro a Tavarone, venne punzecchiato dal mister per il modo tutto originale di fare torello. Passava il pallone solamente a Flavio Bianchi, suo compagno d’attacco designato: “Speri che lui te la passi in partita, vero?” si sente dal campo. Detto, fatto: gol di Kallon su assist di Bianchi. In coppia hanno fatto faville nei primi mesi della stagione 2019/2020, prima che entrambi si rompessero il perone nel giro di due settimane. Yayah si fece male a Roma, continuando a correre per qualche minuto prima di cedere al dolore. Poi lo stop al campionato, che divenne sospensione definitiva. Quel Genoa per media punti avrebbe con tutta probabilità centrato i playoff, e forse di Kallon da prima squadra ne avrebbero parlato e scritto con un anno di anticipo. Noi, a onor del vero, lo facciamo da mesi.
Già in quei mesi, in ritiro, il “nuovo” allenatore della Primavera puntava a una ricostruzione dal basso. Bianchi e Kallon, sotto il metro e 80 di altezza, si sono rivelati pienamente all’altezza della competizione. Il primo è di ritorno dopo una stagione brillante (a livello personale) con la maglia della Lucchese, il secondo è pronto a giocarsi l’esordio tra i professionisti a Cagliari. Yayah in Sardegna ha già segnato un gol lo scorso febbraio. In contropiede, un grande classico per la piccola freccia rossoblu che quest’anno di gol ne ha fatti a bizzeffe. Farsi beffe degli avversari senza troppa presunzione, mai fermo e posato allo stesso tempo.
Merito di questo, a onor del vero, va a Luca Chiappino. Domani sarà impegnato contro la Juventus, ma tornato da Torino getterà un occhio sulla prima squadra. Non è un caso se buona parte delle parole spese dal giovanissimo attaccante sono proprio per lui, padre putativo anche se Yayah (guarda caso) preferisce chiamarlo “zio”. E non è mica un caso se in pullman, dopo una vittoria a Ferrara, a far partire l’inno del Genoa sia proprio Kallon, che è a Genova da pochi anni ma la considera già casa sua. Lo è diventata a tutti gli effetti, per una volta non solamente una frase fatta. Dal deserto del Sahara a Lampedusa, dalla Sierra Leone a via Serra: Yayah è sempre lo stesso. Continua a correre, come in un celebre film con Ewan McGregor, con un sorriso Durban’s e una canzone di Iggy Pop sullo sfondo. Il titolo è Lust for Life, “sete di vita”. Perché Kallon ha patito la sete ma ha saputo trovare la vita. “Le ragioni? Non ci sono ragioni”. Ma chi ha bisogno di ragioni quando ha in attacco uno come Yayah?