La lunga storia d’amore fra il Genoa e Davide Ballardini si è richiusa ieri, forse definitivamente. Migliaia gli attestati di stima arrivati via social nelle ore successive al suo esonero, divisi fra ringraziamenti per le quattro salvezze conquistate in dieci anni e rimpianti per un addio che lascia un po’ di amaro in bocca. “Ciao zio”, saluto il più gettonato. In fin dei conti se il Grifone è ancora in Serie A – repetita iuvant – molto merito va al tecnico romagnolo, a Carlo Regno, Stefano Melandri e nell’ultima parentesi anche a Roberto Beni.
Ballardini pubblicamente non si è mai sbottonato troppo. E così sono stati i suoi gesti a renderlo a suo modo protagonista in una città che insegna a muoversi in silenzio, tra vicoli e crêuze. Dal celebre pugno chiuso al soprannome “Mister Wolf”, problem solver alla Quentin Tarantino: a renderlo una celebrità ci hanno pensato i genoani.
Dalla “voglia matta” che lo ha spinto a tornare sulla panchina del Genoa alla forma di rispetto che gli ha impedito di sedersi su quella della Sampdoria. Aprile 2018, così parlò zio Balla: “Scusate, non posso sedermi non mi trovo a mio agio. Resto in piedi per una forma di rispetto”. Fu l’emozione più concreta dopo un derby finito 0-0. “Io non mi siedo” finì su magliette e persino su una bandiera in gradinata. “Poi ho guardato la Nord e dietro i miei occhiali mi sono commosso” un’altra frase ballardiniana rimasta nel cuore dei suoi tifosi. Tifosi che oggi ringraziano, anche dopo qualche mugugno e nonostante tutte le magagne.
La lunga storia d’amore tra il Genoa e Ballardini, se vista da distante non ha niente di speciale. Il segreto per mettere bene a fuoco è tutto racchiuso dietro un paio di occhiali. Storia diversa per gente normale. Storia vissuta a muso duro, pugni chiusi e parole non dette. E forse, forse era giusto così.