Inutile tornare a sottolineare il peso negativo che le direzioni di Chiffi, già solo nel computo di questa stagione, hanno sul Grifone. Non lo dicesse il campo, lo dicono i numeri: in 8 precedenti nessuna vittoria, 3 pareggi e 5 sconfitte. Nel curriculum di Chiffi col Genoa ci sono errori macroscopici e clamorosi, spesso passati troppo sito silenzio: il fallo di mano di Ferrari in Genoa-Sassuolo quest’anno; i due rigori non dati in un Benevento-Genoa
Al curriculum disastroso di Chiffi col Genoa si è aggiunto, da ieri, un altro errore. Questa volta va suddisviso col VAR Mazzoleni, perché in campo la posizione per valutare l’episodio non era delle migliori per il fischietto padovano. Chiffi, infatti, era lontano almeno 7/8 metri e coperto da Gudmundsson. L’occhio, però, era sull’azione e l’entrata di Perisic su Hefti è apparsa fin da subito molto negligente. Non a caso, Chiffi estrae il giallo e il croato si scusa subito col numero 36 rossoblu. Non mancano i giocatori rossoblu a fare capannello intorno all’arbitro.
A rivedere i replay se ne capisce il perché: i tacchetti sono dritti sulla coscia sinistra in un intervento molto pericoloso, quasi a gamba tesa, sebbene non volontario perché Perisic sta cercando di togliere la gamba (si è scritto “quasi a gamba tesa” proprio perché la gamba di Perisic è leggermente flessa nel tentativo di non colpire Hefti). Apprezzabile l’atteggiamento di Perisic, profusosi in questo gesto non certo volontariamente: tuttavia il calcio e i direttori di gara dovrebbero ragionare con freddezza e
Del resto, però, è inutile continuare a stupirsi del mancato o errato utilizzo del VAR. Basta guardare a Milan-Udinese e al colossale errore di Marchetti, non certo aiutato dal VAR Guida, nel convalidare il gol di mano segnato da Udogie. Non ci si stupisca se poi cresce la crociata anti-VAR: ormai gli errori quasi pareggiano i giusti richiami. Urge sicuramente una riflessione sulla reale utilità di questo strumento, quantomeno in Serie A, dove già i tempi effettivi di gioco sono ai minimi storici penalizzando spettacolo, pathos e intensità delle gare.
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