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Blessin racconta Blessin: dal suo Genoa all’idea di calcio – VIDEO

È un Alexander Blessin carico, travolgente per la sua positività, anche (e soprattutto) in tenuta da allenamento e ancora con gli scarpini ai piedi, quello che poco dopo l’ora di pranzo ci accoglie a Villa Rostan, cuore pulsante della quotidianità rossoblu (con la sua facciata in ristrutturazione). Alle spalle della terrazza, i due campi sportivi del centro sportivo “Signorini” ampliato dai lavori di un anno e mezzo fa. Un centro sportivo che sabato, dopo due lunghissimi anni, riaprirà le porte ai tifosi rossoblu prima della delicatissima sfida di Verona. Una rinascita simbolica per dire addio a questa pandemia.

E mister Blessin è l’emblema della rinascita del nuovo Genoa. L’aria che si respira intorno a Pegli è di quelle che non si respiravano da tempo. Badelj passa e, con una battuta, dall’interno dell’ascensore costruito all’esterno di Villa Rostan, ci saluta durante l’intervista. I giocatori vanno via alla spicciolata, tutti di buon umore. Amiri si scatta qualche foto all’entrata coi tifosi presenti, lo staff del tecnico rossoblu lavora anche dopo la seduta. In questo scenario ci accoglie mister Blessin, occhiali da vista messi su e voglia di esprimere la sua genoanità anche di fronte a qualche passante-tifoso che passa sotto il ponticello di Villa Rostan. Lui affacciato, loro di sotto. Un urlo ed è “Forza Genoa!“.

Descriva Blessin e il suo stile di gioco

“Non voglio essere un libro aperto per tutti. Abbiamo molti avversari e io voglio giocare con alta intensità, con una buona mentalità davanti al pallone e con coraggio nel corso della partita. Il calcio è uno sport dai tanti errori e quando tu sei dispiaciuto per averne commesso uno, ti trovi sempre in una cattiva posizione. Ecco perché ciò che rende il calcio interessante è il giocare con molto coraggio e dire “ok, ho commesso un errore”, ma andare avanti, combattere per il prossimo obiettivo. Questo è ciò su cui sto lavorando”.

Il suo rapporto coi calciatori?

“Dovreste chiederlo ai giocatori. Non lo so, ma voglio avere con loro un buon rapporto, parlare con loro, spesso in campo. Sono stato anche io un giocatore, ma non uno dei migliori e in questo momento è sempre importante per me ciò che loro pensano in campo. Per questo motivo vado spesso dai giocatori per parlare loro, li guardo negli occhi: ogni giocatore in questo momento è un singolo”. 

Le sue idee innovative posso fare bene a questo calcio italiano malato, uscito un’altra volta dal Mondiale?

“Da parte mia, ho guardato l’Italia durante l’Europeo ed era straordinario come giocasse. Ho visto alcune partite, le ho seguite, ed è stato bello vederli giocare. Ora l’Italia e i suoi tifosi non sono al Mondiale. Per me è orribile perché ho pensato che avrei potuto celebrare con gli italiani la prossima Coppa del Mondo, godere di belle partite. Qualcosa è andato storto negli ultimi due anni: si è vinto l’Europeo e non ci si è qualificati al Mondiale. Di sicuro, poi, sono mancati alcuni importanti giocatori nelle ultime partite come Bonucci, Chiellini, Chiesa. In questo momento si è un pochino lontani, ma penso che ci siano altri giocatori del calcio italiano che, assieme con Mancini e con persone intelligenti da riflettere su cosa si stia sbagliando, possano tornare più forti di prima”. 

Nel calcio moderno è tagliato fuori chi non è veloce e fisico?

“Quando guardo la Champions League vedo partite ad alta intensità, giocate anche dai top team in Inghilterra e Premier League, e vi è bisogno di forza fisica e potenza per giocarle. Questo combinato con giocate individuali porta a esprimersi ad alti livelli”. 

Il sistema di gioco è relativo. Per lei sono più importanti giocate individuali, marcamenti, inserimenti, combinazioni di gioco?

“La cosa più importante è che tu veda una squadra in campo. Che tu veda il carattere di ogni giocatore, che nessuno stia al di sopra della squadra: ognuno deve combattere per la squadra e dare tutto. Questa organizzazione rispetto al pallone, come ho detto, è molto importante. Quando parliamo di compattezza, di come si gioca in maniera individuale e creativa, chiaramente di questi momenti si ha bisogno per segnare gol. Combinarli ti porta, io penso, ad un alto livello”. 

Sono più importanti gli schemi dei calciatori? Oppure no?

“Penso che quando hai qualità individuali come quelle di Ronaldo o Messi, certamente possono risolverti le partite. Ma quando tu lavori con tutta la squadra, la possibilità che tu vinca la partita, attraverso questa organizzazione, e più alta che affidandosi a una sola persona. Penso che mettendo su più spalle una responsabilità piuttosto che su quelle di un solo giocatore di qualità, le possibilità di vincere una partita siano più alte. Sono più alte agendo da squadra”. 

Qual è l’allenatore migliore? Quello che fa rendere al massimo ciò che ha in rosa o quello che sa adattare meglio ciò che ha in rosa al suo credo tattico?

“Una bellissima domanda. Sto cercando la risposta. Penso che chi ha successo, chi è bravo, lo è quando vince le partite, sviluppa giovani calciatori portandoli ad un alto livello. Il calcio è un business molto veloce: a essere onesti, quando perdi dieci gare di fila, non puoi lavorare bene coi ragazzi e vieni esonerato. Il calcio è uno sport di risultati. Penso che uno sia un buon allenatore quando combina tutto. Per me è sempre stato così: mi piace lavorare con giocatori giovani perché in molti casi sono di mentalità aperta, ma per me in questo caso piace davvero lavorare anche con giocatori di esperienza perché tu ricevi sempre una risposta dal lavorare con loro. Quando sei disponibile, è molto piacevole avere l’esperienza di parlare con loro di questo: la principale discussione è sempre quella di non parlare di giocatori giovani o meno giovani, ma di buoni giocatori o cattivi giocatori. Se c’è la disponibilità di portare la propria qualità in campo, allora non importa se un giocatore è vecchio o giovane. Quando si parla di giocatori giovani, sono più disponibili verso le novità e quando si parla di intensità di allenamento e recupero. I giovani giocatori possono adattarsi rapidamente alle nuove situazioni che spesso possono trovare in un club”.

Mister Blessin, qual è il segreto della rigenerazione di calciatori quasi assenti nelle precedenti 22 gare giocate?

“Di sicuro, quando parliamo di intensità di gioco, giocare sempre col serbatoio pieno non è possibile, nessuno può correre 15 chilometri in una partita. Vi è la necessità di fasi di recupero. In questi casi, tu devi recuperare con la palla. Devi trovare una buona combinazione tra questo calcio di potenza e queste fasi di recupero. In questo momento particolare non dobbiamo fare gare lente solo per recuperare: voglio sempre alta intensità con o senza la palla. Poi si devono trovare momenti della partita in cui recuperare”.  

Lei e il suo staff siete veri professionisti della tattica della squadra, avete preparato otto gare tatticamente perfette su pregi e difetti degli avversari?  

“Non è mai solo un mio lavoro, ma di tutti, dai giocatori allo staff, dai match analyst ai collaboratori fino a Spors. Quando ci raduniamo, abbiamo la stessa visione sul come giocare. E in un club è molto importante avere lo stesso modo di pensare su come si vuole giocare a calcio. Questa è la prima cosa. Abbiamo otto partite e per certo siamo ora in una buona posizione per raggiungere qualcosa. Alcune settimane fa nessuno pensava potessimo raggiungere questo obiettivo, ora siamo nella situazione di dire “ok, bene”. Ora abbiamo otto gare da giocare e buone chance di restare in Serie A, questa è la nostra missione. Abbiamo ottenuto tre punti, ma non abbiamo raggiunto niente. Dobbiamo lavorare duro affinché questo obiettivo diventi più vicino. Un pareggio è sempre troppo poco. In questo momento, quando guardiamo ogni partita, vediamo che abbiamo avuto la possibilità di vincerne ognuna, creato occasioni e mantenuto una buona organizzazione. La vittoria contro il Torino è stata così: i punti con altre squadre ora hanno un po’ più di valore rispetto a prima. Abbiamo fatto sette punti in sette gare, forse altri non hanno preso punti ma hanno tirato fuori tre punti. Dobbiamo lavorare su questo aspetto. I ragazzi al momento stanno facendo un grande lavoro per il fatto che stanno cercando di portare il nostro tipo di gioco sul campo. Questo è il motivo per cui hanno giocato bene. Ma non è mai solo il mio lavoro, ma è un lavoro di tutto il gruppo. Ci sono ancora otto gare da affrontare”.

Lei per me utilizza il totalpressing olandese di Rinus Michel più che il Gegenpressing tedesco. Qual è la differenza?

“Penso che dobbiamo paragonarli. Pressing è quando voglio attaccare per primo il pallone, ma il contropressing (il gegenpressing) è quando perdo il pallone. È il come reagisco quando ho perso il pallone. Alcune squadre vogliono stare molto strette, più basse per mettere in sicurezza la porta. E ce ne sono altre che vogliono pressare immediatamente: e questo è il gegenpressing”. 

Lei ha fatto innamorare calciatori e tifosi, ma anche uno come Capello…

“Se questo è Capello, questo sono io (Blessin mostra con le mani la posizione in cui ritiene stia Capello rispetto a lui, ndr). Mi piace come allenatore, sono onorato. È una leggenda ed è difficile parlare di uno come lui. Il mio lavoro è quello di tutto un gruppo e per me è importante raggiungere l’obiettivo, che è quello di rimanere in Serie A. Di certo è stato bello. Di sicuro è meglio di quando ti dicono che sei uno stupido (sorride, ndr) o qualcosa del genere. È sempre bello quando senti cose del genere”.

Cos’è il Genoa per Blessin?

“La sensazione di aver guadagnato una seconda casa. Di norma si può dire che il calcio è una attività estremamente difficile, ma sono stato 8 otto anni al Lipsia ed è stato un bel periodo. Poi sono stato un anno e mezzo all’Ostenda, prima esperienza all’infuori del settore giovanile allenando un club professionistico. Normalmente, quando arrivi in un club, non pensi che in quello successivo proverai gli stessi sentimenti. E invece succede tutto così in fretta, mi sento di essere così il benvenuto. All’inizio, dopo aver perso la gara con la Fiorentina, il morale era davvero basso. Arriva uno sconosciuto tecnico tedesco e ognuno dice: “Grande miseria”. Arriva un allenatore tedesco che vuole soccorrere il Genoa? un grande problema. Ma per me era tutto ok e quello che abbiamo ricevuto dai tifosi sugli spalti, il dodicesimo uomo in campo, è stato assolutamente straordinario. È davvero bello poter lavorare qui”.

La coppia Spors-Blessin può essere la nuova coppia del calcio italiano? Ora i tifosi del Genoa cantano “Gente di Mare”, ma presto potrebbero cantare “La Coppia più bella del Mondo” di Adriano Celentano…

“Niente è mai più grande del club. Amo lavorare qui, ma il club resta sempre più grande di tutto il resto. Per me è bello allenare in questo grande club, ma non vedetemi in una così grande posizione, non sono così importante”.

Quasi 2000 tifosi di lunedì alle 18 a Verona. Che messaggio vuol mandare ai tifosi genoani non solo per il presente, ma anche per il futuro?

“Sono orgoglioso. In un breve periodo di tempo hanno comprato molti biglietti ed è stato aperto un secondo settore per farli venire. È straordinario. Venite e celebrate con noi la prossima partita. I ragazzi daranno tutto e cercheranno di raggiungere i tre punti. Avere i tifosi alle nostre spalle, nella nostra situazione, è la cosa più importante”.


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