Il 125° derby della Lanterna andrà in archivio con la quasi salvezza della Sampdoria e la quasi retrocessione del Genoa, solo la matematica non lo certifica. Alla Samp potrebbe mancare un punto, al Genoa 9, otto non basterebbero visti gli scontri diretti a sfavore con tutti eccetto il Cagliari.
C’è un lato paradossale in questo derby genovese: che il Genoa ha provato a fare gioco con tutti i suoi difetti, specialmente in fase d’attacco, mentre la Samp ha fatto il suo non gioco preventivato dal tecnico Giampaolo per tutta la settimana precedente: “era la partita che volevamo giocare m, rompere i ritmi di pressing del Genoa”.
Si è giocato pochissimo su 100 minuti di gioco compresi i recuperi tra i due tempi: al massimo, tenendosi larghi, il pallone è stato in gioco per 45’. Il guaio di essere sopraffatti solo dal pressing genoano ma poco dalla coesione di squadra di Blessin ha fatto sì che il Doria si mantenesse prudente in difesa sciabolando all’attacco ogni qual volta le si offrisse l’occasione, sfruttando e allargando in particolare sulla corsia di destra. L’unica differenza è stato il gol, anche se solo con un tiro in porta dopo 25 minuti. Un gol che ha permesso di gestire il tempo più che il gioco.
Il Vecchio Balordo ha confermato che fare gol è come acchiappare una gallina in campo aperto. Il Genoa ha dimostrato per l’ennesima volta che al sistema di gioco viene attribuito un esagerato valore tattico, addirittura determinante per i successi della squadra: giocare con una o più punte, con tre o più centrocampisti, con il libero in linea o alle spalle dei difensori o davanti non ha un significato determinante per lo sviluppo ed il perfezionamento delle capacità difensive (meglio) od offensive (peggio) della squadra rossoblù a quarti.
Il Genoa non fa gol per colpa di come si muove la squadra, al di là del pressing: sono i rapporti che devono stabilirsi tra i singoli calciatori in relazione al compagno in possesso di pallone che mancano, colpa anche della poca tecnica in occasione di un passaggio breve o lungo. Se poi si aggiunge il giocare senza pallone e, da parte di chi è chiamato a fare gol il fatto di utilizzare lo smarcamento per ricevere il pallone, diventa difficile buttarla dentro.
Anche sui calci di punizione diretti dalla trequarti con il cross dentro l’area avversaria è stato inutile senza sfruttare una corsia laterale per andare sul fondo ed effettuare un cross per aprire la difesa avversaria con tanti giocatori genoani dentro l’area.
I tre che agiscono alle spalle della prima punta genoana offrono il loro contributo anche nei ripiegamenti difensivi, garantiscono aggressione in avanti ma poca personalità in fase di possesso pallone: passaggi filtranti, cross, tiri dalla distanza hanno sempre latitato come i cambi campo per aggirare l’avversario sul lato debole.
Questi difetti Blessin con il suo staff non è riuscito a sbrogliarli: gli mancheranno gli uomini adatti, ma da cronista mi chiedo, anche se a posteriori: perché contro una sola punta avversaria sopraffatta sul piano fisico non ha provato a giocare a tre marcando non solo il pallone ma anche ad uomo gli unici tre doriani che hanno fatto il gioco? Thorsby su tutti, poi Candreva ed Ekdal?
Criscito ha sbagliato il calcio di rigore, come successe già in altri tempi a Corso e Pruzzo in frangenti quasi uguali. Può succedere, ma questo pallone del Capitano se fosse entrato avrebbe creato spasimi, ansie e paure alla Samp e avrebbe fatto pentire Giampaolo di non aver affrontato il Genoa. Tanta rabbia da parte dei tifosi genoani non solo per la sconfitta, ma per avere avuto la terza occasione di agguantare in Cagliari andata in fumo. La rabbia probabilmente è una malattia che deve risalire al giorno in cui un cane fu morso dal Genoa.
Fine della corsa, anche se la matematica dice no, sempre che di corsa si possa parlare dinanzi a una squadra che aveva perso i binari per 22 giornate di campionato. La via che tanto faticosamente Blessin, Blazquez, Spors, Zangrillo e i 777 hanno cercato di mettere in piedi ha avuto i suoi limiti nella composizione della rosa dell’inizio del calciomercato estivo, completamente assente, dai colpi di fine mercato estivo eclatanti solo negli ingaggi concessi ai calciatori e da qualche calciatore in entrata nel gennaio 2022.
Con gli ultimi 270’ si rimanda in archivio il campionato, il peggiore nel nuovo millennio. Campionato combattuto dal Genoa con l’arrivo della nuova proprietà contro tutti i Mulini a vento del calcio. Genoa poco protetto a differenza del passato quando le salvezze arrivavano, qualcuna senza meriti calcistici ma solo di risultati dovuti ad altri e ad amicizie, con direttori di gara più benevoli.
Non si possono fare calcoli sulle prossime gare, bisogna fare calcoli sul futuro del Vecchio Balordo. A margine del bilancio approvato sabato mattina alle note c’era scritto che i 777 erano e sono pronti al piano A, ma anche a quello B.
In questo futuro hanno coinvolto per la prima volta anche i piccoli azionisti che sono usciti dall’Assemblea fiduciosi, e anche questo potrebbe essere accaduto non varie volte.
Al passaggio di proprietà tra la Fingiochi e i 777 tutto appariva rose e fiori e invece all’orizzonte, dopo 5 mesi e dopo quasi un anno dall’inizio delle trattative, iniziate nel giugno 2021, si vedono solo spine.
La verità terrà banco dove ognuno la vestirà come vuole anche se nell’assemblea dei soci sabato mattina si è approvato il bilancio non all’unanimità, con il solo avvocato che ha sostituito Preziosi contrario.
Appurato e già a verbale che Preziosi è già ricorso al Tribunale per l’arbitrato senza cercare altre vie, la proprietà rappresentata da Zangrillo e Blazquez è stata chiara ad affermare che l’assemblea non era il luogo adatto a risolvere quella controversia e sarebbe stato a quel punto il Tribunale a giudicare.
I genoani si augurano di non essere messi nel mezzo sotto l’ombrellone se ci sarà il tourbillon delle carte bollate. Oggi la matematica non condanna il Genoa, però la privazione della Serie A per i genoani già da ieri sera è un commestibile di cui molti nei tempi duri sono costretti e fanno fatica a nutrirsi.