Ormai è un dato di fatto: il nostro calcio è in crisi. Una crisi tecnica, se si guarda ai risultati della nazionale di Roberto Mancini, che è riuscita nell’impresa di steccare la qualificazione ai Mondiali di Qatar 2022 dopo aver vinto gli Europei. Una crisi qualitativa, se si guarda a quanto mettono in campo inglesi e spagnole nelle semifinali di Champions League e a quanto mettono in campo le nostre migliori squadre in giro per il continente. Una crisi che, ovviamente è anche economica: sponsor in calo, tifosi in fuga, pochi investimenti.
Serve un modello di riferimento per ripartire e il calcio ha in casa un esempio virtuoso: gli eSports e la loro crescita. Stando ai dati pubblicati da IIDEA, Italian Interactive Digital Entertainment Association, i ricavi a livello mondiale del settore dei giochi elettronici sono stati di 947 milioni di euro nel 2020 e di oltre 1 miliardo nel 2021. Introiti che arrivano tanto da competizioni, tornei e sponsorizzazioni ma anche da diritti media, merchandising, biglietti e tanto altro.
Un successo, spiegano da Gaming Report, che è anche italiano: ogni giorno sono infatti 475 mila gli appassionati che seguono eventi sportivi digitali, mentre a livello settimanale si arriva a 1 milione e 620 mila, per una crescita del 15% rispetto al 2020.
A segnalare lo stato di forma degli eSports è anche una nuova ricerca di YouGov, presentata durante la Fiera di Rimini e gli Esports Business Days e resa nota da La Gazzetta dello Sport. A livello mondiale, sembrerebbe, gli adolescenti preferiscono i giochi elettronici al calcio. Il sorpasso è già avvenuto in paesi come Cina, Filippine e Turchia e sta per avvenire in Indonesia e in Sudafrica ma soprattutto in Brasile, patria di Pelè, Ronaldo, Ronaldinho e tantissimi altri fenomeni del calcio giocato. Diversa invece la prospettiva europea: solo il 2% è appassionato ai giochi elettronici nel Regno Unito fino al massimo del 6% della Polonia. In mezzo, al 4%, ci siamo noi, in compagnia di paesi come gli Stati Uniti e la Bulgaria, l’Austria e la Svizzera, l’Irlanda, la Spagna e il Canada.
Il calcio, per ripartire, deve guardare qui. Perché innanzitutto non può permettersi che i giochi elettronici vadano a sottrargli professionisti e appassionati. E poi perché da un modello di crescita si può sempre rubare qualcosa di buono.