Ieri alle 17 mancava l’ufficialità della caduta in B del Genoa. L’illusione faceva passare la vita del Genoa in questa stagione come la salsa fa passare il pesce.
Alle 23 sempre di ieri è arrivata la fine della corsa, il Genoa retrocesso in Serie B nel campionato più scarso del nuovo millennio, dove una salvezza è garantita con 33 punti ad una giornata dal termine.
Sulla partita Napoli-Genoa solo poche righe perché più forte è stato il dispetto che vi sarebbe da mettersi a piangere. È tanto più cocente quanto più ingenue erano state le speranze nella partita decisiva della stagione e dopo tutti gli errori commessi dal primo giorno di ritiro di Neustift, dove non c’era squadra, fino al 30’ del primo tempo al gol di Osimhen. Non essendo Paganini frasi scritte e riscritte negli ultimi anni.
Niente. Sperare con il Genoa di mezzo è sempre pazzesco ancor più che ingenuo visto l’amore della sua tifoseria verso la squadra riversato su tutti i campi d’Italia.
La partita nei primi 25’ di gioco ha alimentato la voglia di serie A non solo ai 1300 nel settore ospite al Maradona, ma anche davanti alle televisioni. Il Genoa di Blessin lottava a dispetto di una salvezza che appariva lontana. Lo spirito era quello giusto. L’aggressione del Vecchio Balordo impediva agli avversari di palleggiare giocando in modo intenso e meglio per una metà abbondante della prima frazione di gioco, grazie ai raddoppi e alla pressione coraggiosa.
Dopodiché, dal solito gol mancato da Portanova, ecco il gol napoletano con errore di scalatura nella marcatura di Osimhen. Quello sarebbe stato il minore dei guai avendo il tempo per recuperare se non fosse accaduto il guaio muscolare di Badelj intorno al 35′ di gioco. Senza play diventa difficile guidare sia gli spazi che il pallone. Quando la diga di centrocampo rossoblu a quarti è franata sono stati dolori ed il problema è diventato generale per l’equilibrio della squadra, con le linee che stentano a rimanere compatte.
Meglio precisare che si fa il commento da cronista e non si vedono gli allenamenti prima di fare una domanda: perché al posto del regista croato non è subentrato Rovella, un play per un play? Senza togliere nulla a chi è subentrato, più abile in un’altra posizione del campo come visto contro la Juventus la settimana precedente.
Da quel momento il Napoli ha preso non solo il cuore del gioco con Fabian Ruiz ma tutto il campo. Finendo il Genoa di lotta molti duelli a centrocampo per i rossoblù sono andati nello spogliatoio anticipatamente e le ripartenze viste in precedenza fuori dal gioco.
La ripresa è iniziata esattamente come il primo tempo, ovvero con il Genoa in pressione convinta e il Napoli in difficoltà a costruire azioni pericolose, ma un altro rigore in movimento sbagliato da Portanova ha messo il sale ulteriormente sulle ali del Grifone.
Dopodiché è arrivato il secondo gol napoletano su calcio di rigore per una giocata da pallavolo di Hernani. Batte insigne, prende il palo, fermi i giocatori del Genoa e Di Lorenzo sulla respinta del palo segna il gol. Tutto fermo e non chiarito. Di Lorenzo era in fuorigioco? No, si riprende con altro tiro dagli undici metri di Insigne, senza capire il perché. Se fosse entrato prima in area Di Lorenzo era calcio di punizione indiretto, anche se avesse fatto gol Insigne, se dentro l’area fosse entrato un difensore del Genoa il calcio di rigore bisognava ripeterlo. Quello che è successo nessuna immagine anche rallentata lo ha certificato.
Blessin a seguire ha provato altre soluzioni non per far gol, ma per tirare almeno in porta: soluzioni non riuscite. Per finire “Comunue e Ovunque” è stato protagonista con la sua coreografia che ha annichilito quella dell’uscita di Insigne dal Napoli. “Come sempre in Serie A o Serie B, il Grifone è sempre qui“. Peccato che i tifosi napoletani, cambiano i tempi, sul 3 a 0, hanno gridato in coro “Serie B”, scocciati dal meraviglioso tifo della Nord al Maradona.
Alla fine hanno parlato Zangrillo e Criscito veramente amareggiati. Dure le parole del Presidente e di Criscito che penserà giorno e notte al rigore mancato nel Derby. È successo a tutti i più grandi campioni e la retrocessione del Genoa arriva da lontano, ma questo momento avrebbe dato solamente un pizzico di speranza in più e non la salvezza matematica a 90’ dalla fine della Samp senza neppure giocare.
Le parole del Presidente Zangrillo addolorato e crucciato sono state chiare come quelle pronunciate da Blazquez due settimane fa: “Dobbiamo dare risposte ai tifosi il vero valore del Genoa. Da domani bisogna ammettere i nostri errori da parte di tutti. Quando una squadra non segna e non vince merita la Serie B. Abbiamo un progetto che ho condiviso a novembre 2021 con Josh Wander. A quello io mi richiamo“.
Manzoni afferma che le parole fanno un effetto in bocca e un altro nelle orecchie. Quelle di Zangrillo sono state dette con il cuore da genoano e non saranno la moneta spicciola del pensiero. E qui finisce il commento , fin troppo breve sulla retrocessione del Genoa.
Da cronista sportivo c’è poca voglia dopo una gara come quella dello Stadio Maradona fare vogliuzze moralistiche. Così stavano le cose, così stanno. Il fine del gioco è il gol che significa obiettivo o meta ed è stato quasi impossibile da raggiungere in ogni gara giocata dal Genoa.
La lotta con il Napoli continua. La Primavera di Chiappino dovrà giocarsi un playout con gare di andata e ritorno.
Per fare analisi sul passato e a seguire sul futuro, non da tromboni sfiatati, ci sarà il tempo nei prossimi giorni senza gli amabili intercalari di “ma, se, forse, per altro, vedremo“.