di Lino Marmorato – Alessio Semino
Dopo sei giornate di campionato, alla prima sosta della Serie B, il bilancio del Genoa è in attivo. I dati statistici raccontano la positività della squadra allenata da Blessin, che le occasioni le ha sempre create e, semmai, le ha spesso gettate alle ortiche.
Nessuna squadra di quelle incontrate ha voluto giocarsi davvero la partita, in particolare al Ferraris, ad eccezione del solo Parma e per soli 20′ del primo tempo. Ma tutte, nel bene o nel male, hanno avuto sinora un solo obiettivo: non far giocare il Genoa. E poi, a voler essere proprio precisi, c’è un errore non dell’arbitro, bensì del VAR in Genoa-Benevento: un errore che, ad oggi, non sta permettendo al Genoa di essere alle spalle delle squadre capoliste con 13 punti.
Fare sempre la partita in casa e fuori casa ha avuto solamente il difetto dei gol facili non realizzati e di quelli incassati. Di questi, almeno tre sono stati omaggi di errori individuali e collettivi (e di un pizzico di sfortuna, soprattutto nella sfida col Parma).
Per fare questa analisi, senza avere un partito preso nei confronti del tecnico, siamo partiti da un fatto: l’impressione per chi guarda le partite dal campo e per chi invece le guarda dal vivo è che in tv (o in mezzi moderni ancor più piccoli) la percezione sia un po’ differente.
Ma l’identikit del Vecchio Balordo nelle sei gare giocate non si può dire non sia stato chiaro: ha saputo come ottenerlo, in particolare quando si sono lette bene a tutto campo le fasi di gioco. Si è saputo anche soffrire, pur conducendo per larghi tratti alcune partite. Ma in campo, mai dimenticarselo, qualità superiore o inferiore, ci sono anche gli avversari.
Si è visto che quando si ritira o rincula il Grifone fa fatica anche se quelli in difesa provano a serrare bene le linee senza far muro, soffrendo e cercando di giocare di rimessa con rapidi azioni per fare gol. Peccato che ci siano stati troppi errori non solo nelle conclusioni e nei molti passaggi sbagliati, altrimenti alcune partite sarebbero state chiuse molto prima. E Blessin mostra di esserne consapevole quando, a specifica domanda della nostra redazione sui troppi errori sotto porta, risponde di “lavorare sui dettagli“. Basta rileggere la conferenza post-partita contro il Modena.
In campo largo, oltre alla difesa che gioca alta e il portiere Martinez che fa il libero aggiuntivo fuori dall’area mostrando coi piedi buonissime doti (con qualche rischio di troppo per vie centrali), sono stati sprecati troppi palloni nel palleggio e nelle ripartenze e poco utilizzati sono stati il cambio campo e il dribbling per creare superiorità. Paradossalmente, chi ha fatto più cambi campo sin qui è stato proprio Martinez.
In difesa i rossoblu sono migliorati anche nei corpo a corpo nell’area di rigore. Peccato per le disattenzioni sui palloni inattivi e sui corner specialmente: al Ferraris sono costati già un gol e due punti (senza contare Glik in Coppa Italia). Brera diceva: “tutti sono calciatori quando si gioca con i piedi, non molti sono giocatori se non usano il cervello applicato ai piedi”.
Tornando a Blessin, l’idea è che sia stato spesso giudicato dimenticandosi che appartiene alla nuova generazione di allenatori tedeschi. Chiamiamoli laptop trainer, quelli cresciuti sul computer. Una definizione passata rispetto ad una decina di anni fa, però ha creato risultati sui campi di tutta Europa, mettendo in campo innovazione, brillantezza e soprattutto dinamismo nei calciatori schierati.
Per dinamismo non si intende fisicità: si intendono quei calciatori dinamici in campo e pronti a star bene sulle gambe anche se non per tutti i 100’ di partita. Si intendono quei giocatori pronti a fare strappi in velocità e saltare l’avversario, anche se con meno tecnica, supportati dalla forza muscolare. La prova? Basta guardare le competizioni europee dove il dinamismo è padrone del campo.
Non a caso Blessin nelle gare giocate fino alla sosta ha messo in campo sempre Frendrup, Portanova o Jagiello con tanto di critica, addirittura gli ultimi due cambiandoli intorno al 70′ perché perdevano proprio quell’aspetto del dinamismo.
Le squadre in Europa, specialmente in Premier, ne hanno tanto. Certo, non in tutta la squadra perché la differenza poi viene fatta dalla qualità. E qui c’è il punto chiave: quello che dovranno cercare di fare Blessin e il suo staff nel futuro è ribadire che la qualità in B conta, ma comprendere a fondo che la dinamicità vista in tutte le squadre affrontate dal Genoa potrebbe annullarla.
Prima di fare formazioni e moduli, bisogna calcolare quanti sono i calciatori in rosa che hanno dinamismo. La qualità c’è, dovrà fare la differenza assieme alle cinque sostituzioni che possono realmente essere l’arma in più.
Il primo problema di Blessin e il suo staff sarà capire perché il Genoa produce azioni ma raccatta troppo poco nelle aree avversarie. I già citati “dettagli”. Dal primo ottobre ci si attende un attacco che faccia paura e non giri più a vuoto.
Prossimamente al Grifone servirà anche trovare ampiezza con le fluidificazioni dei terzini. Con la solidità della difesa si costruisce un gioco efficace, ma se è vero che la rosa del Genoa, sulla carta, a livello tecnico è superiore (e questo divario potrà emergere solo in certe condizioni), lo è altrettanto che per far gol conta solo chi tira.
Prossimamente il Genoa, allora, non dovrà sprecare palloni buttandoli in avanti senza costrutto. È chiaro che alla ripresa occorrerà assumere contorni più puliti e precisi, ma non si parte da una base zero. Non si parte dal “partito preso”. La squadra di Blessin ha qua e là brillato (i 14 passaggi che portano al gol contro il Modena, dal recupero di Frendrup al tiro di Jagiello, non sono frutto del caso) e brillerà ancora quando chi gioca dietro le punte e a centrocampo non sbaglierà transizioni facili. Con loro diventeranno ancor più decisivi quelli pronti a farsi vedere smarcati nello spazio luce.
La Serie B è stata vista non solo da Blessin e il suo staff, ma anche da tutti i tifosi del Vecchio Balordo. È dura, è difficile perché tutti gli avversari cercano il risultato come quando in Serie A giocano con le sette sorelle. Oltretutto in B c’è una voglia matta di mettersi in mostra, essendo spesso sconosciuti o alle prime armi, e la voglia di fare un partitone contro il Genoa aiuta negli ingaggi futuri.
Importante per il Genoa non fare inutili errori altrimenti i risultati faranno fatica ad arrivare, ma i Grifoni lo dovrebbero aver capito. Per adesso ci sono certezze importanti: dal primo di ottobre occorre aumentarle.
In pochi hanno fatto i complimenti a Blessin, staff, Ottolini, Blasquez e Spors in campo domenica scorsa al Ferraris per come hanno gestito il post Palermo tra musi lunghi, critiche e delusioni. In modo pratico hanno dato fiducia a Blessin e lo hanno confermato, poi si è cambiato il sistema di gioco (in un cambio neppure così marcato) e si sono coinvolti con logica molti calciatori.
Ma tutto è passato con l’eco dei mugugni che non si è placato neanche dopo la vittoria con il Modena, in particolare tra social e TV. Il dibattito sul futuro del Vecchio Balordo è giusto, lo è altrettanto quello su Blessin, ma sembra che ci sia la solita regia occulta a dirigere il gioco.
Nessun ha l’anello al naso e se qualcosa non funzionerà, tranquillamente la società prenderà provvedimenti. Non bisogna dimenticarsi che nel Genoa non c’è più solo un presidente, ma c’è una holding e sono in parecchi: prima di decidere devono fare i loro conti.
Per qualcuno il bilancio alla prima sosta è negativo perché ammaliati dalla parola “corazzata”, coniata più dagli addetti ai lavori che non dal Genoa, e dalla nomea di Coda capocannoniere certificata dai numeri. Numeri che, guardando alla storia di Coda, si sono accresciuti di giornata in giornata quasi sempre a partire dal settimo, ottavo turno. In futuro si faranno altre analisi, senza nascondere la verità come sempre fatto da parte nostra. Per adesso il bilancio ha visto lasciare qualcosa per strada, ma ci sentiamo di dire che è positivo.
L’unica cosa che chiediamo, a Blessin in particolare più che alla società, è che si faccia vedere almeno qualche allenamento agli addetti ai lavori, anche solo uno a porte aperte alla settimana. Una prova del lavoro fatto e delle future scelte fatte prima di una gara: siamo convinti che farebbe cadere tanti castelli in aria e lascerebbe la parola al campo.