Il Genoa in questo momento sta zoppicando e non preoccupa, ma quantomeno fa capolino lo spettro che la Gazzetta dello Sport ha proposto qualche giorno fa. Dopo aver definito Genoa, Cagliari e Venezia tre corazzate, sabato scorso ha fatto un ricorso alla storia affermando, tramite un’allenatore (Aglietti), un direttore sportivo (Zamuner) e un calciatore (Ragusa), che dal 2019 nessuna squadra retrocessa è riuscita a centrare l’obiettivo serie A al primo tentativo.
Parlando di Genoa, compreso lo scrittore del pezzo, Nicola Binda, firma della Serie B per la rosea, non ha tenuto conto di alcune affermazioni degli intervistati in un precedente articolo, per aver visto giocare tre volte il Genoa nelle sole due sconfitte di Palermo e Reggio Calabria e nella Vittoria di Pisa. Affermazioni come “livello molto più alto risali solo con la fame” oppure “la discesa in B è una cosa che pesa e la frustrazione cresce se le cose all’inizio non funzionano bene” o ancora “le società non si possono permettere gli stessi ingaggi, devono fare un mercato di alleggerimento e cercare gente di categoria“.
Ora, queste considerazioni non sembrano vestire il campionato del Vecchio Balordo dopo 13 giornate di campionato. La fame c’è sempre stata, altrimenti non vinci cinque gare in trasferta. Oltretutto le cose fino a due settimane fa sono funzionate quasi bene, mancando solo i gol, e la società rossoblu non ha certo fatto un mercato di sgravio, anzi ha preso il meglio della categoria davanti e nel mezzo una figura di caratura europea.
Adesso tocca a Blessin, messo in croce in queste due settimane di sosta, correggere il suo Genoa. Dal 27 novembre prossimo al 26 dicembre avrà sei gare prima della sosta invernale utili a riportare il Grifone in alto, anche se adesso non è in fondo alla classifica visto che è terzo in classifica. Per Blessin tutto potrebbe giocarsi in 10 giorni, dalla gara con il Perugia a quelle successive casalinghe del 4 e 8 dicembre(turno infrasettimanale) in casa con Cittadella e Südtirol.
Lunedì 14 novembre, dopo il pareggio casalingo con il Como, sarebbe stata la giornata dei grandi chiarimenti con il tecnico in particolare, ma anche con qualche elemento della squadra, soprattutto quelli che avranno fatto capire che la squadra crede nell’allenatore anche se avrà bisogno presto di ritrovare quella fiducia che è data dal vedere che le cose funzionano in base al lavoro fatto.
Blessin non si imprigionerà con testardaggine, restando fedele a certe idee che potrebbero essere incompatibili con il materiale a disposizione in questo momento, visti anche gli infortuni. Il dogma di Blessin non è sembrato intoccabile visto che anche in corso di ogni gara ha variato, fino a prova contraria. Adesso è arrivato il momento di proporre qualcosa di diverso dall’inizio e dopo eventualmente cambiare.
Le domande sono cinque da proporre al tecnico tedesco. La prima è se si vedrà qualche modifica tattica già a Perugia. Non è da escludere, tanto più se potrà riavere a disposizione Ilsanker e Sturaro anche solo un tempo di gara. Blessin non rinuncerà alle tre punte, potrebbe farlo in difesa e a centrocampo con una linea più rigida a tre e con due esterni, quelli a disposizione poco propensi a difendere, ma pronti a giocare più alti e andare al cross dal fondo e non dalla trequarti.
La seconda domanda è se nelle ultime gare il nodo sia stato la difesa o la fase difensiva. La domanda è oratoria: non c’è modulo difensivo che non sia penalizzato o esaltato dalla partecipazione di tutti alla fase di non possesso pallone. In particolare, se la contingenza porta a soffrire i due centrali di centrocampo come successo a Reggio Calabria è anche perché sulle corsie laterali manca contributo dei due esterni, più bravi ad attaccare che a difendere. Lo si è visto anche contro il Como centralmente nel primo tempo senza il mediano ruba palloni o interditore. La mancanza di Pajac, anche se fino all’incidente non aveva carburato, si fa sentire in una difesa a quattro ma anche a tre.
La terza domanda è perché in attacco non c’è stato il decollo. Colpa della strategia, consapevoli che il numero del modulo nel calcio conta come il due di picche quando il seme è a cuori, oppure del lavoro sfiancante dei tre dietro a Coda che arrivano non lucidi dentro le aree avversarie? I gol realizzati dal Genoa non sono apparsi figli di soluzioni studiate, ma neanche di totali improvvisazioni come quello di Terni con due attaccanti e un altro calciatore dietro di loro. Con Aramu e Gudmundsson attaccanti esterni le cose potrebbero cambiare? E con Coda a gestire l’area di rigore con meno ingombro di avversari davanti al proprio portiere?
La quarta domanda è se c’è un problema di giocatori fuori ruolo. O meglio, più che fuori ruolo adattati al ruolo. Aramu e Gudmundsson istintivamente sono portati ad accentrarsi e assieme a Coda fanno fatica ad andare in porta tramite triangoli. Esterni di piede destro che giocano a sinistra?
La quinta e ultima domanda sarebbe quanto saranno decisive le prossime tre gare per Blessin. Sulla testa del tecnico tedesco non pende la spada di Damocle dell’insofferenza della società già a Perugia, ma semmai quella del suo livello di attenzione molto alto. Se le cose andassero male, i 777 rifiuterebbero altre gare ad handicap. Tutti i riflettori e i radar sono accesi se dovesse essere all’ordine delle gare un altro stato di impasse preoccupante perché anche se il tempo è ancora lungo, l’esame della situazione scatterebbe più profondo di quello fatto la scorsa settimana.
Blessin e lo staff avranno fatto già fatto una riflessione annusando l’aria che gira intorno al Vecchio Balordo fuori da Pegli dopo un terzo di campionato. Si tirano già le somme sul gioco, sui gol mancati e quelli subiti, sui calci di punizione dal limite mancanti e neanche un gol, il tutto non tenendo conto della classifica.
Il tempo a disposizione di Blessin per lavorare qualitativamente non è stato ideale non solo per la stratega tattica, ma anche perché la qualità a disposizione ancora non si è vista nei giocatori reclamizzati, e il tempo non è stato poi così poco. Per di più al Genoa di tempo non ce n’è mai troppo. Blessin da uomo intelligente ha capito, da dentro e da fuori, che forse un cambiamento tattico ci sta. Anzi, ci vuole.