La partita del Vecchio Balordo dopo le 36 ore passate dal fischio finale di Perugia è quasi diventata secondaria visto e considerato quello che è successo, profilando uno scenario dove tutti sono bene informati, da fonti diverse dentro e fuori da Pegli, con la società presente al Pio Signorini che non comunica sulla situazione dell’allenatore. In un mese è mutato il quadro della situazione.
Ad ora capire chi siederà sulla panchina del Genoa nell’allenamento di domani mattina – oggi sono in festa – è difficile da capire, al di là delle sicurezze di qualcuno. Il Genoa ha cercato la felicità dopo il passaggio di proprietà, quando vi era un’unica persona che decideva, ma nel bene o nel male decideva. Adesso sembra tutto diventato più difficile e la felicità non sembra esserci più. Non solamente sul prato verde. Al Genoa oggi sembra di essere in un partito politico dove ci sono troppe correnti, e allora c’è qualcuno fuori arrabbiato che non riesce ad ottenere vantaggi dai 777 e qualcun altro che continua il viaggio del passato.
E c’è un paradosso in tutto questo scenario: al Genoa sta succedendo, penso per la prima volta della sua storia, che un allenatore venga difeso, anche se da una piccola parte delle già citate correnti. Anche per questo motivo, ricordandosi di quanto sta accadendo in questi giorni, chiunque sarà sulla panchina del Genoa da domani in avanti dovrà coltivare un solo obiettivo, non solo quello dei risultati, ma anche quello di ritrovare la mentalità vincente. I campionati si vincono con la sintonia e i legami di tutte le componenti, dentro e fuori dal campo.
L’orgoglio della squadra dovrà emergere, tutti dovranno farsi un esame di coscienza per quello che hanno fatto vedere sul terreno di gioco, giustamente criticato da Blessin, e prendere posizione comunicando all’esterno perché le cose non hanno funzionato nelle ultime tre gare. C’è un motivo tattico? C’erano giocatori fuori ruolo? Al di là degli infortuni, c’era poca o nessuna sintonia con il tecnico? Oppure, magari, si è parlato per largo tempo di un Genoa “corazzata” che aveva due squadre, ma forse non è realmente così e a gennaio bisognerà nuovamente intervenire, per esempio per colmare la difesa di un mancino e non mettere alla berlina Dragusin e Vogliacco nell’uscire palla al piede?
Si tratta di domande e dinamiche che, in un modo o nell’altro, entrano nella testa dello spogliatoio. Anche per questo, oltre le valutazioni sul tecnico, i giocatori devono cambiare atteggiamento, ritrovando subito l’autostima nei propri mezzi, perché non trovarla nel campionato di Serie B porta complicazioni. Tocca anche ai giocatori comunicare con l’allenatore non perdendosi nelle diatribe del numero di modulo, del sistema di gioco e delle loro applicazioni discutendo se vanno o non vanno.
In una squadra il fondamento tattico e l’organizzazione, questa è la discriminante basilare. E quanto più una squadra dimostra di essere organizzata – e cioè di capire le stesse cose nella stessa situazione – tanto più ha la possibilità di conseguire l’obiettivo del risultato nelle due fasi di gioco. Se tutto questo non c’è, e nell’attuale Genoa non c’è, si dovrà fare in modo che vi sia in futuro, specialmente da parte dei calciatori e con qualsiasi allenatore che siederà domani sulla panchina del Vecchio Balordo.
Se i calciatori dovranno capire questa situazione, l’allenatore non dovrà mai dimenticarsi che i veri protagonisti della gara stessa sono i giocatori, sono essi che vivono la situazione, la interpretano e la decidono. Anche per questo l’atteggiamento sul campo dei calciatori del Genoa, diventato una costante in queste ultime 3/4 giornate di campionato, può portare complicazioni diverse se non si ricaleranno alla svelta nel clima da Serie B che i propri tifosi hanno trovato cercando l’autostima con tanti sforzi e sacrifici economici tanto in casa quanto in trasferta. Poi va a finire che di fronte a queste prestazioni da calata di braghe, come quella di Perugia, reagisca di conseguenza sentendosi ridicolizzato…