Giorgio Perinetti, attuale direttore sportivo del Brescia che rincorre la salvezza in queste ultime due giornate di Serie B, è stato fra i primi dirigenti del calcio italiano a puntare su Alberto Gilardino e credere nelle sue potenzialità da allenatore. E proprio lui ce lo ha raccontato, dall’avventura al Siena all’arrivo al Genoa.
Lei è una di quelle persone che ha visto allenare Gilardino nella scorsa stagione, quando era in Serie C. Ce lo racconta?
“Ho lavorato con Gilardino nella scorsa stagione, mentre in quella precedente era allenatore al Siena in Serie D. Ho lavorato con lui in una stagione travagliata, visto che il Siena cambia proprietà ogni sei mesi e non è facile orientarsi e per nessuno lavorare. L’anno scorso il Siena mi aveva chiamato per il rilancio, quando la proprietà era armena. Gilardino aveva già un contratto: ho voluto conoscerlo, ho parlato con lui in una cena a Firenze. Ci siamo scambiati idee e l’ho trovato un ragazzo volenteroso, tanto umile, con voglia di fare e di tradurre in positivo l’esperienza dell’anno precedente, abbastanza tumultuosa. Siamo partiti facendo la squadra per la Serie D, ma la società ha ottenuto il ripescaggio e il 9 agosto ci hanno detto che avremmo fatto la Serie C. Abbiamo dovuto rivoluzionare in venti giorni la squadra e per Gilardino non è stato facile poter assemblare la squadra in così poco tempo”.
Pur in questo marasma, lei aveva intravisto le qualità di Gilardino. E infatti lo ha consigliato al Genoa
“A Siena non ha avuto un’esperienza fortunata. A gennaio infatti erano tornati i russi ed erano andati via gli armeni. La società non aveva pace. Trovare e costruire la squadra non era facile, ma lui ci aveva sempre messo impegno, umiltà e voglia di migliorare. Quando Taldo (direttore sportivo del Genoa Primavera, ndr) mi chiese cosa ne pensassi di lui per la Primavera del Genoa, gli dissi che sarebbe andato sul sicuro perché aveva tanta voglia di migliorare, le qualità per fare bene. E ugualmente dissi che allo stesso Gilardino fare esperienza con una Primavera sarebbe tornato molto, molto utile”.
Si aspettava che dopo cinque mesi avrebbe riportato il Genoa in Serie A?
“Pubblicamente ho detto già dall’estate scorsa che il Genoa sarebbe andato in Serie A. La gestione Blessin ha zavorrato il Genoa: come allenatore non mi ha mai convinto. L’avvento di Gilardino ha invece riportato normalità e coesione nel gruppo: è stato bravo a fare cose semplici, ma fatte bene, e la squadra ha subito sposato la sua causa. Si è stretta con l’allenatore ed è diventata squadra, nel vero senso della parola, trovando continuità, un’ottima solidità difensiva e quel gol che davanti qualcuno riusciva sempre a trovare. In altre parole, la migliore formula per vincere la Serie B. Ma non avevo dubbi su questo…”.
L’unico dubbio che poteva esserci era entrare nello spogliatoio del Genoa dopo la disavventura della retrocessione. Ma lui è entrato e, secondo me, ha fatto la cosa più giusta che dovrebbe sempre fare un tecnico: parlare coi giocatori, confrontarsi con loro. E infatti è stato amato da tutta la rosa…
“E questa empatia si notava. La squadra lo ha aiutato, si è messa a disposizione con giocatori che hanno tantissimi anni di carriera alle spalle. È diventato più facile poter sviluppare i concetti e dominare questo campionato, come è accaduto dall’avvento di Gilardino”.
Due Campioni del Mondo che salgono in Serie A: Grosso, che ha avuto la squadra a disposizione due anni, e Gilardino, che ha ottenuto la promozione in soli cinque mesi. Quel Mondiale 2006 quanto può avere insegnato a tutti questi allenatori?
“Aspettiamo anche i trionfi di De Rossi, che ha avuto un’avventura non fortunata ma ha le qualità per fare benissimo. E poi dello stesso Cannavaro. Sono tutti ragazzi che hanno fatto esperienze importanti da calciatori e possono sicuramente far bene il mestiere da allenatori. All’epoca avevano un esempio di gestione della squadra come Marcello Lippi e possono prenderlo come riferimento per gestire le loro squadre. Servirà loro da insegnamento”.
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