Al termine della stagione del Genoa Women, che ha centrato la salvezza e la permanenza in Serie B Femminile, abbiamo avuto la possibilità di intervistare Caterina Bargi, capocannoniera del campionato con 19 reti (e sole tre su rigore), e la capitana Giada Abate, infortunata da qualche mese ma proiettata sulla via del recupero.
Parto un attimo da Giada Abate. La domanda principale è come stai? Come procede il percorso di recupero?
“Io sto bene, sto affrontando questo percorso a testa alta. I primi mesi sono i più difficili ma ho dietro le mie compagne che mi sostengono ogni giorno. Faccio fisioterapia tutti i giorni, magari a volte posso avere dei crolli ma non mollo, pensando al giorno che rimetterò piede in campo. È quella la forza che ogni giorno mi spinge lungo questo percorso, che è lungo ma passerà al più presto“.
Veniamo a Caterina Bargi. In termini di gol sei stata la trascinatrice del Genoa Women verso la salvezza: quanto è grande la gioia per questo traguardo raggiunto?
“Sembra scontato e lo dico sempre: vestire e segnare per questa maglia ha un altro sapore. Aver contribuito alla salvezza del Genoa mi rende orgogliosa e felice, l’obiettivo era quello. Aver contribuito ed aver aiutato la squadra tramite i gol, perché comunque l’attaccante cerca sempre di segnare, mi rende orgogliosa. È uno stimolo per dare sempre di più e per dare il mio contributo ad una maglia così importante come quella del Genoa“.
Una domanda che rivolgiamo a entrambe: adesso che è finita la stagione, un vostro bilancio su questa prima volta del Genoa in Serie B Femminile? Che livello di campionato avete trovato?
Abate: “È stato un bel salto e quando abbiamo saputo la notizia siamo state un po’ impreparate e avevamo un mix di emozione tra felicità, perché è una grande categoria, e un po’ di paura. Abbiamo trovato un po’ di distacco, soprattutto inizialmente, dovevamo prendere misura con le altre squadre, sia tecnico che di esperienza, perchè poche di noi hanno militato in questa categoria. Abbiamo fatto un grande salto, ma poi abbiamo trovato la nostra quadra e ci siamo meritate di restare in questa categoria, sudandola“.
Bargi: “Concordo e aggiungo che è stato un anno concluso in bellezza, anche se non è stato facile e abbiamo avuto momenti difficili che hanno reso il gruppo unito, perché quando le cose andavano male era l’unione che ha permesso di raggiungere quei risultati che hanno permesso di raggiungere quegli obiettivi importanti che noi ci eravamo prefissate da inizio anno. Abbiamo raggiunto questo obiettivo e abbiamo ripagato la società del regalo che ci hanno fatto ad inizio anno, lo meritavano ma lo meritavamo anche noi, che abbiamo dimostrato di poter stare in questa categoria affrontando un campionato molto difficile, perché la Seria A e la Serie B da anni hanno alzato il livello e noi siamo pronte ora“.
Cosa vi ha portato in più l’arrivo di mister Filippini?
Bargi: “Beh sicuramente la sua esperienza, lui è stato un calciatore e sa benissimo cosa vuol dire affrontare momenti difficili e l’unione di squadra. Le sue caratteristiche da calciatore erano quelle di non mollare mai e di aiutare la squadra e quindi ci ha trasmesso questo: unione e consapevolezza dei propri mezzi. Sempre con quell’allegria, spavalderia e tranquillità nei momenti difficili. Il suo contributo è stato fondamentale, ma anche quello dello staff intorno a lui. La nostra forza è stata quella di stare uniti come squadra e come staff. La salvezza è stato un obiettivo raggiunto dal magazziniere, alla ragazza che ha giocato meno, quella che ha giocato di più, il fisioterapista a tutti. Quindi l’ambiente sereno ha portato questo risultato“.
Abate: “Sono assolutamente d’accordo. Abbiamo trovato volti nuovi dal magazziniere al mister, però abbiamo avuto un ambiente molto sereno. Ci siamo sentite un tutt’uno e abbiamo tirato fuori la forza che in primis ci ha trasmesso il mister, ma appunto tutto lo staff, e siamo riusciti a giocarci un bel periodo, dove non abbiamo avuto risultati negativi. Avere un mister nuovo e uno staff nuovo ha dato stimoli a tutte. Stimolo, serenità ed energia è ciò che ci ha trasmesso il mister“.
Per Caterina Bargi: sul fronte offensivo ti sei sacrificata tantissimo quest’anno, giocando spesso da seconda punta o anche esterno. Ci racconti un po’ delle richieste tattiche che ti sono state fatte in stagione e che ti hanno visto, ribadisco, diventare la trascinatrice. Con tanto di coro “Bargi, Bargi, Bargi gol papapapapa!”
“È stato sicuramente una cosa nuova, io parto da punta centrale e difficilmente ho fatto un ruolo diverso da quello. La richiesta del mister, dopo la seconda partita, di andare un po’ più sull’esterno all’inizio mi ha lasciato un attimo titubante, perché sono caratteristiche diverse e giochi in un altro tipo di spazio nel campo. Per me l’obiettivo era dare il mio contributo e dare una mano. Qualsiasi ruolo dovessi fare lo faccio. Non dico che farei il terzino, perché non ho proprio le caratteristiche (ride, ndr). Avevamo tutti l’obiettivo di arrivare a questa salvezza e sinceramente chissenefrega di dove gioco, l’importante era portare a casa il risultato e dare il tuo contributo, poter segnare. Mi sono alternato tra il centrale e l’esterno a seconda delle necessità del mister e di chi incontravamo, perché noi studiavamo molto l’avversario. E a seconda di questo lui faceva le scelte e metteva la formazione in modo molto dettagliato. Quindi è solo mettersi a disposizione e sono contenta di esser stata utile“.
Ho un’immagine nella testa ed è la vostra Responsabile dell’Area Tecnica, Marta Carissimi, lanciata in aria da tutte voi al termine della gara decisiva di San Marino. Anche il suo arrivo vi ha dato una spinta decisiva per raggiungere l’obiettivo stagionale
Abate: “Noi avevamo già una buona base, ma l’arrivo di Marta è stata la svolta totale del Genoa, non sono per quest’anno. Lei ci ha dato delle cose che possono sembrare piccoli dettagli ma, come dice lei, anche questi fanno la differenza. Dalla cosa più tecnica ad un aiuto morale, ad imparare certe dinamiche solo con lei e anche nei momenti più duri dove magari non eravamo abituati e io sono qua da dieci anni e lo so. E’ stata la svolta e abbiamo trovato una grande unione nei suoi confronti e infatti lei è parte totale della squadra e dello staff, siamo davvero un tutt’uno. Credo che lei sia stata la svolta“.
Bargi: “Se tu mi dovessi chiedere qual è stato l’elemento fondamentale di questa salvezza io ti direi Marta Carissimi. Poi ci puoi mettere dentro qualsiasi cosa, come il mister, le ragazze arrivate e dicembre e l’unione della squadra. Ma questo è stato permesso da Marta, che ha dato la svolta a questa squadra e ha portato professionalità, una mentalità vincente e consapevolezza nei mezzi, nonostante noi affrontassimo un periodo difficile. Lei è arrivata che noi avevamo 7 punti ed è entrata in punta di piedi, ma è stato l’elemento fondamentale di questo Genoa. E’ giusto farle le lodi, perché è stata fondamentale“.
Abate: “Aggiungo anche che in ogni periodo brutto lei non ci ha mai buttato giù. Ha sempre detto di guardare avanti e alla prossima partita. Non ci ha mai mollate e non ha mai trasmesso negatività“
Per adesso il professionismo è limitato solo alla Serie A Femminile, motivo per cui molte di voi prima del calcio lavorano o studiano. In ogni caso siete un esempio per tanti in termini di sacrificio e forza di volontà. Ci raccontate la vostra giornata prima di andare al campo ad allenarvi?
Bargi: “Quanto tempo hai? (sorride, ndr) Allora, io insegno la mattina educazione fisica in una scuola media. Ho la laurea di Scienze Motorie e ho iniziato da ottobre a questa parte a lavorare con i bambini. Al pomeriggio sono in Under 17 con Luca De Guglielmi e faccio la collaboratrice e faccio parte anche degli Insuperabili, una società di calcio per ragazzi con disabilità sia fisica che psichica. Ho un’azienda di famiglia dove faccio da jolly e sono utilizzata solo come tappabuchi, però è sempre motivo di orgoglio ma anche responsabilità. Poi in primis arriva il ruolo di giocatrice“.
Abate: “Io ho fatto la maturità l’anno scorso ma non ho ancora intrapreso un percorso né di studio né di lavoro, non ero ancora sicura delle mie scelte. Però volevo prendere la patente, ho studiato e studiavo per la patente. Ora mi sono rotta e le giornate sono cambiate: non vengo in campo alle 18, vado ogni giorno alla Casa della Salute a fare fisioterapia e poi cerco sempre di venire qui al campo e stare con loro. E dal prossimo anno inizierò a studiare“.
Al Genoa Women si ragiona step by step, con gradualità. Ma cosa vi aspettate dalla prossima stagione?
Bargi: “La prima cosa è partire con i piedi per terra. Nessuno si sta montando la testa e pensa chissà dove arriviamo. Noi ragioniamo giorno per giorno e noi lavoreremo di conseguenza a ciò che si metterà in testa la società sugli obiettivi. Quest’anno avevamo l’obiettivo della salvezza e abbiamo lavorato per questo. A seconda degli obiettivi della società noi lavoreremo per quelli futuri, pronti a dare tutto per la maglia. Noi risponderemo sul campo a ciò che la società chiederà“.
Abate: “Noi siamo con i piedi per terra, ma consapevoli di quello che siamo, della maglia che indossiamo e dello scudetto che rappresentiamo. Quindi non molleremo un centimetro e lotteremo per l’obiettivo che ci darà la società. Ovviamente il sogno di ognuna di noi, un giorno, è quello di arrivare in Serie A“.
Un’altra cosa da sottolineare è che sono venuti tanti giocatori della prima squadra a vedervi: Dragusin, Gudmundsson, Vogliacco…
Bargi: “Per noi è banale andare a vedere il Genoa a Marassi e non è scontato il contrario, quindi è un bell’esempio per sponsorizzare il movimento femminile“.
Per Giada Abate: sei stata una tra le capitane più giovani del campionato e conosci bene cosa significhi giocare nel Genoa Women. Al di là dell’infortunio, hai avuto un ruolo importante nello spogliatoio
“Appena mi sono rotta il crociato loro sono state le prime a darmi la forza, ma il giorno dopo ero io a dare forza a loro. Mi ricordo la partita con l’Arezzo, che mi hanno dedicato il gol con lo striscione. Ho fatto un discorso alla squadra, quasi in lacrime, dove dicevo che noi ci eravamo promessi questo e lo avremmo raggiunto. Ogni giorno quando potevo ero sempre lì con loro, ogni partita. Scrivevo un messaggio quando non potevo esserci perché comunque indossare la maglia del Genoa, dall’Under 12 alla Serie B da infortunata o da riserva, è sempre una cosa fondamentale. Ho detto loro di giocare e vincere per me, glielo dicevo ogni partita. E loro l’hanno fatto, e hanno raggiunto ciò che ci eravamo prefissate insieme“.
Per Caterina Bargi: che importanza ha per te sia giocare nel Genoa Women sia, fare la collaboratrice tecnica in una delle Under rossoblu, per la precisione l’U17 allenata da mister De Guglielmi?
“L’Under 17 è la mia isola felice, anche nei momenti in cui le cose non andavano bene. E’ stata sempre per me un’isola felice dove poter lavorare. Ho un ambiente felice proprio perché lavoriamo bene, sia a livello di squadra che di staff. Io, Luca e Andrea ci troviamo in sintonia e sono stata molto fortunata. Quando inizia a lavorare con un allenatore non ti conosci, noi sai come ti trovi. Invece io ho avuto questa fortuna, di lavorare con un mister molto bravo a livello tecnico e a livello umano, che da tanto alle ragazze e per me è un bagaglio in più. Cerco di trasmettere le poche qualifiche che posso dare e i pochi consigli che posso dare alle ragazze a livello tecnico, perché comunque il mio bagaglio è inferiore rispetto ai mister che hanno più esperienza. Quello che cerco di trasmettere è cosa significa indossare la maglia del Genoa. E a volte noi abbiamo preso alcuni risultati e ho cercato di fare da motivatrice, perché questa maglia ha un significato importante. Loro hanno la fortuna di poterla indossare già da piccole, io non l’ho avuta, e non bisogna darlo per scontato. Bisogna dare quel qualcosa in più per rappresentare quei colori che sono importanti. Anche venire a vedere le ragazze la domenica, siamo un tutt’uno dall’Under 12 alla prima squadra. Siamo una grande famiglia ed è giusto valorizzare questa maglia“.
Non posso non chiedervi, in chiusura, del capitolo tifosi. Avete creato un movimento di supporter che qui, ad Arenzano, non ha mai perso una gara
Bargi: “Prima di quest’anno da noi venivano parenti, amici e familiari. Quindi vedere da noi da metà anno in poi la gente che fa parte della Gradinata, che si è appassionata al calcio femminile. Erano in quattro o cinque e sono diventati tanti, per noi tanti. Io sono tifosa del Genoa da quando sono nata e so cosa vuol dire essere tifosi del Genoa e al Genoa il tifoso è sempre stato il dodicesimo uomo. Per noi è stato emozionante vedere ragazzi o comunque gente non di amici stretti o famigliari, che vengono a sostenerti o cantare. Dalle poche persone venute anche in trasferta come a Udine o a Roma alla gente che viene in casa. Sono state l’arma in più che hanno permesso e contribuito anche loro al risultato. Nelle partite in cui eravamo alla pari, hanno messo quel qualcosa in più che ci ha permesso di arrivare al risultato. Come dicevamo prima parlando del magazziniere, la ragazza che ha giocato meno e il fisioterapista, anche i tifosi hanno contribuito alla salvezza. Speriamo che sempre più gente si appassioni al femminile e noi ogni giorno cerchiamo di lanciare l’amo e speriamo che più persone colgano il femminile“.
Abate: “Per tutti noi è un sogno giocare in uno stadio pieno o a Marassi, ma per noi quelle poche persone hanno fatto la differenza. Io le ho vissute alla mia sinistra cantare cori e li ho cantati con loro. Si saranno appassionati per curiosità e poi non ci hanno mai mollato, dalle trasferte alle partite in casa. Lanciamo questo, di venirci a vedere sempre di più che non vi deluderemo e non ci abbandonerete“.