Dopo aver visto campionato di Serie A, Serie B, ultimi spareggi di Serie C e coppe europee poco di nuovo si è scoperto sui sistemi di gioco e la loro evoluzione.
In archivio un vecchio libro dell’Università del calcio di Coverciano, edito ancor prima degli anni Novanta, me lo ha confermato. Sono cambiati solamente i numeri dei moduli e la numerazione sulle maglie non più da 1 a 11 ma da 0 a 99.
Per questo si vuole proporre la lettura di questo capitolo calcistico del telaio-guida (tramite figure) sul quale vengono poi applicati i procedimenti tecnico-tatticiper consentire lo svolgimento efficace di azioni di attacco e difesa, senza dimenticarsi che per “sistema di gioco” bisogna intendere la dislocazione di base dei calciatori con compiti singoli e collettivi che si devono integrare: il famoso “equilibrio” tanto ricercato da tutti gli allenatori negli ultimi campionati.
Il primo sistema di gioco fu applicato dagli scozzesi dal 1885 e venne chiamato “sistema piramidale“.
Usato da tutte le squadre europee, da questo sistema i tecnici italiani fecero arretrare le mezze ali numero 8 e 10 cercando il cosiddetto “metodo“. Tale “metodo” venne generalmente mutato, a partire dal 1946, dalle squadre italiane che si convertirono al “sistema WM“, ideato dall’inglese Chapman nel 1925 a seguito della regola del fuorigioco, passato da 3 a 2 giocatori.
Nel 1954 arrivarono gli ungheresi di Puskas e vinsero in casa e fuori casa contro gli inglesi adottando il “sistema MM“.
I “sistemi WM” e “MM“, seppur validi sotto molti aspetti, presentavano evidenti carenze difensive per cui Rappan, commissario tecnico svizzero, escogitò il battitore libero dietro a tutti. Un sistema che venne chiamato “verrou“, o più comunemente in italiano “catenaccio“.
Gli italiani escogitarono con il tecnico Viani il “Vianema“, cui fece seguito l’ala tornante con il libero in profondità, cioè fisso dietro a tutti.
L’Inghilterra nel 1966 divenne campione del mondo con un “sistema schermo difensivo-offensivo” ideato da Sir Ramsey. Si tratta di un sistema che prevedeva il libero a diretto contatto con lo stopper. Questi due giocatori a turno partecipavano alla fase offensiva sempre coperti dal numero 6 con in zona il numero 9 ad orchestrare dalla propria metà campo.
Venne poi il periodo nel quale il Brasile adottò il 4-2-4 e divenne per tre volte Campione del Mondo avendo in casa 11 fuoriclasse a disposizione. In Italia sempre con un occhio particolare al difensivismo si passò al 4-3-3 o 4-4-2. Tutto finì per portare all’adozione del “sistema a freccia“, ossia il 4-5-1, tanto di moda negli ultimi anni: una sola punta affiancata in fase di possesso da almeno due calciatori.
Su queste dislocazioni di base attualmente ciascuna squadra apporta dei cambiamenti tattici conformi ai giocatori a disposizione e agli avversari che si devono incontrare. Attualmente i numeri di modulo in voga lasciano il tempo che trovano, in particolare per gli allenatori: 4-4-2, 3-4-3, 3-5-2 (che diventa 5-3-2 in fase di non possesso) e 5-4-1.
Ogni giorno in tutti i campionati europei e italiani al sistema di gioco viene attribuito, in particolare da media e tifosi, un esagerato valore tattico, addirittura determinante per i successi di una squadra. Ci si dimentica, talvolta, che un efficace gioco di squadra non può basarsi né esclusivamente né prevalentemente su una particolare distribuzione degli uomini sul terreno di gioco, la quale deve corrispondere alle caratteristiche tecnico-tattiche dei giocatori a disposizione.
Diventa importante il lavoro dei tecnici e degli allenatori e diventa importante la scelta di un particolare schieramento connesso al “modo di muoversi” della squadra stessa, e cioè il rapporto che deve stabilirsi tra i singoli giocatori in relazione all’uomo in possesso del pallone e al conseguente comportamento degli avversari.