A margine della presentazione della mostra “Marco Lodola. Il Rosso e il Blu. Genoa 130 anni” a Palazzo Ducale è intervenuto il Presidente del club rossoblu, Alberto Zangrillo, il quale ha parlato del presente del club e anche del futuro, proiettandosi già alla ripresa del prossimo campionato.
Presidente, il Genoa compie 130 anni…
“Il nostro sforzo e lo sforzo di tutti quelli che amano il calcio, non solo di quelli che amano il Genoa, è quello di essere ancora qui a parlare di calcio tra cento anni. Siamo felici di iniziare oggi le celebrazioni di questo evento importantissimo, dove il Genoa si trova a compiere un percorso nella storia, nella storia del calcio. Speriamo anche che presto torni nella storia del calcio internazionale. Non voglio fare alcun tipo di promessa, sapete che le mie ambizioni al momento sono quelli di sopravvivenza nella categoria, però siamo felici. Saremo qua anche domani, c’è grande attesa all’interno del popolo genoano. Tutti stiamo partecipando a questo compleanno, 130 anni sono tanti ma il Grifone non li dimostra. Alle mie spalle c’è questo straordinario Grifone che in realtà è una bellissima opera d’arte contemporanea, che dobbiamo alle generosità e intelligenza creativa del maestro Marco Dodola, che ne ha voluto fare un dono molto gradito. Io lo ringrazio a nome della società, lo ringrazio insieme a chi ha curato questa mostra, alla dottoressa Liconti e alla dottoressa Bertolucci. Quindi sono veramente felice, emozionato e grato”.
È una bella cosa che il Grifone festeggi i suoi 130 anni in Serie A…
“Si, è una bella cosa. È una cosa che avevamo e avevo promesso e abbiamo mantenuto. È un capitolo che appartiene al passato, perché noi dobbiamo proiettarci nel futuro. Tutte queste cose ci fanno capire che il Grifone è vivo, che tutti questi colori che qui vediamo mirabilmente rappresentati, il rosso e il blu, il fuoco e il mare, sono assolutamente attuali in questa straordinaria è meravigliosa realtà che è la città di Genova, la Liguria, l’Italia e il Paese. Perché faccio riferimento all’Italia? Perché, come ho detto tante volte quando mi sollecitate a parlare di Genoa, vorrei che il Genoa fosse ricordato anche per il suo ruolo all’interno del Paese, nella socialità nel Paese, nello sport nel Paese, nella cultura, nel ricordo, nella tradizione, nella storia e nel futuro”.
“Genoa prima società in Italia? Lo sappiamo e dobbiamo meritarci questo blasone giorno dopo giorno. Non abbiamo bisogno di ricordarcelo e dobbiamo ricordarlo semmai a qualcun altro, perché questa grande storia e tradizione potrebbe avere dei risvolti pratici quando parliamo di economia e di calcio, quando dobbiamo cercare di fare valere i diritti di chi ha reso possibile questa straordinaria realtà che è il calcio italiano. Un calcio italiano che sta vivendo un momento di appannamento, ma che deve risorgere: noi nel nostro piccolo, con la caratteristica principale che ci deve contraddistinguere, l’umiltà, cercheremo di fare e proporre con la nostra presenza un aiuto facendo la nostra parte, esercitando il nostro ruolo con intelligenza, visione e generosità come ha dimostrato un grande artista come Marco Lodola. Senza la generosità, senza la corretta predisposizione d’animo, non c’è futuro.
“Ma c’è una cosa che vorrei dire – insiste Zangrillo – La vera candelina sulla torta, una torta enorme dove ce ne sono 130, ma ci sono decine di migliaia di persone che vorrebbero soffiare su queste candeline e sono tutti quei giovani che abbiamo richiamato alla passione per il Genoa, per questo grande bisnonno, per questo nonno che c’è stato, per questo papà che ha voluto loro bene, per questo fratello, per questo nipote. Voglio richiamare al vero nostro valore, che sono i giovani, i ragazzi e sono – mi verrebbe da dire – i bambini. Tutte le volte che vado in giro, come a Torino o in ritiro in Val di Fassa, ho avuto modo di incrociare gli sguardi ammirati, emozionati, di chi sarà il futuro del nostro Paese, ossia i bambini e i ragazzi. Quelle nuove generazioni alle quali dobbiamo tenere e le quali dobbiamo aiutare. Noi oggi siamo qua a parlare di calcio, di un futuro gioioso e calcistico, ma dobbiamo sapere una cosa fondamentale: è sempre più difficile stare al mondo, sopravvivere.
“Noi sfioriamo i protagonisti di un calcio i cui protagonisti sono accarezzati da fortune economiche. Abbiamo appena terminato un mercato dove si parlava di centinaia di migliaia di milioni come fosse l’aria che respiriamo. Noi invece dobbiamo stare coi piedi per terra e pensare responsabilmente alle persone che oggi, magari, vorrebbero essere qui con noi, ma non hanno la forza economica per sopravvivere. E Genova, che è una città popolare, fortunata, di mare, di porto, che ha sempre saputo soffrire e che ha prospettiva, ma anche molto aderente alla realtà. Realtà che a volte equivale alla miseria, alla consapevolezza di non avere e poter merita di più. Il nostro pensiero e i nostri sforzi per il futuro sono anche quelli di avvicinare i giovani a prospettive gioiose relative al loro futuro, alla loro vita. Perché davanti hanno la vita”.
“Durante gli anni dell’asilo e delle elementari non avevo ancora ben focalizzato l’importanza di amare questi colori che poi, mano a mano, sono stati sempre più presenti nel mio cuore e nella mia vita – prosegue il Presidente rossoblu – Hanno rappresentato una parte importante della mia famiglia perché ci dedico tanto di quel tempo, tanta di quella testa, tanto di quel cuore – e come a Torino anche qualche centimetro di miocardio che viene in qualche modo rovinato dal risultato. Sono tanti anni che cerco di interpretare con grande senso di responsabilità, consapevole che tante persone vorrebbe essere al mio posto per dare, in senso positivo, il loro apporto: devo essere avvolgente, in grado di accogliere i propositi intelligenti di tutti”.
“Vero che noi ci misuriamo soprattutto su quello che è risultato sportivo ed esito della competizione, ma penso che il Genoa stia dimostrando di essere qualcosa di più. In questo momento è un po’ l’equivalente di quelle migliaia di ragazzi e tifosi che erano a Torino che, ad un minuto dalla fine, quando abbiamo subito il gol della sconfitta, hanno tifato ancora di più dimostrando e facendo capire che c’è anche qualcosa oltre il risultato. Lo so che noi non possiamo vivere di solo altro, ma dobbiamo iniziare a vivere di risultati – e su questo do la massima garanzia che lavoreremo col massimo impegno. Posso dire ad alta voce che provo un po’ di “vergogna” perché sono in un posto che magari non merito, proprio perché ritengo che sia un grande privilegio essere al mio posto. Il posto che sto occupando ora è estremamente importante, di grande prestigio, e tale lo ritengo, e cerco di interpretarlo con grande umiltà”.
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