Essere Genoani è essere testardamente cotti e conquistati dal Vecchio Balordo, dalla grande storia e tradizione che rappresenta per la città, l’intera nazione e in tutto il mondo.
Essere genoani non vuol dire essere migliori, ma forse essere un pochino speciali e diversi, quello sì.
Essere Genoani è imparare subito, sin da piccoli a preoccuparsi anche quando si è in vantaggio e soprattutto esultare soltanto al fischio finale.
Essere Genoani è diventarlo perché i nonni, i papà, le mamme ci hanno insegnato che si può perdere anche oltre il novantesimo minuto.
Essere Genoani significa seguire le partite in qualsiasi momento della vita, dentro l’ospedale, a casa, vicini all’ultimo viaggio con Radio Nostalgia e tra un sospiro e un altro chiedere se la partita sia finita oppure abbiano raddoppiato i gol gli avversari.
Essere Genoani vuol dire nascere Genoani e morire da Genoani. Essere Genoani perché in famiglia c’è sempre un grande uomo e donna.
Essere Genoani significa seguire le partite sui posti di lavoro, anche nelle sale operatorie dei pronti soccorsi, nelle fabbriche, nei negozi, negli istituti per ciechi e sordo muti, sulle navi che solcano gli oceani.
Essere Genoani significa suonare anche le campane a festa. Essere Genoani come sta succedendo ultimamente è trasmettere geneticamente dai nonni, papà e mamme un virus che si chiama “Gradinata Nord che “avvelena” il fegato, ma fortifica il cuore consentendo a chi ne è portatore di affrontare non solo la vita calcistica, ma qualunque difficoltà. In ogni caso grazie perché non è da tutti riempire due gradinate di gioventù.
Essere e nascere Genoani è solo una fortuna. Impari subito a vivere subito nell’altalena dei risultati tra felicità e infelicità senza mai però dimenticarti dei 9 scudetti sulla bandiera rossoblù.
Essere Genoani significa che qualsiasi cosa accada bisogna avere fiducia nel futuro: il decimo scudetto, una realtà migliore di partita in partita, di campionato in campionato.
Essere Genoani, insomma, è una malattia. Fin dalla nascita la luce rossoblù a quarti è luminosa come il sole. Amore a prima vista.
“T’amo Vecchio Balordo mio è un sentimento di sollievo e di gioia al cuore m’infondi“. Grazie Gianni Brera che per il Vecchio Balordo ha parafrasato Giosuè Carducci , due versi spontanei se non altro sinceri, giusti per ogni Genoano.
Auguri Genoa per i tuoi 130 anni. A te con fiducia si possono augurare non solo 100 anni in più ma anche tanti altri fino all’infinito. Il Vecchio Balordo nell’immensità non sarà mai solo.