Dopo i video degli scorsi mesi e quello della scorsa settimana (clicca QUI per ascoltare l’intervista), siamo tornati assieme a Franco Venturelli, in arte “Abbadie”, per farci raccontare ulteriori storie legate alla storia del Genoa, dei suoi tifosi e alle storie dei Genoani della Rametta. Oggi parleremo delle trasferte in nave, da quella del 1922 a Savona, la prima in assoluto, a quella della nave Caralis nel 1971.
“Era una barca francese, un piroscafo, che in occasione di una trasferta a Savona (dove a momenti si può andare a piedi) venne preso dai tifosi del Genoa che, 102 anni fa, nel 1922, dissero: “Belin, andiamo un po’ a Savona con una nave, tanto per fare una cosa che nessuno fa”. E infatti è la prima trasferta in cui una tifoseria andò in trasferta con una nave. Tutta la trasferta venne organizzata dalla società: quelli erano tempi dove la società era ancora più tifosa dei tifosi. E lo erano gli stessi giocatori. Ho letto discorsi dei presidenti dell’epoca che parlano dei giocatori come primi tifosi della squadra. La società organizzò questa nave e si premurò nel comunicato messo sul giornale di dire che se non ci fossero state abbastanza presenze, avrebbe restituito i soldi. Problema che non si pose perché fu immediatamente tutta esaurita. Si andò così a Savona, in una partita dura visto che a Savona ce l’avevano con Genova e coi genovesi. Finì 1-1 e una parte dei tifosi la seguì con questa prima nave organizzata da una tifoseria”.
Rapidamente il parallelo è con la trasferta a Porto Torres, contro la Torres. Franco Venturelli e il nostro direttore Lino Marmorato ci raccontano partenza e arrivo. “La cosa in comune di partenza e arrivo era che la banchina era piena di tifosi. Sventolìo di bandiere, bambini in braccio a madri e padri come salutassero degli eroi. Scene tipiche della tifoseria del Genoa. Il Genoa vinse con gol di Speggiorin, sotto la guida di Silvestri, un nocchiero sicuro: non era facile venire in B perché bisognava finire primi, c’era una sola promozione. Il cammino era ostico, il Genoa era finito in C disastrato, con problemi economici enormi. Venne fatto l’azionariato popolare per dare sostegno materiale alla società e la campagna acquisti fu molto risicata. Silvestri fu molto abile a riportare il Genoa in A e c’era un grande entusiasmo”.
“Quando il Genoa fece la tournée in Sudamerica, nel 1923, quindi oltre un secolo fa, e la nave tornò, un certo “Giletto”, personaggio di grandissima levatura, mi raccontò che era sulle spalle di suo padre. Tutti andarono ad aspettare la nave, accolta dalle sirene delle navi all’ancora e i rimorchiatori che fecero i getti d’acqua. E poi la banchina stipata di Genoani. Successe lo stesso con la Caralis, dove tutti si spostarono dal lato dove c’erano i tifosi: il comandante disse “guardate che ci rovesciamo”. “Il comandante era perplesso già alla partenza dal Porto di Genova, domandandosi quanto ci avrebbero messo ad arrivare a Porto Torres con un carico che non avevano mai visto – ricorda anche il nostro direttore Lino Marmorato, a cui fa eco ancora Venturelli: “Volevo ancora dire che, in segno dei tempi, quella trasferta venne organizzata dalla tifoseria: da Pippo Spagnolo, referente della tifoseria di quegli anni, e dal coordinamento dei club. Nel 1922 venne invece organizzata dalla società. Perché? Perché nel frattempo la società non era già quella del 1922, era una società più debole. I tifosi seppero sopperire alle carenze della società con la loro organizzino. Tornati in Serie B, ci sono state le trasferte più favolose che io abbia vissuto. Diecimila a Novara, dodicimila a Como. Cose che non si sono più viste. Al ritorno in Serie A a San Siro andarono 25mila Genoani: a Milano sembrava di girare per Genova. È stato veramente il periodo d’oro delle trasferte“.
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