Il tecnico del Genoa, Alberto Gilardino, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Radio Tv Serie A affrontando diverse tematiche, dai suoi esordi sulle panchine nelle categorie più basse fino all’attuale stagione con il Grifone: “Passa tutto attraverso il lavoro, la costanza e la quotidianità. Nel dormire poco, perché si dorme poco. I pensieri sono tanti, c’è da pensare, oltre che alla squadra, a tutti i componenti dello staff e di chi lavora con te, nella gestione della settimana e della quotidianità del lavoro. È una cosa che mi piace molto, non mi pesa e lo faccio con passione e voglia. Questo mi permette di lavorare ogni giorno tante ore“.

È arrivata la chiamata dal Genoa Primaveraprosegue Gilardinocon Carlo Taldo e Michele Sbravati che già conoscevo, avendo giocato qui. È stata una bellissima sorpresa, perché tornavo a lavorare in un ambiente che già conoscevo e dove c’è una passione incredibile. Dopo sei mesi ho avuto la grande chiamata in prima squadra e poi tutti sanno come è finita la scorsa stagione, con una cavalcata emozionante e un percorso ricco di emozioni. È stato merito di tutti la cavalcata della scorsa stagione, dai ragazzi ai tifosi che ci hanno sempre sostenuto, mio e dello staff. Cercare ogni giorno di trovare soluzioni, correggere. È stato qualcosa di unico: vincere a Genova è difficile, ma se ci riesci è qualcosa di unico“.

Ancora sul suo ritorno a Genova e sulla panchina della Primavera rossoblù: “Perché proprio a Genova? Ci siamo incontrati a Chiavari in un bar con il direttore Taldo, siamo entrati subito in sintonia. Dopo esser usciti dal bar, anche se loro mi avevano detto che ci saremmo risentiti dopo qualche giorno e quindi non mi avevano dato l’ufficialità o la conferma, le sensazioni erano positive. La voglia di rimettermi in gioco, anche se era Primavera 2, secondo me era giusto. E così è stato“.

Il discorso passa poi sulle sensazioni avute il 6 dicembre del 2022 quando, dopo l’esonero di Blessin, il tecnico di Biella viene scelto per la prima squadra del Grifone: “Ero sereno perché ero ad interim, nel mondo del calcio puoi giocarti le tue possibilità in una partita, in due o massimo in tre. Ero molto sereno. Se mi avevano dato tempistiche? In quel momento no, mancavano poche partite a Natale e quindi ho detto ‘vado e me la gioco’. Esperienze ne ho fatte e così è stato. Insieme allo staff che conoscevo già da quando ero giocatore e al mio secondo che mi sono portato su, ho cercato di mettere nelle condizioni migliori la squadra di esprimersi, sia a livello tattico che a livello umano, cercando di farli sentire giocatori importanti quali erano. Così hanno dimostrato. Il momento esatto in cui sono diventato allenatore della prima squadra? Mi ha chiamato il direttore sportivo Ottolini, dicendomi che nel pomeriggio avrei allenato la prima squadra. Le emozioni in quel momento erano molti, poi quando fai questo lavoro quando entri in campo devi lasciare da parte le emozioni, concentrarti sul lavoro e dare indicazioni molto chiare ai giocatori. Se hai anche la bravura e la fortuna di entrare in contatto con loro a livello umano e di motivazioni che ti possono alzare l’asticella, allora hai fatto un buon lavoro“.

Il Genoa era segnato nel mio destino – continua Gilardino tornando sulla promozione in Serie A – e questo è stata la bellezza di quello che è successo. Cosa ci ho messo di mio? Essere me stesso, penso sia servito a far capire alla squadra che persona fossi in quel momento e a cercare di trasmettere a livello tattico idee chiare e concrete e cercar di trasmettere loro fiducia e motivazioni sempre positive. Dopo la promozione dalla Serie B alla Serie A no. Avevo voglia di mettermi in gioco subito in Serie A. Dopo la partita con la Fiorentina un attimino ho barcollato (ride, ndr), ma allo stesso tempo ho capito che questa fosse la Serie A. Ho pensato di mettere in ordine tutte le situazioni e siamo andati a fare una grandissima partita a Roma con la Lazio e da lì è nato un buonissimo percorso che stiamo facendo“.

Cos’è il Genoa? È DNA, passione, determinazione, rabbia agonistica e saper giocare a calcio. Quest’anno abbiamo saputo giocare a calcio in più partite, abbiamo fatto partite importanti contro grandi squadre. Nell’ottica forse abbiamo sofferto un po’ di più giocando contro squadre che si giocano tanto, come nell’ultima partita contro il Frosinone. Nell’ottica del campionato abbiamo fatto qualcosa di straordinario perché siamo cresciuti tantissimo dall’inizio ad oggi nei singoli. Tanti giocatori come Gudmundsson, Frendrup, De Winter, Bani, Dragusin che è stato venduto a gennaio e ha fatto un percorso importante. Sono arrivati giocatori a giugno come Retegui, Malinonovskyi e Messias, che arrivava da un lungo infortunio con il Milan e siamo riusciti a rigenerarlo e a creargli adattamento nella squadra. Vorrei citarli tutti i giocatori, come lo stesso Sabelli. Tutti hanno avuto veramente un’evoluzione positiva. È stata una crescita dovuta dalla voglia e dalla perseveranza che ci hanno messo loro, poi anche dal lavoro quotidiano perché la Serie A richiede questo atteggiamento e questo approccio“.

Il tecnico rossoblù parla anche di cosa rappresenta Genova per lui: “Sole, mare, qualcosa di unico. Soprattutto la passione che c’è. Avevo giocato qui da calciatore e le sensazioni erano più o meno simili. Ritornarci da allenatore, vincere e lavorare in Serie A. Abbiamo lo stadio pieno tutte le domeniche e tutte le partite, c’è una passione che ci trascina. È normale che è un popolo che ama incondizionatamente la propria squadra e la propria maglia. Questo è qualcosa di unico, non semplice da trovare in altre parti in Italia“.

Sul rapporto con il tecnico della Sampdoria, Andrea Pirlo, suo ex compagno al Milan e in Nazionale: “C’è un bel rapporto, non siamo mai riusciti a fare una cena insieme. Ci siamo visti in un paio di occasioni fuori Genova, però ci sarà modo di confrontarsi soprattutto in estate. Sta facendo un ottimo percorso da allenatore. Con lui ho condiviso tante emozioni e sarà bello abbracciarci quando ci sarà occasione“.

Si basa sulle caratteristiche dei giocatori che ho a disposizione. Lo scorso anno volevo dare chiarezza e concretezza. Ho mantenuto la difesa a quattro e ho inserito un centrocampista in più, lavoravamo con un 4-3-2-1. In base alle caratteristiche dei giocatori vai a modellare il tuo pensiero. Dopo abbiamo fatto un 3-5-2 perché ho inserito un difensore in più e avevamo Albert, al quale non bisogna dare compiti troppo concreti all’interno della gara e in base a quello la squadra deve saper lavorare e giocare. Quest’anno siamo partiti con idee e concetti della scorsa stagione. L’idea mia è quella di saper giocare e modellarsi all’interno della partita, iniziando anche con un modulo e lavorare in partita con un altro. I giocatori d’oggi sono preparati a queste situazioni e ad allenarsi a farlo. I principi sono determinanti poi all’interno di questi si modellano in base alle caratteristiche che faccio in ogni partita”.

Cosa mi renderà contento alla fine della stagione?

Se facciamo un grande finale di stagione. Ci sono ancora otto partite e la voglia è fare ciò di meglio che possiamo fare. Sappiamo che affronteremo squadre come Verona, Cagliari e Sassuolo o anche trasferte come Firenze, Milano e Roma. Noi dovremo essere pronti a giocare queste partite contro squadre che lottano per salvarsi e contro squadre che lottano per l’Europa. Sarà un campionato avvincente e dovremo essere pronti. Possono essere partite diverse e noi dovremo essere pronti. Abbiamo una buona posizione in classifica, abbiamo un buon margine dalla terz’ultima e anche dalla squadra che ci precede. Quindi dobbiamo pensare a noi e vuol dire lavorare quotidianamente per migliorarci e fare più punti possibili da qui alla fine. Ne abbiamo parlato e c’è la voglia di fare il meglio possibile. Una quota? Superare i quaranta punti vorrebbe dire aver fatto un percorso incredibile come neopromossa. La volontà e il desiderio ci sono, dobbiamo coltivarlo ogni giorno“.

Su Gudmundsson e Retegui: “Albert bisogna lasciarlo libero, è molto bravo a ritagliarsi lo spazio e le zone di campo. È un giocatore che non ha solo abilità nel primo controllo e dribbling, ma anche attitudine in fase difensiva. Mateo è una prima punta classica, lavora e sa muoversi nell’area di rigore. Ci stiamo lavorando. Sa che deve migliorare in tante situazioni, in gioco aperto, nel primo controllo e nella copertura della palla. C’è la volontà di migliorarsi e crescere e anche lui lo sa“.

L’anno prossimo allenerai ancora il Genoa?

Credo che traspaia sempre che dico la verità, perché da quella non si scappa. Qui ho fatto e sto facendo un percorso emozionante e incredibile di crescita. Ora il pensiero più grande – e con la società ci confrontiamo quotidianamente – è finire nel modo migliore questa stagione. Poi ci saranno modo e tempo di sederci e parlare e pensare al futuro. Quello sicuramente non spetterà solo a me, ma è normale che dovrò essere chiamato da parte della società: sono situazioni che avverranno nel finale di stagione. Ora il pensiero più grande che ci siamo detti è di finire nel modo migliore”.

Quando vi siederete parlerete di progetto e obiettivi?

In quei momenti è normale che, oltre all’aspetto contrattuale perché sono un allenatore a scadenza, bisognerà capire gli obiettivi. E quando parlo di obiettivi parlo di capire i programmi in base a quella che sarà la volontà della società nei confronti di alcuni elementi della squadra. Sarà indispensabile. Se la società mi metterà al corrente e deciderà di sacrificare determinati giocatori, bisognerà capire quali giocatori entreranno. Se giocatori giovani o di altre nazionalità, come accaduto due anni fa con Frendrup e Gudmundsson che, arrivati al Genoa, ebbero bisogno di sei mesi di adattamento. Bisognerà parlare in modo chiaro di tutte queste situazioni per capire poi gli obiettivi stagionali, perché dalle uscite e da chi entrerà poi dipenderanno gli obiettivi stagionali perché ci vorrà tempo. Se si investirà su giocatori giovani, ci vorrà tempo per crescere e lavorare. Cosa diversa se si farà un altro tipo di politica. Ma ci sarà modo di parlarne, anche con grande piacere, perché è un modo per crescere, soprattutto per me ma tutti insieme. Credo che sia fondamentale crescere come allenatore, sia fondamentale e crescere come società. E il loro input è questo”.


Rossoblù in prestito, ripresi i campionati. In gol Buksa, Portanova, Fossati e Colucci