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“Il presente si chiama Genoa”

Il passato è passato, il presente si chiama Genoa. Bisogna guardare avanti e mantenere identità e DNA, quello che ho visto e voluto da quando mi sono seduto sulla panchina del Grifone la prima volta”. Parole e musica del Violinista prima della gara con l’Inter. Non è caduta una Signorina…nel porto di Genova.

Affamati e spietati i rossoblù come Gilardino dopo le angherie nerazzurre dello scorso anno grazie agli arbitri Doveri e Ayroldi, tutto documentato anche dagli studi riproposti ai direttori di gara nel ritiro di quest’anno a Cascia.

Il Popolo del Genoa con 100 minuti di canti e tifo, come la Madonna del Caravaggio, ha schiacciato la testa del Biscione in un Tempio infuocato e arrabbiato con 33.300 presenze.

Cuore, stabilità, anima, gioco sono e devono essere le armi del Vecchio Balordo per non vivere, come spesso storicamente gli accade, sempre sull’orlo di una crisi di nervi. E attenzione che sarebbe potuto succedere in questi ultimi tempi con le vicende di calciomercato e tutti i discorsi sulla proprietà.

I calciatori messi in campo contro l’Inter hanno dato l’impressione di aver assorbito la mentalità del Violinista, che poi è unica per una  squadra come il Genoa, in particolare dopo le mosse dell’attuale calciomercato: affrontare ogni gara come se fosse l’ultima.

Prova da Grifoni, gagliarda tatticamente, tecnicamente da migliorare nei passaggi anche facili sbagliati, nell’annullare ripartenze, nel non concedere mai spazi con marcature blande alle ripartenze nerazzurre, in particolare sulle corsie laterali, nel cercare di utilizzare ritmi e pressing, cambi campo e corse proficue senza pallone.

Tutto questo sarebbe stato più facile con un centravanti di ruolo e di peso. Più di venti i palloni calciati da Gollini e i difensori in profondità, mai un pallone schizzato per far salire la squadra da parte di Messias e Vitinha, succubi della fisicità avversaria. Bene il debutto di Gollini tra i pali: deve affinare la comunicazione con i compagni di difesa per non creare pasticci.

La partita con i Campioni d’Italia ha fatto anche vedere che le richieste di Gilardino sul mercato sono frutto di concretezza perché serve un elastico che unisca centrocampo e attaccanti, anche da crescere come è successo all’islandese Gudmundsson quando è arrivato due anni e mezzo fa. Altra richiesta è quella di aumentare e rimpolpare numericamente la rosa a disposizione. Tutto crescerà con il ritorno in campo di Ekuban, il ritorno al Genoa di Pinamonti, l’uscita dall’infezione di Ankeye e la riproposizione di Ekhator.

Vista l’interpretazione diversa del 3-5-2, per la differenza di qualità disposizione dei due allenatori, quello del Genoa era più un 5-3-2. Oltre al ritorno del 3-5-2, in altre gare qualcosa Gilardino dovrà cambiare in fase d’attacco con il rientro in campo delle prime punte. Non è nella sua filosofia passare più palloni all’indietro che in avanti.

Il campionato sarà difficile perché la classe arbitrale non è apparsa all’altezza di una gara di Serie A. Salvata dal VAR in troppe occasioni. Con l’utilizzo dei cartellini non congrui,  insufficienti nei confronti dei compagni di Lautaro.

In questo momento è difficile godere, con le sberle del calciomercato, ma Genoani bisogna farlo. Godete, fermata la capolista, Inzaghi e i suoi (troppo) nervosi calciatori, anche con il braccino corto dopo essere andati in vantaggio con perdite di tempo da provinciale.

Le prossime due partite in calendario permetteranno a Gilardino  – e speriamo alla dirigenza all’estero – di capire che piega prenderà l’anno 2024. La speranza, alla luce di quello che si è visto contro l’Inter, è che il mondo Genoa sia stato una volta per tutte memorizzato dagli americani. Non dovrà diventare una cipolla che si sbuccia piangendo con  altri “affondi” di investimento in uscita, ma con investimenti per rinforzare la rosa a disposizione di Gilardino.

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