Il Genoa e il suo settore giovanile sono appena entrati nel vivo della stagione sportiva 2024/2025. Era il momento ideale per ascoltare per la prima volta Enrico Ascheri, da alcuni mesi divenuto Academy Coordinator del Genoa. Ecco il suo racconto a 360° sul mondo del settore giovanile rossoblù, partendo dal segnale di continuità che la società ha voluto dare dopo la partenza di Sbravati.

“Ho lavorato con Michele quattro anni e lo conosco da tanti anni, abbiamo condiviso tante cose in questi anni – esordisce Ascheri – Tante cose le facevamo insieme, poi le decisioni finali erano le sue. Aver lavorato con lui è sicuramente un sintomo di continuità ed è quello che ha deciso la società. Mi ha fatto molto piacere ed è arrivato in maniera inaspettata, un premio al lavoro fatto in questi anni”. 

E recentemente hai conseguito il titolo di Responsabile di Settore giovanile dal Settore tecnico della FIGC alla fine di un corso di 54 ore. Qualcosa che aggiungi ancora al tuo curriculum 

Sì, è un corso che andava a finire un percorso formativo iniziato un po’ di anni fa quando avevo cominciato il corso da allenatore, e poi il corso direttore sportivo dilettante, quello da osservatore e da match analyst. Avevo fatto una serie di corsi, compreso quello da direttore sportivo professionista. Questo andava a colmare una vecchia lacuna federale che esisteva, ossia: una volta il Responsabile di Settore Giovanile lo poteva fare chi avesse la qualifica da direttore sportivo. Oggi coi nuovi regolamenti UEFA non è più così e, quindi, è andato a colmare questa mancanza”.

E oggi sei Academy Coordinator del Genoa. La curiosità è: cosa fa un Academy Coordinator? E soprattutto: cosa fa nella quotidianità di un club come il Genoa?

“È un nome magari inusuale rispetto a quanto si può leggere negli organigrammi di altre società. Con la proprietà, quando hanno dato le nomenclature, c’era un filone con gli altri club e le altre società del gruppo. È stato un nome istituzionale, ma alla fine è il vecchio responsabile del settore giovanile, contando che la società ha voluto fare un investimento e dare anche una diversa organizzazione. Uno degli investimenti è stato l’inserimento di una persona che possa stare sul campo e dia una metodologia di lavoro a tutte le leve: Stefano Ghisleni avrà questo ruolo di metodologia. Un investimento in più che la società, d’accordo con me, ha voluto fare. E io posso solo che ringraziare la società per il supporto che tutti i giorni ci danno, da Blazquez a Ottolini a Ricciardella, e per le idee che si condividono per portarle avanti”.

Vi siete dati questa nuova struttura puntando anche su volti nuovi come guide tecniche. Penso a Valiani per l’Under 16 e Maroni per l’Under 15. La linea di base è stata la continuità, ma se vuoi presentarci questi volti nuovi…

“Intanto partirei dalla struttura, che si basa anche sullo spostamento di alcune figure. Oggi abbiamo un organigramma che prevede delle aree che sono molto collegate alla prima squadra per indirizzo del Direttore Ottolini. C’è un filone metodologico per quanto riguarda Ghisleni, che va dall’Under 8 alla Primavera e prevede un dialogo quotidiano con lo staff della prima squadra sui ragazzi. Poi c’è Luca Chiappino, che non sta più facendo l’allenatore, ma ha un ruolo dirigenziale di valutazione. Ha fatto tanti anni di campionato Primavera e, ragionando in maniera prospettica sulla costruzione di calciatori che possano giocare tra i professionisti, Luca è la persona che può fare valutazioni sulle aree di miglioramento dei giocatori.

Il settore giovanile si basa sempre su tre filoni: la selezione, che è la parte scouting; la gestione, che è come crescono i ragazzi; la valorizzazione. Sulla valorizzazione è stata inserita la figura di Simone Tognon, che collabora col Direttore Ottolini per la prima squadra e con noi fa valutazioni sui migliori percorsi di crescita per i giocatori di maggior talento dell’Academy. E poi, per esempio c’è De Prà che coordina la parte di metodologia e di allenamento dei portieri. 

Abbiamo voluto dare una struttura diversa, con l’inserimento anche di una parte sanitaria, come i nutrizionisti (figure nuove all’interno della società, ma ritenuta importante e filone di continuità con la prima squadra), e investendo sull’area performance. Abbiamo deciso di investire su quella che è la preparazione atletica dei giocatori: da quest’anno tutte le squadre, dall’Under 15 all’Under 18, sono dotate di GPS. Per la Primavera e la prima squadra hanno strumenti differenti, sicuramente più articolati, ma abbiamo voluto mantenere gli stessi per una questione di lettura dei valori. Spostando alcune figure, c’è stato l’inserimento di alcuni nuovi allenatori così come lo spostamento interno su altre leve. Per me tutte le categorie sono importanti. 

Criscito si è spostato verso gli adulti passando dall’Under 14 all’Under 17. Ruotolo, che da quando è nato il campionato Under 18 è il mister dell’Under 18, da quando esiste la competizione l’ha vinta due volte ed è stato bravo. C’è stato lo spostamento di Jacopo Sbravati dall’Under 15 alla Primavera, dove abbiamo tanti ragazzi in cui crediamo in prospettiva. Così in Under 15 e Under 16 ci sono due nuovi allenatori: uno è Francesco Valiani, che è stato calciatore di Serie A, e Alessandro Maroni, che per tanti anni ha allenato il settore giovanile e ha esperienza. Nell’attività di base, piò o meno, erano allenatori che sono stati con noi e facevano magari i secondi. Parliamo di una crescita collettiva e anche lo spostamento di alcuni allenatori, che magari facevano Under 15 o Under 16, ad allenare l’attività di base – assieme ad Andrea Bianchi, che coordinata ancora l’attività di base – contiene la volontà di andare a lavorare ancor di più su alcuni aspetti”. 

L’organizzazione è tantissima, ma cosa non è cambiato è che c’è questo continuo girovagare intorno a Pegli e la Liguria per i campi. Questo può penalizzarvi sul lavoro che dovete fare…

“L’altro giorno abbiamo fatto una presentazione e il settore giovanile si compone di 142 persone a livello di staff e dirigenti e quando ci spostiamo quella è una delle difficoltà. Comunichiamo tanto fuori dal campo, è necessario ma la società e Blazquez stanno cercando in tutte le maniere la costruzione di questo centro sportivo. Il primo segnale è la costruzione del nuovo convitto, di cui una prima parte a breve sarà pronta, e quindi già lo spostamento da dove ora è il convitto alla nuova sede può darci un aiuto nella direzione che si diceva. Si erano individuate delle aree per la costruzione di alcuni campi e la società è impegnata giornalmente per provare a dare una mano al settore giovanile. Su quello c’è un impegno che l’AD cercherà sicuramente di portare avanti”. 

In estate avete deciso di rinforzar alcune leve con ragazzi arrivati sia dall’Italia che dall’estero. Ci racconti un po’ come vi siete mossi nel percorso di rafforzamento delle vostre leve?

Questa è un’idea di struttura dell’area scouting che parte da più distante. Un mix tra le regole e l’area geografica dello scouting che si allarga. Noi iniziamo nell’Under 8, dove facciamo una selezione su Genova con bambini veramente piccoli sui quali è difficile pensare a quelli che un giorno saranno magari i giocatori del futuro della nostra squadra. Man mano che si lavora sui piccolini e su Genova, ci si allarga sulla provincia e sulla regione fino ai 14 anni. C’è una selezione molto capillare perché non possiamo farci sfuggire un talento nella nostra zona. Siamo sempre per cercare di fare selezione prima coi locali, deve essere la nostra forza. A quattordici anni si inizia questa selezione nazionale, perché sono i primi anni che permettono deroghe, e andiamo a cercare in Italia quelli che sono i profili.

Quest’anno ci stiamo dedicando ai classe 2011, che saranno l’Under 15 della prossima stagione, e andiamo a vedere quali sono i profili classe 2011 per le nostre esigenze. Dai sedici anni il nostro territorio si allarga sull’Europa: abbiamo osservatori che girano tanto, che cercano di vedere più partite possibili sia video sia in giro per l’Europa, e andiamo in maniera abbastanza mirata. Se ci sono profili che corrispondono alle nostre caratteristiche e pensiamo possano diventare calciatori del futuro, andiamo a provare a prenderli. Non guardiamo mai l’esigenza di ruolo perché non allestiamo la squadra, ma se uno ha talento cerchiamo di metterlo nelle migliori condizioni. A diciotto anni si valuta assieme al mercato della prima squadra e su operazioni come quelle fatte quest’anno dal Direttore Ottolini si va magari a valutare il profilo extracomunitario, come l’inserimento di Kassa che può essere un inserimento che, ad oggi, ci dà buone sensazioni”. 

Nel settore giovanile la prerogativa è non disperdere i talenti. Da fuori, non soltanto al Genoa ma da tutte la parti, si ha l’impressione che ci sia la lunga mano dei procuratori che appena vedono ragazzini di 15/16 anni e di talento che avvicinano le famiglie prima ancora che la società. Cosa si può fare perché sia prima la società rispetto ai procuratori a fare capire che devono rimanere nella società almeno fino ai diciotto anni?

“Col fatto che i ragazzi sono tesserati con noi, il primo rapporto è sempre con la società. Poi sta a cosa racconti alle famiglie e ai ragazzi, sta tanto nell’onestà intellettuale delle persone. Abbiamo procuratori coi quali ci confrontiamo benissimo e non abbiamo problemi. Il nostro club non ha mai avuto grossi problemi con i procuratori, soprattutto a livello di settore giovanile, dove le regole sono chiare e a doverle fare rispettare per prima è la Federazione. Il trucco può essere parlare tanto con le famiglie, avere un rapporto diretto, cercare di spiegare loro le regole che continuano a cambiare tutti i giorni. Noi ci troviamo di fronte a questo discorso del cambio del vincolo e molte volte ci sono leggende metropolitane che bisogna cercare di sfatare. Più sei chiaro e racconti in maniera onesta, grossi problemi non ne hai. Noi non abbiamo avuto casi di giocatori “scippati” da altri. Un caso è quello di Honest, che ha un contratto col Genoa appena fatto: bisognava far maturare i tempi dei sedici anni perché le regole sono chiare”. 

Ci racconti qual è la percentuale di giocatori italiani e stranieri nel settore giovanile del Genoa? Perché c’è questo falso mito che li prendiate tutti dall’estero, ma è la realtà dei fatti che dice che non è così. Possiamo sfatarlo questo mito?

“Abbiamo più o meno 260 tesserati. Abbiamo venti stranieri in tutto, anche nell’attività di base in un’età dove non possiamo andare a prendere stranieri da fuori, ma sono stranieri che regolarmente vivono a Genova. Siamo intorno al 10%, un numero estremamente basso. Si può sfatare qualsiasi idea. E abbiamo il 60% di liguri. Il nostro convitto ha una capienza limitata e oltre quella non possiamo andare, quindi il numero di chi viene da fuori dobbiamo sempre limitarlo ai posti letto che abbiamo. Anche il nuovo convitto avrà gli stessi numeri del vecchio”. 

La società vi dà linee guida per individuare i profili giusti. Ci sono parametri che più di altri dovete far collimare per individuare il ragazzo giusto da inserire nel settore giovanile, soprattutto se arriva da fuori?

“No, diciamo che per fare un investimento da fuori deve essere un investimento in cui crediamo ci possa essere una buona prospettiva. Deve corrispondere a parametri atletici, fisici e tecnici del calciatore della prima squadra. Dobbiamo intravedere che questi ragazzi possano arrivare a certi livelli. Questo è l’unico parametro su cui facciamo ragionamenti, ma c’è molto confronto tra settore giovanile e parte tecnica della prima squadra, come nell’area scouting, psicologica, medica, nutrizione, performance. Abbiamo già fatto riunioni tra tutti i preparatori dei portiere della prima squadra e quelli del settore giovanile, tra tutti i preparatori atletici della prima squadra e quelli del settore giovanile. Sono riunioni periodiche e c’è un confronto giornaliero. Noi tutti i giorni ci confrontiamo con Ottolini e Blazquez, in un rapporto costante per cui ricevo continuamente telefonate per chiedere come stiano andando i ragazzi. Riscontro molta attenzione dai vertici societari, sia tecnici che amministrativi, sui ragazzi del settore giovanile”. 

Avevamo tutti molta curiosità di vedere questo passaggio del campionato Primavera da Under 19 ad Under 20. In queste prime quattro giornate che idea vi siete fatti della forza di questo Genoa Primavera, costruito anche con alcuni degli inserimenti di cui facevamo menzione prima?

“Sul cambio del formato Primavera, soprattutto dell’età, noi non eravamo favorevoli, anche perché in Europa si va ad abbassare l’età del campionato Primavera con l’inserimento delle seconde squadre. In Italia stanno andando in controtendenza. Noi abbiamo avuto la fortuna che in questi anni si è lavorato bene, a partire da chi mi ha preceduto (Carlo Taldo e Michele Sbravati), perciò quest’anno gli inserimenti sono stati molto limitati: Kassa, Dorgu e Contarini. Non abbiamo avuto bisogno di fare altri inserimenti. La politica deve essere di fare giocare più possibile e portare in Primavera i ragazzi che abbiamo preso negli anni precedenti. Solo se necessario, se troviamo un profilo e un talento che pensiamo possa arrivare a certi livelli, andiamo a prenderlo. Pensiamo di aver allestito una squadra che possa togliersi delle soddisfazioni, ma lo dico non in termini di risultato. Noi dobbiamo salvarci, quindi l’obiettivo è il quintultimo posto. Da lì tutto quello che viene sopra, bene”.

“Il Campionato Primavera 1 è un campionato allenante e formativo e rimanere in Primavera 1 è l’obiettivo che ci siamo dati, ma non abbiamo particolari ambizioni di classifica. Per noi un buon campionato è quando portiamo più giocatori possibile in prima squadra e già oggi abbiamo buoni riscontri. Intanto perché abbiamo Ahanor ed Ekhator che sono in pianta stabile in prima squadra, un 2008 e un 2006. E poi perché siamo convinti di avere altri giocatori che possono arrivare ad ambire in futuro alla nostra prima squadra o al professionismo: quella, per noi, è la vittoria del campionato. Continuiamo a rispecchiare quanto ci chiedono i vertici societari”. 

Capello, ex allenatore, ha tuonato già tre volte da inizio campionato che nei settori giovanili si allena di più la tattica che la tecnica. È vero?

“Entriamo in un grande dibattito. Ci sono varie filosofie di pensiero e qua stiamo discutendo di un principio per noi chiaro, che sintetizziamo così: un ragazzo più tecnica ha, più scelte migliori può fare in campo. La tecnica, quindi, è importante per noi. Il problema è come allenarla. La fase analitica non esiste più e noi, con l’inserimento di Ghisleni che ha esperienza di tanti anni anche in altri club e insegna metodologia dell’allenamento, stiamo cercando di aumentare il lavoro sulla tecnica. Su come viene allenata, ognuno ha le sue idee se farlo in maniera analitica o situazione. Sicuramente in questo calcio la tecnica si è andata un po’ a perdere e dobbiamo cercare di fare collimare di pari passo la crescita fisica, atletica, tecnica e di passo”. 

I giovani di oggi hanno in testa questa idea di sacrificarsi, questa voglia di giocare a calcio e arrivare oppure sono attaccati a tutta questa tecnologia, al voler copiare i campioni?

“Il luogo comune che sento di più è che noi giocavamo in strada. Noi dobbiamo togliere alibi a tutti e, purtroppo, quella civiltà lì non esiste più. Se continuiamo a dire che manca quello, non riusciremo mai a trovare le soluzioni. Viviamo ormai in una società estremamente diversa, legata ai social, una civiltà “sdraiata”. Credo che non possiamo fare cambiare loro: sono figli di questa generazione e di questo mondo. Noi dobbiamo cercare di adattarci a loro per cercare di portarli verso il sacrificio e il lavorare sui loro obiettivi. Perché se parli con ognuno di loro, il loro obiettivo è diventare calciatori. Se l’obiettivo di tutti è quello, io mi metto dall’altra parte: quando un ragazzo non lo fa, mi domando dove sbagliamo noi adulti che abbiamo il compito di crescerli. Su quello dobbiamo ragionare. Dobbiamo trovare la chiave di lettura per loro. Poi ci sono i genitori, i procuratori, i social, i video che vedono tutti i giorni o che loro stessi pubblicano (e su questo ci stiamo lavorando tanto con la società). Dobbiamo cercare, in questo mondo, di fare capire ai ragazzi e tutti coloro che li circondano qual è il migliore percorso per loro“. 


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