Lo scorso 4 novembre, nell’assemblea generale della FIGC, l’AIA (Associazione Italiana Arbitri di calcio) ha ottenuto la propria autonomia. Un’AIA autonoma potrebbe essere una svolta necessaria in questo momento per diventare nuovamente protagonista del calcio iniziando dalle fondamenta, da quando i giovani già a 16 anni si iscrivono ai corsi arbitrali.
Il problema che non si può passare dalla teoria e dalla spiegazione del Regolamento del gioco calcio ai campi sbranati dai genitori e nonni. Occorre, come nel passato e negli anni Novanta, una scuola calcio sul campo che simuli partite tra arbitri in un campo regolamentare e un tutor alle spalle del principiante.
La decisione dello scorso 4 novembre ha portato anche una indipendenza economica che dovrebbe permettere all’AIA – meglio usare sempre il condizionale – di gestire e organizzare i fondi attualmente provenienti dalla stessa FIGC e da Sport e Salute in modo diretto. Perché il condizionale? Perché tutto il futuro dell’AIA stessa è legato alle elezioni che si terranno il 14 dicembre.
Sono due i candidati. Il primo è Alfredo Trentalange, già ex Presidente dell’AIA, dimissionario nel 2022 perché accusato di essere legato a Rosario D’Onofrio, ex procuratore capo dell’AIA arrestato per traffico di droga.
Trentalange si dimise per non far commissariare l’associazione. Il 27 aprile 2023 è stato assolto in via definitiva dalla Corte d’appello della FIGC che ha subito annullato i tre mesi di inibizione.
Il rivale di Trentalange (perché è difficile nell’AIA, come in politica, mettersi d’accordo su un unico candidato) è Antonio Zappi, figura manageriale attualmente a capo della Regione veneta sostenuto dall’attuale Presidente Nazionale Carlo Pacifici e anche da Orsato, fresco di dimissioni la scorsa estate. Le due candidature creano confusione e divisione in ogni prospettiva di futuro: di certo l’elezione del 14 dicembre sarà un’altra resa di conti come successe in quella della FIGC.
Entrambi i candidati sono in campagna elettorale. Trentalange promette un nuovo modello di governance con un direttore generale nominato dal Consiglio Centrale a capo di un Comitato operativo e un responsabile che dovrebbe coordinare tutte le componenti tecniche.
Dopo il mancato accordo di Trentalange con Zappi, per farsi eleggere ha puntato al sodo promettendo rimborsi più veloci e più alti a coloro che entrano in campo colorati a dirigere le gare e ai giovani arbitri fuori dal Comitato provinciale. Oltre a rimborsi più veloci e maggiori ha promesso anche una specie di carta di credito, un fido di trecento euro, per permettere loro di anticipare le spese per le lunghe trasferte in Serie D e Lega Pro.
Antonio Zappi, che come arbitro ha lasciato pochi ricordi (anche se nell’AIA è da 40 anni) presentando la candidatura a nuovo Presidente dell’AIA ha detto: “Mi candido per portare un futuro di autonomia, dialogo e innovazione, costruito sui valori dell’eccellenza arbitrale“.
Nel suo programma tra i primi elementi migliorare il VAR, l’innovazione tecnologica per rendere il calcio più trasparente e più giusto, e farlo introducendo la chiamata dalle panchine per garantire certezze ai tifosi e ai club. Ascolto tra arbitri e VAR in diretta, interviste a direttori di gara per far capire e comprendere meglio le dinamiche di un arbitraggio: un rosario che si ascolta da troppo tempo.
Al giorno d’oggi all’AIA, i dirigenti attuali e il designatore Rocchi, continuando a moltiplicarsi le polemiche dopo ogni giornata di campionato con troppi arbitraggi discutibili, non hanno gli occhi foderati di prosciutto rispetto a quanto accaduto nelle dodici giornate disputate. Stanno pensando nel prossimo futuro, dopo l’elezione del nuovo Presidente, di restringere il numero degli arbitri a disposizione dalla Can A e B da 46 arbitri a 22/23 al massimo.
Le partite di Serie A sono 10 in ogni turno di Campionato, 22/23 arbitri sono sufficienti per coprire anche il ruolo in campo di quarto uomo in grado di decidere qualcosa e non solamente ascoltare le lamentele dalle panchine, comunicando tutto all’arbitro in campo. ÈNuna questione di fiducia in una quaterna arbitrale. Le designazioni attuali sono rivolte solamente al risparmio con arbitri e assistenti in arrivo dalle vicinanze rispetto a dove si gioca: ciò ha poco effetto sul lavoro dell’arbitro principale, vista la poca esperienza dei colleghi.
Tra i 22, oltre gli undici internazionali (anche se qualcuno continua a dirigere non bene), ci sarebbero altri 11 direttori di gara che si sono messi in mostra facendo meno errori. Senza dimenticarsi dei fischietti che dirigono in Serie B, promossi in A in base alle prestazioni, con percorso inverso per quelli che steccano in A. Anziché giustificare gli errori mascherandosi nelle pieghe del Regolamento, in cadetteria a riflettere.
La stessa operazione varrebbe anche con i VMO, protagonisti al VAR: attualmente sono 16 con 5 assistenti VMO, la metà sono stati inseriti dopo essere stati dismessi per motivi tecnici dai campi di calcio di Serie A e B e continuano a fare errori non intervenendo in modo giusto. Si giustificano troppo spesso nel protocollo che sicuramente non li aiuta, anzi complica il giudizio.
Nicchi, ex Presidente AIA, per un lungo periodo nel 2022 fu il promotore di 46 arbitri tra A e B, 85 assistenti, in Lega Pro 92 arbitri e 178 assistenti, della Can D 386 arbitri, 392 assistenti arbitrali. In quest’ultimo caso si tratta infatti di direttori che devono anche dirigere i campionati Under 19, 17, 18 delle squadre di Serie A e B.
Tutto a scopo elettorale, legato ai rimborsi spese che proponiamo solamente per quanto concerne quelli in vigore alla Can A e B: stipendio fisso di 90.000 euro gli arbitri internazionali, 4000 euro a gara più rimborso spese. Al VAR 1700 euro. La categoria arbitrale italiana è la terza più pagata in Europa dopo Premier e Bundesliga. Si arriva a 10.000 euro per ogni gara diretta dagli internazionali fuori dal suolo italiano.
Il problema nel passare dalla Serie A alla B è nel compenso perché la differenza è di 2000 euro. La speranza che, toccati nel portafoglio e non sospesi per una giornata, qualcosa possa cambiare.
In Italia ci sono altri livelli di pagamento inferiori in base al numero di anni di attività in serie A e B e delle gare dirette. Anche per gli assistenti i compensi variano in Serie A come per i direttori in base ad anni e partite assistite. Il cataclisma dei tanti arbitri a disposizione della Can A e B è solamente frutto di un interesse da parte da chi lo ha proposto ai fini elettorali.
Dopo 25 anni di arbitraggio, di cui due da Presidente dell’AIA di Genova, con le ali tarpate di un passaggio alla C e B con squalifica di 9 mesi per una frase detta ad un collega al Ferraris per un arbitraggio indecente, se potessi interloquire con i due candidati alla prossima Presidenza dell’AIA mi permetterei di suggerire che, per migliorare gli arbitraggi dalla serie D in su, bisognerebbe mettere da parte i pacchi raccomandati dalla politica, dai vescovi, dagli industriali, dai poteri dello stato che sono arrivati alla Can A/B nella selva dei 46, non avendone le potenzialità già a partire dai campionati dilettanti.
Per quanto riguarda il VAR, consiglierei come succede negli altri campionati europei e nelle competizioni che si giocano le coppe di non dimenticarsi del protocollo, ma di semplificarlo facilitando l’operato sul prato verde. Sarebbero guai con i soloni che lo hanno voluto così articolato, compresi due dirigenti italiani: Collina, capo arbitrale della FIFA, e Rosetti, capo arbitrale della UEFA.
Solamente nei campionati italiani di Serie A e B – perché ormai si seguono tutti i campioni maggiori in Europa – è in voga un VAR che sbaglia davanti anche ai replay in cinemascope e che interviene a sproposito dimenticandosi di intervenire quando necessario, senza fare sceneggiate portando il direttore di gara davanti al teleschermo. Basterebbe solamente intervenire con gli auricolari in possesso dei quattro arbitri in campo.
Buoncalcioatutto è difficile da augurare ai Direttori di gara, ma un Buon Regolamento a tutti è doveroso nell’applicazione della Regola 11 sul fuorigioco, non più un problema regolamentata dal goniometro del VAR, e soprattutto della Regola 12, coi pestoni non volontari tesi a far male che fanno parte di uno sport di contatto. L’intensità del fallo con “vigoria sproporzionata” si deve vedere ad occhio nudo. Inutile estrarre il giallo e dopo essere sconfessati dal VAR. La stessa operazione anche per i falli di mano: il Regolamento del gioco calcio è chiarissimo e non c’è bisogno di accertarlo con un protocollo.