L’attaccante del Genoa, Andrea Pinamonti, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Cronache di Spogliatoio che in collaborazione con Pulsee ha intervistato anche i compagni Frendrup e Thorsby (clicca QUI per l’intervista completa). Ecco, di seguito, le dichiarazioni del centravanti:

L’intervista inizia dal rapporto con la famiglia e dal supporto che ha ricevuto: “Come famiglia mi sento privilegiato perché da mamma e papà ho sempre avuto tutto. Non mi hanno mai imposto nulla ed ero libero di provare vari sport. Ad otto anni sono arrivato ad un bivio nella scelta tra calcio e tennis, che frequentavo più volte a settimana. Lo sci era un divertimento. Alla fine ha prevalso la passione per il calcio. Non ho mai avuto dai miei genitori una pressione sul dover fare questo o quello: la cosa bella per un bambino è avere genitori che ti lascino libero di fare le tue scelte. I miei genitori, anche dopo la mia scelta, dovrò sempre ringraziarli. A che età sono andato via da Cles? Definitivamente a 14 anni, quando sono andato in convitto all’Inter. Dagli 8 ai 13 anni  ho fatto settore giovanile al Chievo Verona, ad un’ora e mezza da casa mia. Ero a casa mia, vivevo coi miei genitori, ma era un’ora e mezza ad andare e tornare, quattro volte a settimana. Era più fuori casa che in casa. L’esperienza del convitto è stato brutta da una parte perché ti stacchi da parenti e amici, ma ha avuto i suo pro e contro ed è stata liberatoria perché non avevo più quell’ora e mezza di macchina da fare”.

Chi mi ha più ispirato nella mia carriera? Ho avuto tante esperienze sia con allenatori sia con giocatori differenti – prosegue Pinamonti –  I miei anni all’Inter sono stati sicuramente quelli dove ho imparato di più coi giocatori: quando ero più piccolino con Icardi, l’anno dello scudetto con Lautaro e Lukaku. Dopo quell’anno mi sono sentito migliore. Ogni allenatore ha la sua idea di gioco, puoi assimilare da ciascuno più cose positive. Non c’è una persona singola con la quale ti direi che mi sono sentito migliorato, ma è un mix di persone che mi hanno fatto crescere”.

Si passa, poi, a parlare del Ferraris e della spinta che dà. “Il Ferraris, a livello di pubblico, è al top in Italia. I tifosi sono fantastici e per forza di cose ti portano a dare qualcosa in più. Quando hai tutto uno stadio che ti incita e applaude così, quando sei morto scopri di avere qualche energia in più che non pensavi di avere. Quando entro, so di dover fare tanto lavoro difensivo. La squadra ha bisogno anche di quello e non mi tiro indietro. Mi hanno spesso criticato perché spendevo troppe energie in corse inutili e nel tempo ho imparato quali fossero le corse utili. Sto migliorando, ho ancora tanto da migliorare, ma nel calcio tutti devono aiutare la squadra. Prima si considerava l’attaccante boa davanti, ma nel calcio di oggi è impossibile giocare con un giocatore in meno in fase difensiva”.

Alla domanda sul momento più difficile della carriera, Pinamonti non si tira indietro: “Il mio è stato qui a Genova, nella mia prima esperienza. Sono arrivato qui con tantissime aspettative, esagerate, e tutti si aspettavano qualcosa che non ero in grado di fare perché avevo poche presenze ed esperienza. C’erano tante aspettative: quando arrivai, l’ambizione era di andare in Europa e alla fine ci salvammo all’ultima giornata. Per assurdo, in quel momento lì preferivo giocare fuori casa che in casa. Adesso è esattamente il contrario e non vedo l’ora di essere al Ferraris. Se ho mai pensato di dire “basta”? No, quello no. Un pregio che mi riconosco è che di testa riesco a scrollarmi le cose di dosso. non arriverò mai ad un punto del genere, a mettere da parte la mia passione”.

Sulla figura del mental coach, aggiunge: “Non ho un mental coach, ma se mi dicessero che serve per arrivare in Nazionale, lo prenderei subito (sorride, ndr). Al momento non ne sento la necessità particolare, ma non ne escludo un utilizzo. La nazionale? È un mio obiettivo, certo. Abbiamo però un fine campionato molto impegnativo, il nostro obiettivo è la salvezza e voglio fare più gol possibile“.

Arriva poi un passaggio sul rapporto con i social: “Io torno ancora al primo anno qui a Genova e penso che per colpa mia andavo a leggere i commenti su di me e anche se mi ripetevo di non dar peso, qualcosa ti tolgono. Con i social tutti si sentono in diritto di scrivere qualsiasi cosa e non si sa manco chi è che scrive e questa cosa toglie, non c’è limite a niente. Da quell’anno lì ho tolto questa cosa da me stesso, non leggo praticamente niente: né nel bene né nel male. Penso sia una cosa che toglie e basta. Ovviamente uso i social anche io, ma credo che servirebbe fare qualcosa perché è una cosa con troppa cattiveria e troppa gente negativa. Bisognerebbe accantonare queste cose qui“.

Cosa ha portato Vieira? Tanti punti sicuramente“, risponde Pinamonti che aggiunge: “E poi un mentalità diversa, molto aperta con cui puoi avere un grande rapporto nel parlare di qualsiasi cosa. E un po’ di serenità, era un momento in cui ne avevamo bisogno dopo un inizio non proprio felice. Scherza molto, all’inizio non pensavo. E’ molto serio quando si lavora, ma nei tempi morti e liberi scherza molto e ha sempre il sorriso