“Cornuti e mazziati”, direbbero a Napoli, per quanto accaduto al Genoa, ai calciatori e al suo popolo, nella settimana santa appena conclusa. Se la partita si fosse giocata il giorno di Pasquetta, quando molti tifosi erano già in viaggio per raggiungere il Ferraris, probabilmente avrebbe avuto un altro epilogo. I laziali, reduci dalla sconfitta ai rigori contro il Bodø/Glimt e stremati dopo 120 minuti di gioco alla ricerca del gol qualificazione in semifinale di Europa League, avrebbero potuto schierare almeno tre/quattro giocatori acciaccati o assenti per infortunio.

Sarebbe stata la prima volta in 33 giornate che il Vecchio Balordo avrebbe potuto approfittare delle fatiche europee degli avversari. Invece, la gara spostata al mercoledì ha permesso a tutti i titolari di Baroni di tornare in campo, eccezion fatta per Isaksen (squalificato) e Tavares (infortunato).

Tutto questo non è stato solo una beffa per il Vecchio Balordo, già privo di 7-8 pedine fondamentali: Malinovskyi, Miretti, Cornet, Matturro, Onana, Ekuban (assente dell’ultima ora) e Cuenca, con Zanoli in panchina ma non al meglio.

Nei primi dodici minuti di gioco, due occasioni importanti sui piedi di Pinamonti non sono andate a buon fine, una quasi un rigore in movimento dopo una splendida azione in cui aveva saltato due avversari.

Giustamente, i gruppi della Nord hanno attuato 15 minuti di sciopero contro le ingiustizie della Lega Serie A e della FIGC, che stanno penalizzando i tifosi e chi ama davvero il calcio. Quanto successo in occasione della morte del Santo Padre è stato paradossale: partite rinviate solo poche ore prima del fischio d’inizio e il solito balletto su recuperi e programmazioni per la 34ª giornata di campionato.

Dovevano essere 32.000 i tifosi genoani presenti a Pasquetta, con 525 posti riservati alle famiglie che avevano preso il posto dei tifosi laziali, a cui era stata vietata la trasferta. Ieri sera, difficile dire quanti fossero i presenti, visto che solo oggi si potrà sapere quanti hanno chiesto il rimborso dei biglietti.

A complicare tutto, martedì pomeriggio il Governo ha deciso che non si sarebbero disputate partite il sabato, il tutto per i funerali di Papa Francesco. Qualche ora dopo, la Lega Serie A ha ufficializzato il recupero di Como-Genoa per domenica alle 12:30. Corsa ai biglietti, andati esauriti in poco tempo.

Il danno ieri pomeriggio è arrivato al 17’ del primo tempo: il lancio di diversi fumogeni, uno dei quali ha colpito il fondoschiena del portiere Mandas, con ripresa televisiva che ha evidenziato l’episodio. Ora si attende il giudizio del Giudice Sportivo.

Giusta la contestazione, sbagliato lanciare fumogeni in campo, soprattutto essendo già stati puniti in precedenza. Dietro la curva campeggiava un lenzuolo con la scritta: “La dignità è di tutti”. “Dignità” è una parola che non ha plurale. Il rispetto per gli altri presenti al Ferraris sì, anche se qualcuno in più avrebbe potuto aderire allo sciopero dei 15 minuti.

La partita poteva finire al 21’ del primo tempo, con il cartellino rosso sventolato al giovane Otoa al suo esordio in Serie A. Rosso nato da un errore di De Winter su un lancio lungo che ha liberato Zaccagni. Otoa lo ha fermato con un braccio: Ayroldi ha ritenuto fosse ultimo uomo. Eppure, fino al 20’, Otoa aveva fatto vedere buone cose, bloccando Zaccagni sia di testa che di piede sulla corsia laterale.

La gara, però, non è finita lì. Il Vecchio Balordo, dopo lo sbandamento iniziale, ha cercato di reagire, con la Lazio tutta schierata nella metà campo rossoblù. Viera si sbracciava dalla panchina affinché Leali rilanciasse subito il gioco, per non permettere ai biancocelesti di rientrare in difesa. Ma era difficile creare pericoli, con Vitinha e Pinamonti isolati contro due avversari.

L’uscita di Otoa e l’arretramento di Norton-Cuffy in difesa hanno lasciato campo libero a sinistra: Pellegrini, in versione Nilton Santos, ha servito cross a ripetizione in collaborazione con Zaccagni, da cui è nato il gol al volo di Castellanos.

A fine primo tempo, 1-0 per i romani. L’unica altra azione degna di nota, una parata di Leali su tiro da fuori di Lazzari.

Nel secondo tempo, il Genoa non si è arreso: ha sprecato un’occasione con Thorsby, poi ha incassato il raddoppio di Dia su assist al bacio di Rovella, pur giocando in dieci uomini per quasi 60 minuti. Al 73’, espulsione anche per Belahyane, reo di un pestone su Thorsby: Baroni, preoccupato per il 10 contro 10, ha tolto gli attaccanti.

Da questa partita, oltre al consueto carattere dei genoani, va sottolineata la disposizione tattica di Vieira: un 4-5-1 compatto, che diventa il moderno 4-2-3-1, con Vitinha nel cuore del tridente e Pinamonti in attacco. Frendrup e Masini su Guendouzi e Rovella, Thorsby e NortonCuffy sugli esterni.

Da ricordare anche il debutto di Venturino al Ferraris e il ritorno in campo di Ekhatòr e Ahanor (due classe 2006 e un 2008). Tre giocatori che Vieira cercherà di valorizzare in questo finale di campionato per prepararli al futuro. E non dimentichiamo i venti minuti da punta di Messias, in versione mezzala ispirata, con buon piede e ottime idee.

Durante il minuto di silenzio per la morte di Papa Francesco, tutto il Ferraris si è unito in un raccoglimento toccante, seguito da un lungo e caloroso applauso. Meritatissimo, per un Papa che amava, oltre agli ultimi, anche il calcio.