DI SEGUITO L’AUDIO CONE LE PAROLE DI DAVIDE NICOLA IN CONFERENZA
La prima di Davide Nicola sulla panchina del Genoa porta al Ferraris una vittoria fondamentale in una partita sofferta e combattuta. Il suo Grifone va avanti dal dischetto, viene raggiunto e rischia di capitolare prima di raddrizzare la partita in contropiede sull’asse Criscito-Favilli-Pandev. Al fischio finale il nuovo allenatore abbraccia tutti ad uno ad uno (per primi il grande escluso Schöne e il direttore sportivo Marroccu) e chiama la squadra a raccolta: tutti insieme verso la salvezza. Dall’Inferno al Paradiso nel giro di pochi minuti?
“A me piace allenare, devo dire che forse mi diverto anche più di quando giocavo. Da giocatore la tensione si scaricava entrando in campo, oggi l’area tecnica è davvero troppo piccola. Davvero, fosse uno spettacolo sarebbe stata un’impostazione da tragedia incredibile. Andiamo per gradi: la situazione è sicuramente delicata, siamo nella posizione di classifica in cui siamo. Ragioniamo per obiettivi: ho analizzato la squadra cercando di procedere per tre princìpi. Il primo è la capacità di avere un equilibrio in entrambe le fasi ma non basta, perché l’equilibrio devi averlo sia se devi fare pressione ultra offensiva, sia nella zona mediana del campo e soprattutto quando sei più basso. L’equilibrio bisogna averlo anche quando gestisci tu la palla, loro erano abituati a farlo partendo dal portiere a me piace gestire da dietro ma per arrivare a conquistare determinati spazi. La capacità di capire che bisognava essere più veloci a riposizionarsi una volta finita l’azione. In questa squadra gli attaccanti non erano abituati per idea a fare la fase difensiva e credo che in Serie A non ce lo si possa più permettere. Lo fa anche l’Inter, con grandi giocatori. I miei giocatori oggi hanno cercato di elaborare quei 4 concetti spiegati in 5 giorni. Siamo partiti molto contratti, ma questa vittoria è la dimostrazione che quando hai spirito propositivo, umile, anche se non sei perfetto…”.
Le più grandi difficoltà del Genoa? Sostiene Nicola: “L’unica difficoltà che avevamo era nel palleggio, perché nell’uscita del pallone scivolavamo in una difesa a quattro. Loro avevano due mediani che attiravano la pressione dei nostri centrocampisti e posizionavano uno dei loro davanti. Jagiello e Sturaro andavano in pressione, noi non riuscivamo sempre ad alzare Radovanovic sull’altro mediano ma abbiamo corretto e migliorato nel secondo tempo. Il Genoa ha avuto 6 occasioni da gol contro le 2 del Sassuolo: qualcosa ha dato i suoi frutti, ma potevano fare qualcosa in più. Non sono un medico, sono un tecnico. Mi sento un tecnico che deve cercare soluzioni e ho dovuto fare valutazioni per quel che ho visto”.
Su Schöne, il grande escluso: “Ritengo che per caratteristiche lui e Radovanovic non possano stare insieme, pur essendo Lasse un giocatore importante. Se ha pazienza di seguire quel che gli dirò e quel che il calcio in Italia gli chiede per la nostra situazione di classifica, allora potrà esserci utile. Non ho sposato uno o l’altro, quindi vediamo chi è più utile. Il mio 3-5-2 lo interpreto anche con due mezze ali che siano più box-to-box, con movimenti coordinati fra mezze ali, esterni ed attaccanti”.
Quanto conta aver subito vinto questa partita, seppur con qualche difetto? “Inutile girarci intorno – risponde Nicola – Abbiamo fatto bene per le occasioni create ma dobbiamo migliorare in tantissime cose. Il risultato conseguito ci ha dato la possibilità di farlo, sapendo che qualcosa dei 5 giorni ti ha già pagato. C’è una marea di cose da fare e lo sappiamo tutti, non posso essere presuntuoso pensando di risolvere tutto subito e non devo essere schiavo del risultato. Conta però molto di più come fai risultato, quali strategie di gioco hai usato ed arrivare ad avere una strategia precisa per non essere in balìa delle onde. I giocatori non erano abituati alle mie richieste, questo è un dato di fatto. In 5 giorni poter incamerare anche solamente 4 concetti è complicato e può portare a perdere sicurezza. Ci vogliono dai 20 ai 21 giorni per apprendere un concetto: per forza di cose cercavano di osservarsi: nel primo tempo non scalavamo bene e nel secondo con più coraggio. Nella mia idea, io credo molto nella pressione ultra-offensiva. Nella costruzione da dietro tutte le grandi hanno faticato contro il Sassuolo. Noi dovremo migliorare l’uscita in pressione, sulla linea verticale: non so se sia una caratteristica di tutti i giocatori o meno, perché ad esempio Romero la ha naturalmente”.
Sanabria? “Potrebbe essere una domanda per chi c’era prima. Sono arrivato 5 giorni fa e per me partono tutti da zero. Farò la mia valutazione tecnica alla società, in Coppa Italia inevitabilmente giocheranno altri giocatori. I tre difensori centrali erano i soli disponibili, il quarto era Goldaniga e Zapata era appena rientrato. Finito il mini-ciclo dirò alla società cosa secondo me può servire, se va bene o non va bene. Con loro c’è un dialogo e confronto continuo. Giovedì di cosa terrò conto? Una l’abbiamo passata e va bene. Ho chiesto ai ragazzi pazienza, di stare insieme. Gli ho detto che avrei avuto piacere di preparare la partita di Coppa Italia insieme. Valuterò tutta la rosa, non potrò mettere in campo gran parte dei giocatori messi in campo oggi. Abbiamo ricominciato un percorso di ri-atletizzazione sulla squadra e dovremo arrivarci in progressione, perché mettere in campo tutto subito rischia di fare danni”.
L’umiltà è stata sottolineata, il coraggio lo si è visto nell’azione del 2-1: “Credo che il coraggio sia una virtù, almeno quello sensato, ma parliamo del nulla. Voi sapete benissimo quanto sia formativo giocare in uno stadio del genere. Alcuni sono pronti, alcuni lo diventeranno fra un po’ e so benissimo quello che dico. Nei primi minuti vedevo che eravamo molto contratti, non poco coraggiosi, con quella paura di sbagliare per paura del mugugno. Devo aiutarli ad avere certezze, identità tattica ma anche nel percorso formativo, nella capacità di capire che non deve spaventare un mugugno ma un contesto del genere deve esaltare: questo ti trasforma in giocatore vero. Ma ci arriveranno”.
Sul ritorno di Perin: “Mattia lo conoscevo bene dai tempi del Lumezzane, squadra che forse nemmeno conoscete. Radu è un portiere molto capace e molto forte ma io conoscevo lui: iniziando questo percorso con i ragazzi, ho voluto immettere giocatori che conoscevo di più”.