Il presidente del Genoa, Enrico Preziosi, è tornato a parlare nella giornata odierna, alla vigilia dell’assemblea straordinaria di Lega per cercare di trovare un accordo su una possibile data di ripartenza degli allenamenti, e lo ha fatto ai microfoni di “Radio Radio“, che ha diffuso anche l’estratto integrale dell’intervista sul proprio canale YouTube. Tanti i temi trattati, dalle date più plausibili per una ripresa al discorso sul decurtamento degli ingaggi dei calciatori sino all’impatto economico che il coronavirus e lo slittamento dei campionati potrebbero avere sulle casse delle società del massimo campionato italiano.
Che momento è questo? Come lo state vivendo?
“Eh, è una bella domanda. Si vive alla giornata, senza un programma perché è difficile farne. Se si parla sportivamente, conoscete la situazione. Economicamente e politicamente la situazione è ancora da vedere. È difficile definire questa situazione con un pensiero: viviamo alla giornata”.
Come Serie A avete avuto qualche indicazione di poter ripartire in una certa data?
“Intanto si sta cercando di programmare verso fine marzo e primi aprile, ma evidentemente siamo di fronte a una situazione che va monitorata. Finché ci saranno tanti contagi e morti, non so i provvedimenti che ci riguarderanno. Io, come tutti, speriamo che si possa dare continuità al campionato. Sarebbe importante per tutta la Serie A, ma non dipende certo da noi”.
Lei su quale posizione è: riprendere gli allenamenti o aspettare di ricominciare tutti assieme?
“Come già ribadito, è impossibile pensare a una ripresa a macchia di leopardo: chi riprende prima, chi riprende dopo. Ci sono situazioni endemiche, come quella in Lombardia, e non si può dire “io ricomincio, tu aspetti”. Molte squadre sono in quarantena e non si può pensare che uno riprenda prima degli altri solo perché non ha la stessa situazione degli altri. E lo dico augurandomi che il contagio non si propaghi a tutto il resto d’Italia. Una ripartenza dovrà essere condivisa da tutte le società”.
Si riprenderà, ma lei come presidente del Genoa che posizione ha nei confronti di playoff?
“L’unico rimedio è quello di tentare di finire il campionato: le ipotesi playout e playoff sono un’idiozia totale. Non voglio prenderle nemmeno in considerazione. Non sono previsti da regolamento e dalle norme della Serie A: non si possono inserire strada facendo soltanto perché vi è un fatto straordinario. Bisogna solamente fare di tutto per terminare il campionato, anche perché ci sono problemi a livello economico e di diritti televisivi. Evidentemente questo non dipende tutto da noi, ma dalle norme e dagli input che arriveranno dal nostro Governo”.
Giusto che i giocatori contribuiscano in questo momento facendo la loro parte? Chiederete ai calciatori un sacrificio?
“Credo che la solidarietà non vada stimolata più di tanto. A livello di AssoCalciatori dovrebbero essere anche loro a dare un input per fare in modo che una piccola parte sia devoluta per questa situazione. Se mi chiede poi se lo ritengo giusto o meno, credo sia giusto che ognuno contribuisca”.
Se dovesse in questo momento tracciare un bilancio: nella vita futura lei immagina un nuovo calcio senza arroganze, guadagni esagerati e probabilmente immeritati, che aderisca di più alla vita reale?
“Dovremmo cancellare dal vocabolario la parola “egoismo” che fa parte dell’essere umano. Sarà un po’ difficile che un evento di questo tipo cambi l’essere umano. I calciatori manterranno le loro ambizioni, ma credo che qualcosa questa situazione lo lascerà e cambierà. Lo stare così a casa, in decine di milioni di persone, qualcosa dovrà insegnare. Non credo però che contribuirà a fare diventare altruista una persona egoista”.
In termini economici, che succede alle società? E se si dovesse cominciare a giugno?
“Per evitare maggiori danni – e danni ce ne sono già per le partite a porte chiuse già giocate, per quelle si giocheranno e per i mancati incassi – il discorso va un po’ spostato. Se noi terminassimo il campionato, l’impatto sarebbe molto inferiore. Ci sono diritti televisivi e sponsor che incidono molto sulle casse di una società. Questo aspetto va disciplinato e calcolato in funzione di ciò che riusciremo a fare: se il campionato terminerà, l’impatto sarà gravoso, ma non quanto ci si potrebbe aspettare”.
Crede che le date che si leggono per una ripresa possano essere realistiche?
“Se parliamo degli altri campionati, se parliamo di stop sino al 30 aprile, avranno bisogno di almeno tre settimane di preparazione per riavere tono muscolare e recuperare i mancati allenamenti, che qualche danno lo fanno. Se pensassimo di ripartire come l’Inghilterra a fine aprile, faremo molta fatica a finire il campionato. Noi speriamo che si possa ricominciare nell’arco di un paio di settimane: e vuol dire almeno fino al 3 aprile. Parlo di allenamenti, perché anche nel nostro caso avremo bisogno di almeno tre settimane per poter giocare la prima settimana di maggio. Si può fare visto che l’Europeo è slittato al 2021″.
Se non si riuscisse a fare entro il 30 giugno e si dovesse prorogare di un mese, spostare i contratti di un mese sarebbe un problema?
“I lavoratori dipendenti hanno contratti che costituzionalmente sono validi. Poi se ci sono deroghe da una federazione oppure un ente che permettono di allungare i termini, questo è un altro discorso. Tenga presente che noi abbiamo tanti giocatori in prestito che a giugno scadono e sono giocatori che al primo luglio sono di un’altra squadra. E poi ci sono riscatti in base alle prestazioni che un calciatore offre. Partire a giugno sarebbe veramente un disastro. Se poi c’è un ente autorizzato a dare deroghe, in quel caso tutto è possibile”.
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