Il quinto episodio di questa rubrica porta con sé un aneddoto del collega Pinuccio Brenzini, che ci ha raccontato  di come visse, lontano da Genova, la gara di andata tra Genoa e Liverpool. In Inghilterra per lavoro riuscì a seguire la partita tra Bristol e Londra, “accerchiato” da tifosi britannici. Al gol di Fiorin si trattenne, ma a quello di Branco…

“Mando volentieri questo pezzo se serve a far sorridere, visto che in questo momento sorrisi ne abbiamo pochissimi. c’è un ricordo tra i tanti, delle tante partite viste, quando ancora si lavorava con le radio. Allora lavoravo per Kiss Kiss e nel frattempo lavoravo in una multinazionale che si occupava di alcolici, la Guinness.

Quando si dovette giocare il match Genoa-Liverpool – naturalmente le avevo viste tutte sia in casa che in trasferta, sia come tifoso che come giornalista – fui inviato da questa azienda a fare un corso one to one in inglese in Inghilterra e soprattutto a passare questo mese per imparare le tecniche del trade marketing. Allora io mi dovetti perdere, soffrendo, la partita d’andata che si giocò al Ferraris. Genoa-Liverpool, partita in cui il Genoa che vinse 2-0.

Ricordo che andai a vedere in Inghilterra, tra Bristol e Londra, il match direttamente in un pub pienissimo di tifosi britannici. Mi nascosi in fondo con la mia Guinness in mano per seguire ugualmente alla televisione quello che accadeva. Al gol di Fiorin riuscii a darmi una sorta di pugno nello stomaco da solo per non esultare, con lo sconforto degli inglesi che seguivano il match a suon di bevute. Nel finale, quando Branco fece partire quella sorta di siluro – qualcosa che mi fa venire ancora i brividi a pensarci – non ce la feci: saltai in aria, mi cadde la birra per terra e tutti si girarono a guardarmi. Silenzio assoluto, panico e terrore nei miei occhi: dopo cinque secondi di silenzio non seppi dire alto che “a beer for everyone“, “una birra per tutti”, tre secondi ancora di silenzio e poi esultanza degli inglesi che apprezzarono il mio gesto da italiano e genoano.

Mi costò parecchie sterline, ma pagai volentieri questo giro perché ero felice. Non dormii ovviamente la notta successiva – anche per le bevute alle quali dovetti partecipare – e finii ad una festa, ma questo 2-0 per me fu fantastico. Rimasi in Inghilterra per andare ovviamente a vedere la partita di Anfield, ma mi fecero uno scherzetto nell’azienda dove lavoravo: in quel caso ero in Scozia. Capirono che volevo vedere questa partita: non sapevo che pesci prendere, cercavo di attaccarmi a qualsiasi possibilità per andare ad Anfield. Mi fecero uno scherzetto niente male: fecero finta di arrabbiarsi per il fatto che stessi pensando alla partita del Genoa e non al lavoro, mi chiamò il mega direttore di allora al quale io ero stato affidato a lavorare e imparare il quale, serissimo, mi diede una busta come quella del licenziamento.

Rimasi malissimo, mi disse di aprirla e dentro trovai i biglietti per Anfield: uno per me e uno per mia moglie. Allora non ero ancora sposato, ma lei mi raggiunse per vedere la partita con me. Andammo ad Anfield passando da Manchester, dormendo poi davanti allo stadio dello United. Fu un momento straordinariamente bello. Ricordo con grande soddisfazione, oltre al trionfo per essere stati i primi a vincere da quelle parti, l’augurio anche del mio capo britannico – tifoso dell’Arsenal – che mi disse: “Mi raccomando, fatevi valere ad Anfield“. Sinceramente non pensavo sarebbe andata così bene”.


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