Durante l’evento “Locker Room, Fuga per la Vittoria” organizzato dall’Associazione Sportiva LUISS Sport è intervenuto anche il portiere rossoblu Mattia Perin, che ha risposto ad alcune domande relativamente alla possibile ripresa del campionato e alla situazione interna a mondo Genoa, relativamente ad una ripresa e ai primi test medici, che sono cominciati oggi per i giocatori che erano rimasti di stanza nel capoluogo ligure.

Tra noi calciatori quali sono sensazioni e paure? Mentalmente sia io che i miei colleghi, sia compagni di spogliatoio che di altre squadre, non abbiamo mai staccato di testa, allenandoci sempre costantemente, seppur a casa e non in campo col pallone, la nostra materia prima. Abbiamo fatto quello che potevamo per tenerci in forma. I pareri sono discordanti: c’è chi vuole riniziare al più presto, chi ha un po’ di timore. A me manca tantissimo il pallone, come a chi lo guarda e basta, ai tecnici e a tutta l’Italia. Io sarei per riprendere, però c’è da dire che la salute va sempre messa al primo posto.

A quanto pare stanno facendo dei protocolli per proteggere sia noi sia gli staff tecnici e medici e tutte le persone che sono all’interno di una squadra di calcio. Ricordiamoci sempre che una squadra non è soltanto i 22/23 giocatori, ma anche i fisioterapisti, i massaggiatori, i magazzinieri e così via. Rincominciando sappiamo già che ci saranno dei piccoli casi, non possiamo pensare che andrà tutto liscio: la cosa importante è sapere gestire la situazione, laddove venissero fuori nuovi giocatori positivi. Un po’ come stanno facendo in Germania, dove su 1700 tamponi eseguiti sono risultati 10 positivi. Gli altri giocatori ogni 3/4 giorni fanno test più approfonditi.

Io sono stato richiamato a Genova lunedì che faremo dei test sierologici. A quanto pare siamo sicuri al 90% più un tampone. Poi c’è il fattore della responsabilità: è una roba più grande di noi, ma prendersi la responsabilità delle vite altrui è un problema che va presa in considerazione. Si sta facendo di tutto per riportare in campo le squadre. Gli introiti annui del calcio penso non li faccia nessun altro settore e sarebbe un punto di partenza per l’Italia, dal punto di vista economico e morale”. 

Se al Genoa abbiamo ripreso gli allenamenti individuali? Non ancora, siccome dobbiamo ripetere tutte le visite mediche, essendo stati fermi per due mesi, il Genoa ha ricominciato a fare le visite intanto a chi era rimasto a Genova. Infatti lunedì sono stato richiamato per svolgere le nuove visite mediche. Da quanto ho capito ci deve essere un ritiro permanente di almeno tre settimane, dopodiché  ricomincerebbe il campionato.

È tutta roba scritta, non c’è nulla di concreto, ma pensare di poter fare ritiro per altri due mesi fino al termine del campionato, sino alla fine di luglio, è pesante. Il Genoa, ad esempio, ha il centro sportivo ma non ha le camere. Quindi dovrebbe prendere un altro albergo, dove siamo solo noi, e dove chi fa le camere non torni a casa dalle proprie famiglie ma rimanga con noi in ritiro. Sicuramente è un susseguirsi di problemi che portano spese alle società. E tanti introiti quest’anno non li prenderanno, perderanno qualcosa”.

Come fa un calciatore a non perdere la testa in un periodo come questo e ricreare uno spogliatoio dentro un gruppo Whatsapp? Un giorno, quando smetterò col calcio, la prima cosa cui penserò sarà lo spirito che si vive in uno spogliatoio: dal “cazzeggiare” al parlare del prossimo avversario contro cui dovrai giocare. Ritiri, vittorie, sconfitte: vivere quell’ambiente ti fa sentire vivo. In questo periodo sto tenendo una tabella nutritiva come se dovessi giocare: mi prendo solo un pasto libero a settimana. Per quanto riguarda il gruppo, ora coi telefoni è tutto più semplice. Tutti i giorni mandiamo la temperatura e chi manda la temperatura troppo bassa lo prendiamo in giro. È tutto un prendersi in giro”. 


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