Cercare di guardare da vicino il Genoa, in questa prima fase della stagione, diventa davvero difficile, specialmente se lo si vuole fare partita per partita. Questo perché la squadra di Juric alterna momenti della partita in cui impensierisce l’avversario ad altri in cui subisce tremendamente la manovra avversaria. Nella gara di ieri sera non si può certo parlare di un Chievo dominatore del gioco, ma si può probabilmente parlare di un Maran che aveva studiato bene il proprio avversario: la mossa di Castro in veste di “tuttocampista” nel secondo tempo, in linea con quello che era stato il lavoro di Luis Alberto e Milinkovic-Savic, ne può essere testimone.
Del resto il tecnico trentino ha affrontato il Grifone con rispetto e attenzione, rinforzando il centrocampo con un uomo in più e affidandosi a un 4-4-1-1 iniziale con Bastien largo a destra e Birsa alle spalle di Inglese. Il Genoa della prima frazione di gioco ha provato a manovrare sfruttando in egual misura le due fasce, nel secondo lavorando di più sulla sinistra (anche se il gol di Laxalt è arrivato su traversone di Rosi dalla destra, ndr). Manovra sugli esterni a parte, c’è un dato che si ripete da inizio stagione e che in qualche modo inficia le prestazioni del Genoa: al mantenimento del pallone e alla conduzione del gioco mancano velocità e precisione, oltre che tranquillità e spigliatezza. Il numero di traversoni fuori misura registrato ieri sera al “Ferraris” può ben spiegare quello che si vuole dire e lo avalla anche la sostituzione di Lazovic ad inizio secondo tempo dopo un primo tempo di grandi difficoltà.
DUE TERZI DI GARA AVANTI NEL POSSESSO, POI SI È SPENTA LA LUCE – Dal punto di vista della gestione del gioco, anche ieri il Genoa aveva cercato di prendere in mano la gara: nel primo quarto d’ora aveva addirittura fatto più del doppio del possesso pallone del Chievo (7 minuto contro tre e mezzo, ndr). Il Chievo rispondeva ripartendo in contropiede e affidandosi alla rapidità dei suoi incursori; solo in estrema ratio si affidava alla profondità dettata da Inglese, ben bloccato da Rossettini. Il Genoa qualche contromisura all’avversaria l’aveva trovata, infatti al tiro di Birsa al primo minuto di gara non faceva seguito molto altro su sponda gialloblu.
Il problema era piuttosto che il pallone viaggiava comunque più lento del dovuto per larghi tratti della gara e pesava visibilmente tra gli scarpini rossoblu, soprattutto quando si cominciava a percepire che il gol tardava ad arrivare: lo testimonia un dato, quello di 32 passaggi sbagliati e 38 palle perse. Prendendo in considerazione le prime cinque giornate di campionato, il Genoa ha confermato – peggiorandole – le medie di inizio stagione: una media di 31,4 passaggi sbagliati e di 35 palle perse a partita.
TROPPI ERRORI IN FASE DI COSTRUZIONE – I 38 palloni persi nei 90′ di ieri sera sono un dato inferiore solo a quello registrato a Udine, quando se ne persero 42. In questa “categoria” di errori tecnici si troverebbero, andando più a fondo, qualche passaggio in orizzontale fuori misura della difesa, qualche appoggio sbagliato – o forse dato a memoria – dai vari Taarabt, Bertolacci e Rigoni; infine qualche errore propiziato dalla pressione degli avversari. In ogni caso si parla di numeri che ritardano l’affinamento di un’intesa di squadra, dei suoi movimenti. In altre parole, l’accensione della scintilla giusta verso la strada della continuità.
Il Genoa, sia chiaro, aveva già vinto qualche partita sotto la guida Juric non convincendo per tutta la gara: si pensi all’esordio col Cagliari dell’anno scorso oppure al primo tempo sul neutro di Pescara, contro il Crotone, quando fu un vero e proprio assedio della formazione calabrese con addirittura due pali, di cui uno di Palladino. Poi il tecnico rossoblu ribaltò entrambe le gare, in un caso con gli ingressi di Rigoni e Ntcham, nell’altro con quello di Gakpè. E attenzione: in quelle partite la manovra del Genoa, quando entrava in moto, diventava davvero avvolgente e gli errori in fase di impostazione erano sensibilmente minori, il possesso pallone nettamente superiore. Erano i tratti che avevano cominciato a far parlare di Juric come di una sorpresa alla guida del Genoa.
IL GENOA NON RIBALTA PIÙ LE PARTITE? – Oggi si è capito che qualcosa funziona con meno efficacia. Può essere fisiologico o meno nell’arco di una stagione, ma considerando la passata stagione e il convincente precampionato è situazione che necessita di una svolta decisa per non incappare in guai più gravi in primavera. Veloso per adesso si sta confermando come il giocatore che macina più chilometri in campo (11,6 contro il Chievo, ndr) ma che, a lungo andare, risente del compito esclusivo di fare da filtro davanti alla difesa, non potendo poi smistare palloni a destra e a manca. Bertolacci, dal canto suo, ieri ha lavorato più avanzato e molto vicino a Pellegri in fase di possesso, come testimoniano le immagini del primo tempo qui sotto (Bertolacci è il pallino numero 8, ndr) e quel passaggio filtrante non agganciato dal giovane bomber rossoblu che lo avrebbe messo davanti a Sorrentino: anche nel caso dell’ex Milan stanno venendo a mancare alcuni spunti che nella precedente parentesi rossoblu lo avevano contraddistinto. Il compito di copertura, ad esempio, oltre a condannarlo a perdere comunque troppi palloni per il ruolo che gli è stato ritagliato da Juric (16 da inizio stagione, 4 solamente nella gara di ieri), pare non dargli particolare agio nell’inserirsi da dietro e tagliare le difese. Nell’anno dell’Europa mancata fu invece un suo marchio di fabbrica, letale per tante retroguardie un po’ come lo furono i suoi tiri dalla distanza.
E se, come si diceva nell’editoriale di ieri, è un centrocampo che fa vincere le partite, la realtà è che questo centrocampo dovrà migliorare il suo status attuale, e questo per quanto i due centrali si stiano già spremendo per assicurare la doppia fase di gioco richiesta dal mister rossoblu. Un dettaglio che potrebbe spiegare questa problematica è che non solo il Genoa, da almeno tre gare a questa parte, subisce più del 50% della manovra offensiva avversaria dalle zone centrali del campo, ma che quando il Chievo ha preso in mano le redini del gioco, all’incirca dal minuto 61’ che aveva decretato il vantaggio rossoblu con Laxalt, lo ha fatto chiedendo uno sforzo in più a Castro, che assieme ad Hetemaj risulta – non a caso – l’unico gialloblu ad aver corso più di 12 chilometri. Proprio Castro – che l’anno scorso al “Bentegodi” blindò a randellate sulle caviglie Rigoni che agiva da trequartista – è andato a fare tre ruoli diversi per il centrocampo infastidendo non poco i mediani rossoblu con la loro manovra. Perché dalla mediana passa il gioco del Genoa durante le gare, e se si blocca quella zona di campo c’è il rischio che il motore si inceppi.
QUALCHE NOTA POSITIVA DOPO LA QUINTA GIORNATA – Da segnalare due aspetti. Il primo si lega a Diego Laxalt, tornato a fare anche il recupera palloni (8 quelli intercettato ieri sera, ndr) e spingere avanti e indietro per tutta la gara, supportato a sua volta da una buona prova di Zukanovic. Il laterale uruguaiano è risultato troppo impreciso quando arrivava sul fondo per crossare, ma spina nel fianco costante per Tomovic.
Il secondo aspetto invece evidenzia il dato sui corner, che ad oggi sono stati sette in meno dell’anno scorso ma con una percentuale di incidenza sui tiri in porta maggiore. Il Genoa ne ha battuti 22 da inizio stagione (4,4 a partita) e ha creato occasioni da gol su poco meno del 5% di questi calci piazzati. Messi centimetri in rosa, ci si aspetta inevitabilmente qualcosa in più: serve chi qualche pallone lo ribadisca in rete. Anche perché la gioia di una prima vittoria la si potrebbe provare a tirare fuori da una situazione di gioco come quella appena tirata in ballo. il Genoa l’anno scorso ha perso punti importanti dietro alla piaga dei calci da fermo: quest’anno si può ancora invertire la tendenza.