Il calcio in Italia non è il più bel gioco del mondo. I suoi significati che riassumevano tendenze primitive da parte dell’uomo calciatore e spettatore, come la difesa accanita, la conquista violenta ed astuta calcistica del risultato in casa e fuori casa grazie all’agonismo virile sono rimaste solo nella tattica che appassiona attraverso i numeri dei moduli. Per tale motivo i temi tecnici sviluppati dal singolo calciatore sono inferiori a quelli dell’articolato della squadra.
Questa riflessione iniziale dopo aver visto giocare in Inghilterra il giorno di Santo Stefano il famoso Boxing Day, una festività nata, non per il calcio, nei paesi del Commonwealth di religione cristiana che si basa sul regalare ai meno fortunati doni, probabilmente avanzati da sotto l’Albero, oppure acquistati all’inizio dei saldi (Boxing Day, “inscatolare”, nei paesi governati dalla Regina Inglese). Il football inglese subito bravo ad approfittarne scimmiottando corse dei cavalli e rugby. In Italia Santo Stefano al calcio è stato scippato da pallavolo e pallacanestro che riempiono palazzetti dello sport nonché dal campionato di Serie B sempre più concorrente della serie A, anche se i giornali sportivi lo dimenticano nelle rotatorie e nei computer.
Il boxing day ha subito messo in evidenza qual è il campionato di calcio più bello del mondo? Difficile dirlo, anche se negli ultimi anni grazie a Murdoch che ha affiancato Sky Sport a Fox Sport riesce a far vedere i 5 campionati più importanti d’Europa dalla prima all’ultima giornata. E chiunque potrà farsi una sua opinione, anche se soltanto dal tubo catodico.
L’Italia è stata superata da tutti eccetto la Ligue 1 francese, ma i cervelloni di Lega e FIGC italiana non hanno ancora capito – anzi lo hanno percepito benissimo – il perché che è semplice: la presenza media negli stadi italiani. Le sempre più obsolete strutture italiane ci relegano in fondo alla classifica con una media di 25mila spettatori circa, poco più della metà rispetto alla Bundesliga dove ci sono gli stadi più moderni e confortevoli.
Negli Stadi che vediamo per TV, anche se le strutture sono state solamente rimodernate, è cambiato anche chi li riempie. Non solo tifosi storici delle squadre, ma anche fans occasionali e tifosi di passaggio tutti impegnati a fotografare. Anche se guardando sempre la TV si vedono sempre di più meno giovani, considerato i prezzi dei biglietti inaccessibili.
Persino in questi Stadi sempre pieni di merchandising, tutto appare deciso dalle TV.
Il calcio italiano, come disse giustamente Massimo Marianella negli anni passati, di non considerare le TV dei bancomat da cui attingere a piene mani non ci ha neppure pensato. Il calcio in Tv italiano è infatti il primo in Europa, più di 5 milioni di spettatori la media dei poltronisti da pallone, il doppio di Liga e Bundesliga e Premier.
La voce dei diritti televisivi è la voce di bilancio senza la quale il sistema calcio italiano probabilmente sarebbe fallito. Per tale motivo le riforme di campionati e il rinnovamento degli stadi italiani slittano di anno in anno alla pari di modernizzazione e crescita dei settori giovanili che abbatterebbero il calciomercato italiano dove gli interessi sono ancora più forti delle TV.
Il calcio italiano deve darsi una regolata anche perché la scelta tra TV e stadio non dipende più solo dal comfort delle strutture o dalla qualità dei palinsesti, ma soprattutto dai costi aumentati senza nessuno beneficio. Piano piano, pur con stadi italiani sull’orlo del declino che non danno nessun conforto per una famiglia, per poter andare allo stadio come avviene in Inghilterra, dove si mangia si beve e si ride, bisognerà aprire un mutuo.
In qualche stadio italiano ormai superato e vecchio ci sono prezzi assurdi, così come in alcune zone delle strutture non si distinguono i calciatori in campo: ad esempio dal terzo anello di San Siro, come è successo ai tifosi rossoblu in occasione di Inter-Genoa, tifosi che oltre alla distanza dal terreno di gioco erano immersi nella nebbia.
È giunto il momento da parte dei gestori della Serie A di riflettere attentamente sul futuro prossimo del nostro calcio.
Nessuno pretende di passare dal calcio di fanghiglia e pozze alle spa con idromassaggio e millesimati sul tavolo perché il calcio è sport di popolo che l’élite in Europa vuol portare via.
Le promozioni delle pay TV in Italia ti permettono di vedere tutto in Tv, in HD, gli studi con prima e dopo partita, gli spogliatoi, le interviste e le moviole. Allora perché andare alla Stadio? Per fare code ai tornelli, non trovare parcheggi, prendere multe e qualche volta se non vai nei posti da cento euro e più prendere anche sberle?
Il boxing day incomincia a fare gola anche in Italia. Probabilmente arriverà. Sarebbe bello se dovesse succedere che la Lega la Figc lo trasformassero in un “Famiglia day” invitando mamme, papà, figli e nonni a vedere una partita dal vero. Cosa diversa dallo scrutare davanti alla TV, anche se si ha davanti un maxi-schermo.
Allora per non continuare a prendere “cazzotti day” dal venerdì al lunedì il calcio italiano potrebbe copiare dalla Bundesliga capace di vendere il prodotto aprendo prospettive di una simbiosi tra tifosi e affari con prezzi accessibili, facilità di spostamento, stadi con visibilità senza pista di atletica, 51% di azionariato per i soci, bilanci risanati, oltre l’unica soluzione per non far vincere sempre gli stessi come in Italia con la distribuzione di diritti Tv equilibrati.
Calciomercato.
Qualcuno vorrebbe che si parlasse di calciomercato. Rimandiamo tutto al 2 gennaio quando aprirà la sessione invernale della Fiera del calciatore. Dal Genoa garantiscono che non uscirà un Grifone con il sale sulle ali anche con le buone partenze e continuerà a fare il proprio gioco. Basta avere un po’ di pazienza per giudicare. Non fare caso a tutti i nomi che escono giornalmente sui vai siti che si ritengono specializzati in questi giorni propagandati solamente da procuratori e agenti: per i già attenti qualche calciatore, ogni sei mesi, viene a galla, ma non arriva mai!