Abituato a parlare senza peli sulla lingua e tutt’altro che sottovoce, Aldo Agroppi ha rilasciato alla nostra redazione una terza intervista per parlare sia di Nazionale che del suo ultimo libro, “Non so parlare sottovoce. Una vita in contropiede” uscito recentemente e composto da tanti piccoli articolati, non più lunghi di una pagina e mezzo, in cui scandaglia da cima a fondo il calcio, la sua psicologia, le sue emozioni, lasciandosi andare a critiche e invettive messe nero su bianco senza troppe mezze misure. Ecco quanto ci ha raccontato del suo nuovo libro e del ritorno in campo della Nazionale azzurra (clicca qui se sei interessato ad acquistare il libro di Aldo Agroppi).
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Un tuo giudizio sulla Nazionale?
“La Nazionale non l’ho vista perché c’era poco da vedere, essendo un’amichevole. Poi il problema non è l’allenatore, se sarà Di Biagio o qualcun altro: il problema è che la nostra squadra è modesta. Non ci sono più campioni, non ci sono più i Totti, i Del Piero, i Conti, i Cabrini, gli Orali, i Graziani. Di questa nazionale sto guardando la formazione andata in campo e non vedi un grande giocatore: da quanto leggo è stata una partita modesta, che non poteva dare di più visto che molti giocatori azzurri devono poi giocare con le loro squadre, chi per le coppe e che per il campionato. Quando non ci sono tre punti in palio poi, una partita è difficile da giocare. Pur non avendola vista, il mio giudizio resta lo stesso: i campioni in Italia non ci sono più. In passato ne abbiamo avuti tantissimi, da Riva a Boninsegna: giocatori che potevano giocare in qualsiasi campionato. Oggi abbiamo giovani di belle speranze che però non hanno esperienza internazionale e non sono maturati abbastanza per dire che sono campioni: stanno facendo esperienza. La nostra Nazionale oggi è poca cosa, indipendentemente da chi la guiderà. Nel mio libro ricordo di quando ho esordito in Nazionale grazie alla convocazione di Valcareggi. Fu una cosa bellissima, eccezionale. Ho giocato poche partite, ma mi sono bastate per capire l’anima di quella maglia, di quel colore”.
“La maggior parte degli allenatori cerca non ciò che è necessario, ma ciò che piace agli altri” scrivi nel tuo libro. Se spostassimo la citazione sulla Nazionale?
“Io reputo che chi sarà il commissario tecnico della Nazionale sarà un disgraziato perché non abbiamo una federazione forte e non abbiamo calciatori forti. Gli allenatori, anche se hanno molta esperienza perché hanno vinto, perso e allenato all’estero, sono soltanto una piccola percentuale nel rendimento complessivo di una squadra. Se pensate che i migliori allenatori della nostra Nazionale sono stati Valcareggi, che mai aveva allenato una squadra; Vicini, che mai aveva allenato una squadra di club; Bearzot, che a sua volta non aveva mai allenato un club se non il Prato in Serie C. E sono stati tre tecnici federali cresciuti piano piano a Coverciano facendo l’aiuto dell’uno e poi l’aiuto dell’altro: a scalare, sono arrivati alla prima squadra. E avevano grandi giocatori.
La Nazionale di Vicini, che è stata bellissima, aveva dei giocatori forti: da Baggio a Schillaci passando per Giannini. Quella di Bearzot non ne parliamo: era una squadra super, non aveva punti deboli. Quella di Valcareggi uguale e infatti fece un secondo posto al Mondiale. Tre allenatori che non hanno avuto esperienze in un club e hanno fatto bene con la Nazionale. Ma perché? Perché intanto c’era una federazione forte a quei tempi e, poi, avevano calciatori di livello mondiale. Dove sono oggi questi calciatori? Oggi leggo la formazione e ci affidiamo a Cutrone, Chiesa, Cristante, Pellegrini: ottimi calciatori che stanno crescendo ma che non possono reggere il peso di una Coppa del Mondo o quello di giocare con squadre blasonate, anche a livello europeo.
Di Biagio, che forse merita di allenare la Nazionale, non credo abbia dei vantaggi: credo sia stato bocciato già l’altra sera. Per avere qualche speranza doveva battere l’Argentina per 3-0 e fare un partitone che non era possibile. Oltretutto i calciatori non hanno avvertito il fatto che Di Biagio si giocasse anche una parte del posto come titolare della panchina e hanno giocato una partita blanda perché hanno da giocare scontri diretti e gare importanti in campionato. Di Biagio si è trovato una squadra con tanta volontà, come lui stesso ha ammesso, ma che non ci ha messo agonismo. Succederà poi che Di Biagio perderà l’Under 21 e pure la Nazionale maggiore. Stava bene dov’era: ma gli allenatori talvolta sbagliano. Come sbagliai io quando tornai alla Fiorentina con la presunzione che molti dipenda da noi tecnici. Ma non è così: dipende dai calciatori. Alla prima esperienza avevo calciatori veri, la seconda volta non li avevo.
“Nella vita tutto è opinabile, ma non nel calcio dove i numeri ti inchiodano”: ce la spieghi questa citazione dal tuo libro?
“Puoi essere bravo quanto vuoi, fare dichiarazioni ad effetto, inventare moduli: ma se non fai risultato non è servito a niente. nel calcio non s’inventa niente: vincono i bravi giocatori e gli allenatori partecipano per un 20/30 per cento. I gol, del resto, li fanno gli attaccanti e non gli allenatori coi loro schemi, i loro foglietti e le loro lavagnette. Quando giocava Platini e aveva il pallone – mi raccontava Trapattoni – gli schemi li faceva lui. Ci pensano i grandi calciatori quando hanno il pallone fra i piedi. Se guardi le squadre prime in classifica, hanno tutte dei cannonieri. Allora le partite si vincono con gli attaccanti che fanno gol: ma a segnare non te lo insegnano gli allenatori. Devi averli nel sangue.
Per dire, a Batistuta non insegni a segnare. La Fiorentina aveva davanti Batistuta e Mutu. Al Torino c’erano Graziani e Pulici. E quando poi sono andati via questi giocatori, sono venuti fuori i limiti. Un terzinaccio lo rimedi: ce ne metti un altro. Un mediano lo rimedi. Ma l’attaccante che sa fare gol non lo rimedi: o ce l’hai oppure non ce l’hai. E perdi le partite. Si veda quest’anno il Torino dove si ritrova pur avendo Belotti, l’unico che può fare gol e che purtroppo non c’è. Gli allenatori sono degli incantatori: non lo dicono, ma sanno bene che non dipende da loro”.
Sulla Serie A e il duello al vertice fra Napoli e Juventus:
“Tutto si immagina e niente si sa”: è un proverbio saggio perché sono solo pronostici e vengono fatti per essere smentiti. Si danno giudizi secondo logica: e la logica oggi dice Juventus dal momento che è la squadra più forte, ha una società fortissima e detiene il potere del calcio italiano. E quindi gli arbitri – non sempre – quando c’è da dare un aiutino lo danno più volentieri alla Juventus che non ad altre squadre, che hanno poi a loro volta aiutini ma non nelle partite decisive. La Juventus ha tutto dalla sua parte: è la squadra più amata, è stata la squadra dell’uomo più grande d’Italia in passato, ha l’allenatore più bravo, gli arbitri sono un po’ condizionati. Per di più lo scontro diretto lo giocheranno a Torino, dove hanno vinto soltanto tre squadre in sei anni. Per questo dico Juventus”.
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Perché un lettore dovrebbe acquistare e leggere il tuo libro “Non so parlare sottovoce. Una vita in contropiede (tra parole e pallone)”?
“Il mio libro lo devono leggere perché quando faccio le cose le faccio per bene, come credo e parlando a voce libera. Il titolo in questo senso è significativo: non so parlare sottovoce, sia che parli con mia moglie che col Papa. I problemi li metto in campo a voce alta. E c’è in questo libro anche un aspetto affettivo, personale, commovente: parlo del mio arrivo a Torino da ragazzino, della storia di Superga, del Filadelfia dove sono cresciuto. E poi della Juventus, degli allenatori e dei presidenti che per la maggior parte non capiscono niente. E ci sono parti commoventi: alcuni amici mi hanno chiamato dicendo che avevano iniziato a leggere il mio libro e avevano smesso perché stavano piangendo. In questo libro si scopre anche la parte vera di Aldo Agroppi: quella che conoscete è quella che avete visto in televisione o che ascoltare adesso per radio.
Io non ho problema a parlare della mia depressione, della mia gioventù senza genitori e con un fratello che non avevo più. Di quella tristezza di non sapere se sarei riuscito o no a giocare ad alti livelli dovendo magari andare a lavorare in fabbrica. Poi ci sono gli attacchi a questo mondo dove non si può più vivere: tutti rubano, tutti ammazzano e i politici stanno zitti. La politica è la prima responsabile di come sta andando l’Italia: fanno bene a rubare o ad ammazzare, perché tanto nessuno farà loro mai niente. Vengono messi in galera e poi escono. Parlo anche di questo: sono più di duecento articoli che, come hai detto,si leggono facilmente perché sono corti. E dentro parlo di tutto questo, anche di ciò che è stata la Nazionale tirando in ballo gli allenatori. Mancini, per esempio, è un abusivo: non può allenare perché non ha partecipato e dato gli esami a Coverciano. Il patentino glielo hanno regalato. Nessuno lo dice? E io lo dico. Non ha fatto come ho fatto io che sono stato un anno lontano dalla mia famiglia, seduto dietro un banco dopo aver pagato la mia iscrizione.
Sacchi un vincente? Ma che vincente! Vinse un campionato su quattro e andò da Berlusconi dicendogli che il Milan era finito. Poi arrivò Capello e vinse quattro campionati in cinque anni. E poi tutte le volte che ha perso prendendo musate? Gli allenatori quando vincono stanno in tv, ridono e sorridono; ma quando perdono si nascondono, stanno in casa e non rilasciano più dichiarazioni: è un reato perdere una partita? Avete rubato? Un uomo, come un calciatore, ha diritto di perdere: e quando io perdevo non mi nascondevo e dicevo perché avevamo perso. Io sono diverso dagli altri, non dico migliore: sono nato incendiario e non muoio pompiere”.
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DI SEGUITO L’AUDIO CON LE PAROLE DI ALDO AGROPPI: