Poker servito? Il destino mischia le carte, e risulta “bestiale” quello giocato dal Vecchio Balordo alla Teresina a carte scoperte, proprio nel cuore del gioco. Occorrono provvedimenti da parte di tutti, non solo del tecnico che non ha jolly da giocarsi in campo e con la fortuna.
Altra quaterna incassata dal vecchio Balordo, altra sconfitta quasi non più difficile da raccontare perché è avvenuta con le quasi identiche peculiarità delle altre subite in trasferte amare di questo campionato: errori a go go in difesa ed errori di transizione in fase di possesso. Il Genoa – e Juric in particolare – non stanno raccogliendo quello che si è seminato nel girone di andata e non si capisce il perché; imputare poi tutto alle partenze di Rincon e Pavoletti e alla mancanza di stimoli non sembra aver senso.
Nella gara del 23 settembre persa per 3 a 1 contro l’Aquila biancoceleste c’erano Rincon e Pavoletti, dopo infortunatosi, e fu una “paiata” uguale di errori singoli. Quella volta ad aprire il valzer dei gol biancocelesti fu un rigore da principianti di Orban su Felipe Anderson, questa volta un uno-due preso nei 16 metri davanti a Lamanna che non farà dormire Juric.
A seguire bisogna aggiungere un altro rigore da “orbi” commesso da Orban, parato da Lamanna.
Siccome il fattore C ha lasciato il Vecchio Balordo dopo un un tiro di Pandev che ha sibilato di qualche centimetro il palo sinistro laziale, il presunto colpo da KO è arrivato con un gol dai 25 metri di Hoedt, non chiuso in 40 metri di corsa; il suo tiro è passato in una selva di gambe e si è incastrato di qualche centimetro vicino al palo interno sinistro di Lamanna.
Partita finita: 2 a 0. Poi un rigore laziale sprecato e il colpo d’ali del grifo con la P2 (Pinilla- Pandev) riportavano il risultato in parità con due ottimi gol. Da stropicciarsi gli occhi e da cancellare tutto quello che si era scritto sui taccuini o sui social.
Secondo tempo. I Genoani incoraggiati dal finale spumeggiante hanno ritenuto di poter insistere e per una quindicina di minuti conducevano le danze costringendo Inzaghi a mandare nella mischia le batterie tenute a riposo con vista Juventus. I sostituti laziali potevano fare la differenza ma hanno dovuto aspettare il regalo di Orban con una respinta assist per il gol di Savic che chiude la partita. Tutto ciò faceva rimpiombare nel buio i compagni con la maglietta rossa e i calzoncini blu, che sbagliavano nuovamente passaggi elementari fino a scontrarsi a centrocampo sulla linea laterale su un lancio per scavalcare il centrocampo lasciando il quarto regalo a Lukaku che si involava e serviva Immobile pronto a fucilare il passato rossoblu.
La partita era finita: mancavano ancora circa venti minuti e il secondo miracolo di riacciuffare il risultato non è neanche passato nella testa della P2, a corto anche di fiato.
Gli errori singoli sono stati determinanti in quasi tutte le sconfitte di Juric ma contro il Cagliari e la Lazio la mancanza di gioco a centrocampo si è fatta sentire troppo.
Inzaghi all’inizio ha lasciato in panchina difesa e quasi attacco titolari ma non ha rinunciato al centrocampo con Parolo, Biglia e Lulic, sapendo di sfruttare le difficoltà genoane nel cuore del gioco.
Tutte le percussioni laziali sono avvenute per vie centrali mentre su quelle laterali non ha imperversato ma giocato meglio il Grifone. Marcare a uomo e onorare la propria zona di competenza a centrocampo è difficileper chiunque venga schierato in questo momento.
Quando l’uomo marcato prende il largo o va centralmente diventa difficile seguirlo e si sguarnisce la difesa che va subito in ambasce. La squadra di Juric non sembra pronta o capace di limitarsi alla semplicistica tattica di non far giocare gli avversari.
Occorre qualcuno nel mezzo che faccia la differenza, che crei anche competizione per riprendere il cammino lasciato sul piano del gioco il 22 dicembre a Torino.
Il momento è difficile e Juric continua a non nascondersi confermando che oltre ad aver giocato male – meglio però rispetto a Cagliari – la squadra lo segue: “Non ho segnali che dicano il contrario, la squadra mi segue, si impegna molto in allenamento e altrimenti mi toglierei da mezzo. La squadra sta dando tutto quel che può, che non è abbastanza”.
Dovrà essere bravo a tenere sotto controllo la frammentazione degli equilibri narcisisti del girone di andata per panico e ansia, non solo da parte della tifoseria. Il Pirata, in altre parole, non teme il diluvio malgrado le ultime due sconfitte lo facciano calare nel “corral” della tifoseria spaventata dal Crotone, in questi quasi tre giorni più di ‘nduja che di pesto genovese.
Parlando seguendo invece la logica, il Genoa non dovrebbe essere sotto calcisticamente ai calabresi: ma poiché sappiamo da sempre che la logica non ha senso nel calcio considerato a priori, vediamo di stare su allegri. Si sono perse 5 gare, però anche i grandi numeri dovranno tornare dalla parte del Vecchio Balordo sia pure per dispetto, con qualche fattore C incorporato. Perciò non ci resta che rimanere in attesa.