La prima partita della sua carriera professionistica l’ha giocata da terzino, con la maglia del Bayern Monaco e sotto la gestione Heynckes. Emre Can, per gli anglofoni più semplicemente “colui che può”, è il nuovo asso nella manica del mercato bianconero, cominciato a gennaio scorso e in procinto di trasformarsi in un’estate leggendaria con l’approdo di Cristiano Ronaldo a Torino.
Un giovanissimo Emre, turco naturalizzato tedesco sulle orme di İlkay Gündoğan e Sami Khedira, viene ceduto al Bayer Leverkusen senza grandi rimpianti, al netto di un diritto di recompra del quale il club bavarese non si servirà né ora né mai. Can riesce a stregare Sami Hyppiä, che lo sposta gradualmente a centrocampo senza dimenticarsi della duttilità che contraddistingue il nativo di Francoforte sul Meno. Jurgen Klopp, e prima di lui Brendan Rodgers, sposta definitivamente il raggio d’azione del classe ’94 fra la linea mediana e la trequarti, dove Emre Can si fa largo tra contrasti e reti da antologia. La Bundesliga è stato il vivaio, la Premier League un punto di rottura e un teatro dal tutto esaurito, l’Italia potrebbe diventarne la patria acquisita. Sulla lingua c’è ancora da lavorare.
“Una delle cose che ha favorito il rinnovo del calcio tedesco? Senza dubbio la legge sulla cittadinanza voluta da Schroeder – sosteneva Piero Fassino ai microfoni di La7 in tempi non sospetti – Una legge per cui tutti i ragazzi nati in Germania da genitori residenti in Germania da almeno otto anni sono diventati cittadini tedeschi”. Alcuni, calcisticamente, coccolati e rinnegati, lasciati dal Bayern Monaco e non convocati per il Mondiale di Russia 2018. Alla ricerca dell’amore perduto, Emre Can sbarca in Italia con la voglia di spaccare il mondo e spiccare il volo. Non ricordatelo a Joachim Low.