Gli allenatori, i giornalisti (sportivi) che sono rimasti pochi, i giocatori stessi si ritengono capaci di cogliere i problemi che scaturiscono dalla lettura critica della partita, che in effetti non è così facile come si presume.
L’allenatore durante una partita deve decodificare il comportamento dei 22 calciatori in campo e deve saper decifrare e interpretare. I giornalisti prescelti non a fare la cronaca per il commento ma le pagelle dovrebbero utilizzare le stesse argomentazioni dei tecnici se cercano e vogliono che il lavoro sia tempestivo e appropriato.
L’allenatore non può non far più giocare un calciatore perché sbaglia uno stop, un gol o due passaggi. Il giornalista non può dare insufficienze per la stessa ragione: la lettura di una partita deve essere fatta su tutta la gara.
La tecnologia ha cambiato tutto nelle Tribune stampa, specialmente con le gare in notturna. Il taccuino degli appunti è sparito dai banchi, c’è il computer e più che l’analisi l’articolo viene confezionato durante lo svolgimento della partita e non alla fine del gioco riferendosi agli appunti. Tempi moderni alla Chaplin: occhi al pc e sul campo.
Tutte le colpe non sono dei giornalisti e del giornalismo – non solo sportivo – ormai diventato come il comico, come un operaio in una fabbrica la cui mansione, invece di stringere bulloni, è quella di scrivere alla svelta con Internet che incombe. I ritmi disumani e spersonalizzanti della catena di montaggio di Charlot minano la professione del giornalista della carta stampata con gli editori in fibrillazione per la perdita di vendite di copie con l’avanzare della tecnologia. Basta assistere ad una conferenza stampa dove tutti, specialmente i giovani (beati loro) sono a capo in giù a battere domande (senza farne) e risposte per uscire prima di altri sul web. Tutto per un click in più.
Franco Ferrari, il maestro di tecnica e tattica a Coverciano, agli allenatori diceva: “Per uno scopo di analisi critica del gioco del calcio bisogna darsi un metodo e una logica prima di poter iniziare il percorso di indagine, dividendo sempre il gioco del calcio in due fasi: quella di possesso (fase di attacco) e quella di non possesso (fase di difesa)“. Le considerazioni del docente di calcio Franco Ferrari dovrebbe farle proprie chi ha intenzione di masticarlo con le scarpe bullonate e chi con la penna o il pc.
I giornalisti, come gli allenatori, per fare un’analisi critica completa e non fermarsi solo agli errori in un calcio dove si gioca principalmente a zona dovrebbero interessarsi se funzionano:
- la copertura reciproca dell’ultima linea;
- l’uso delle corsie laterali e copertura delle stesse
- la squadra corta e perché ci riesce, non ci riesce e quali sono le colpe e i meriti dei difensori, centrocampisti e attaccanti;
- l’interscambiabilità dei ruoli per mantenere gli equilibri del sistema;
- la pressione e il pressing e perché riesce e non riesce;
- i movimenti in fase di possesso e di non possesso;
- le contromosse degli avversari per difendersi dalla strategia tattica.
Vorrei precisare che tutto quello scritto non è farina del mio sacco, ma neanche copia incolla. Tutto è ricavato da lezioni di tattica e appunti ricevute negli anni passati avendo avuto la fortuna di avere maestri come Franco Ferrari in primis, Gino Bacci e Fulvio Collovati. Il problema per i giovani d’oggi è che i maestri che insegnano sono pochi e se ci sono non sono ricercati per fare corsi ad hoc con la formazione dei giornalisti generalizzata per tutte le categorie professionali. E perciò tutti su internet a copiare e incollare.