Oggi sarebbe la vigilia della fine del calciomercato di riparazione, quello invernale. “Sarebbe” perché si è deciso a tavolino, più per esigenze di show televisivi che non altro, di prolungarlo sino al 31 gennaio, sprigionando infinite voci e grande marasma nelle tre lunghe settimane di pausa del campionato. Tre lunghe settimane che hanno delineato un panorama spiacevole: undici “nuovi” nomi che non arricchiscono certo la Serie A. Paquetà e Zeegelar sono le uniche novità, ma se del primo trovi qualche informazione sul web, del secondo non sai neppure che cosa facesse e in che ruolo giocasse precedentemente al Watford, società controllata dalla famiglia Pozzo. I vari Gabbiadini, Muriel, Okaka, Viviano, Sansone sono invece cavalli di ritorno. Valzania, Soriano e Birsa un mero travaso di giocatori tra club del massimo campionato. Domani, insomma, sarebbe dovuto finire il calciomercato. E se l’andazzo avessero saputo che era questo, nell’ottica che più ci si avvicina al calcio giocato e più le trattative faticheranno ad innescarsi, avrebbero convenuto tutti che sarebbe stato meglio finisse prima. Con buona pace di tutti, anche di chi ne aveva richiesto una limitazione temporale a gran voce per poi smentirsi nell’arco di sei mesi.
Ma c’è un capitolo che fa sorridere: venerdì 18 gennaio 2019 coinciderà non con la chiusura del mercato, ma col giorno definito da molti giornali ed esperti di calciomercato “chiarificatore” per Genoa e Milan sul fronte Piatek. I rossoneri metteranno sul piatto un’offerta che Preziosi riterrà adeguata? Si fermerà a 18/20 milioni più bonus? Saranno chieste formule particolari come un prestito con obbligo di riscatto? Ne abbiamo già parlato stamattina e non ci ripetiamo. Ancora non è dato saperlo se questo incontro sarà decisivo, ma l’importante per molti quotidiano è che arrivino subito due cose: l’offerta al Genoa e Piatek al Milan.
Ci manteniamo però sulla consueta linea del vedere per credere, alla San Tommaso, e aspetteremo di vedere cosa porterà questo benedetto calciomercato bulimico di parole più che di fatti. A leggere stamane la rassegna stampa non c’è infatti una versione uguale della vicenda Piatek-Milan. Questa volta, però, si spera di non dover infilare le dita in ferite aperte per credere nella resurrezione. Perché una possibile cessione di Piatek a gennaio, oltre smentire decine di dichiarazioni e configurarsi come un’operazione tutt’altro che calcistica, farebbe (ri)sorgere un grosso punto interrogativo: le cifre del calciomercato odierno hanno ancora una logica, specialmente in Italia? La risposta è un secco no.
A qualunque latitudine le cifre lievitano da un giorno all’altro vertiginosamente e da quelle non ci si smuove. Lo dicono i numeri: vendere e comprare, oggi, richiede investimenti più alti che un tempo. E vendere all’estero è più redditizio. Vendere in Inghilterra e Spagna, ad esempio, rimpingua maggiormente le casse societarie. Prendiamo il CIES e le sue analisi tutt’altro che superficiali: negli ultimi otto anni di rilevazioni, il monte affaristico per la compravendita di giocatori in Premier League e Liga è quintuplicato nel caso degli inglesi, pressoché quadruplicato in casa spagnola. Il domino parte dai diritti televisivi e dalla redistribuzione di più eque somme a tutti i club, il che ingenera una possibilità di spesa maggiore per acquisire giocatori nonché campionati più belli e con meno monopòli. In Italia, invece, è poco più che raddoppiato questo monte affaristico.
Tanto per dare qualche numero, la Premier League ha sovvenzionato negli ultimi otto anni, dal 2010 al 2018, soprattutto due campionati: Liga spagnola e Ligue1 francese. In Spagna sono stati investiti 831 milioni di euro, in Francia 905. La Serie A è al terzo posto con 645 milioni di euro, che significano almeno un investimento da 70 milioni di euro ogni sessione di mercato. In assoluto, assieme alla Ligue1, la Premier League è il campionato a cui dare più ascolto per vendere a cifre vicine alle proprie richieste e con disponibilità immediata di denaro. Un po’ meno alla Liga, che negli ultimi anni ha pescato con minore frequenza dall’Italia andando a scandagliare con estrema costanza dal Portogallo, dal Brasile e dal Sudamerica.
Noi società italiane – e la UEFA non è un alibi sempre spendibile – andiamo avanti a formule e pagamenti dilazionati e ci troviamo due marce indietro, ingolfati, preferendo procedere al ritmo di diritti di ricompra (la nemesi delle comproprietà) e squadre primavera smantellate nel giro di un mese per mettere a bilancio numeri che ci facciano rispettare gli equilibri, quando non addirittura il regime “incasso-spendo” dettato dall’occhio del fair play finanziario.
A farci ricordare che l’andazzo è sconveniente e la sopravvalutazione è diffusa sono le cifre che ascoltiamo tutti i giorni. Cento milioni per Allan (Napoli) o per Milinkovic-Savic (Lazio), settanta per Chiesa (Fiorentina), oltre cinquanta per Barella (Cagliari). Oppure i recentissimi esborsi di Juventus e Milan per i vari Spinazzola, Conti, Caldara, gioventù bruciata di un’Atalanta fucina di talenti. A stonare col contesto generale, inevitabilmente, ci sono pure i 20, 30 o 40 milioni più bonus che tutti i giorni, secondo i bene informati che sfruttano il canale mediatico per spingere determinate trattative verso determinati lidi, il Milan vorrebbe mettere sul tavolo per Piatek. Il centravanti che ha fatto tremare Cristiano Ronaldo, che ha fatto firmare petizioni online perché gli venisse restituito un gol (legittimo) e che ha messo lo zampino sul 52% dei gol del Genoa in questa stagione traducendoli in punti pesantissimi per una classifica pericolante. Lui che oggi, all’età di ventitrè anni e con una carriera all’apice, ha un valore nettamente più basso di altri attaccanti in giro per l’Europa e non se ne comprende il perché. Spesso si vende a cifre considerate sproporzionate rispetto al valore, il tutto grazie alle famose clausole rescissorie. So già con anticipo che quel giocatore, a meno di quella cifra, non vorrò lasciarlo partire? Vieni, bussi alla mia porta, depositi quell’offerta specifica senza sconto alcuno e il giocatore è tuo. Meno contrattazioni, il che può essere arma a doppio taglio, ma cifre più consone rispetto alla valutazione che si fa del proprio calciatore. Al Genoa, però, le clausole rescissorie non sono mai state di casa come lo sono in contesti come Napoli e Roma (ricordate i casi Higuain e Pjanic?). In generale comunque non è prassi italiana.
Il calciomercato vive di intuizioni e in questo senso Preziosi ha lavorato benissimo in estate. Le intuizioni, però, vanno valorizzate. In tal senso, è molto più che probabile che un calciatore icona della nuova Polonia calcistica come Piatek, in estate, potrà valere ben oltre le cifre attuali. Se in sei mesi, secondo il CIES, la sua valutazione è quasi sestuplicata passando da 4 a 22 milioni, la parabola potrebbe proiettarlo su cifre ben più alte a giugno 2019. Magari intorno ai 50/60 milioni o ancora di più. Magari grazie anche a qualche altro gol che possa fare il bene del Genoa e non di altre squadre. Piatek, del resto, è un diamante grezzo, Kouame la teca più luminosa e scintillante da mettergli intorno per impreziosirlo. Proprio per questo stupisce che le cifre che farebbero venire le vertigini siano 40 milioni più bonus, condizionate al ribasso dal fatto che la prima offerta da tenere in considerazione sarebbe quella del Milan, società che negli ultimi anni ha chiuso svariate operazioni col Genoa, da Antonelli a Kucka passando per Bertolacci e Laxalt, ma che oggi è sotto stretta osservazione da parte della UEFA.
I rossoneri oggi rispondono agli input di un fondo, Elliott, e non è un caso che Leonardo attenda un via libera – non ancora concesso – per aumentare la liquidità nella trattativa Piatek. L’amico di molte estati, Adriano Galliani, oggi non è più l’interlocutore di Preziosi. Eppure tutto prosegue, le aperture aumentano e le trattative, alimentate dai social network di cui ai tempi delle prime operazioni Genova-Milano erano sconosciute le potenzialità, sembrano potersi intavolare in men che non si dica. Specialmente nei momenti di necessità rossoneri. Spesso su basi ben lontane da quelle che sarebbero più consone al calciomercato attuale, che è invece vittima di procuratori, denaro e interessi extra calcistici che non rendono merito alle valutazioni reali di un giocatore.
Che venerdì 18 gennaio non sia da stigmate e che, per una volta, siano un po’ meno “beati coloro che non videro e tuttavia credettero”.