Il General Manager del Genoa, Johannes Spors, si è raccontato in una breve intervista al nostro giornale online. Direttamente dai campi di Begato, per seguire la Primavera rossoblu, il GM rossoblu continua poco a poco a prendere confidenza, a tre mesi dal suo arrivo, col grande universo Genoa. Lo fa anche aggiungendo un piccolo braccialetto rosso e blu a quelli che già ha al polso. Uno su tutti ci tiene a segnalarlo: “vede, c’è scritto papà. Regalo dei miei figli“. Un sorriso e poi via, per tuffarsi nella ripresa di Genoa-Spal Primavera assieme all’Assistant General Manager, Marcel Klos.

Posso chiamarla Boss nel senso di capo della svolta del Genoa in questo periodo?

“Ho la responsabilità in questo momento per la parte sportiva, sono molto felice di essere qui. Sono già tre mesi, è una grande sfida per me”

Spors e la visione del calcio in generale.

È una visione chiara di quello che voglio dalla nostra squadra, nel modo di giocare. Nel senso di molta intensità, mentalità, aggressività. Per me, in particolare, è importante che si combatta per vincere il possesso pallone, da squadra. Insieme recuperare il pallone e dare il via  ad una transizione offensiva giocando veloce incontro agli avversari. Non vogliamo avere il possesso solo per avere possesso, ma vogliamo avere il possesso e attaccare direttamente gli avversari. Questo è il calcio che voglio vedere. Questo è il calcio che vedo nelle ultime sei partite, solamente senza vittoria”. 

Nel calcio italiano ha più visto un calcio prevedibile o esclusivamente basato su strategia e tattica?

“Ogni Paese ha differenti culture calcistiche, e quindi anche nella tattica sono differenti. In Olanda è diverso che in Germania o in Serie A. Qui in Italia, comparandola ad altri Paesi, c’è un po’ meno spazio in fase di transizione e trovi squadre organizzate tatticamente davvero molto bene, dandoti meno spazi. Questo è quello che vediamo”.

Lei pensa di aver lasciato la sua impronta nel calciomercato italiano.

“Io direi di sì. Abbiamo tesserato in totale 9 nuovi giocatori, e molti giocatori hanno anche lasciato il club. In particolare, dai giocatori che abbiamo preso, come spiegavo nella domanda precedente, cercavamo aggressività e mentalità da usare nelle fasi di transizione. E poi vogliamo giocatori che possano compiere le loro fasi di sviluppo col nostro club. Abbiamo bisogno di avere un equilibrio tra sviluppo dei giocatori e sviluppo del club. Per questo abbiamo scelto giocatori un po’ più giovani, anche perché abbiamo una buona esperienza in questo ambito nella nostra squadra. Questo è il nostro marchio”. 

Nel calciomercato attuale si corre il rischio di puntare più sulla quantità che non sulla qualità?

Ma si tratta sempre di qualità. Ogni acquisto ha un ruolo. Qualche volta noi prendiamo un giocatore perché sia il titolare, qualche volta abbiamo bisogno di una soluzione di riserva. Forse si ragiona un po’ di più sulla quantità, sì, ma per la nostra squadra sempre su pura qualità”.

Verità e bugie sul processo di adattamento dei giocatori al calcio italiano. Quanto è difficile adattarsi al calcio italiano?

“Non è mai facile entrare in un nuovo Paese. In Italia vale lo stesso. C’è una barriera linguistica, ci sono tattiche diverse e stadi diversi. Ma alla fine, il calcio è undici contro undici. Penso che si possa vedere che giocatori come Østigard, Hefti, Yeboah o Gudmundsson si sono adattati abbastanza velocemente. Di certo è importante l’ambiente, è il club che prova a rendere più facile la vita e l’adattamento al giocatore”.

Di quelli ingaggiati da lei a gennaio, in campo, sono mancati per adesso solo Amiri e Frendrup.

“Certo. Sfortunatamente Nadiem è stat colpito duramente da una malattia, così non è stato pronto subito all’inizio. Frendrup è un ragazzo molto giovane, ma noi stiamo vedendo che in allenamento ha un grande sviluppo e avrà un grande impatto sulla squadra nel futuro”. 

Come ha rigenerato, assieme a Blessin, la Vecchia guardia italiana?

Siamo persone oneste, abbiamo il carattere che abbiamo: proviamo a essere aperti con ciascuno, a integrare tutti nella nostra visione di calcio. Stiamo vivendo Genova ed è una grande esperienza per ognuno di noi”. 

Quali sono i rischi medici ammissibili nell’ingaggiare un calciatore?

“Quando ingaggi un giocatore, fai una visita medica. Alla fine, prima di firmare il contratto c’è una visita e conosci tutti i dettagli. Sicuramente fa parte del procedimento ottenere tutte le informazioni relative al passato, per conoscere le debolezze fisiche di un giocatore. Insomma, non dovremmo essere sorpresi su un infortunio”.

L’età ideale per ingaggiare un calciatore?

“Difficile dire “ideale”. Dipende anche dal ruolo che il calciatore ha nella squadra. Per esempio, questo può essere davvero utile per ingaggiare giovani calciatori oppure calciatori di esperienza. Per me, quando costruisco un’intera rosa, è importante avere un equilibrio di esperienza e gioventù. È difficile da dire un’età, tuttavia quando tu semini per una prospettiva di investimento, i giocatori talvolta hanno bisogno di tempo per crescere”.

Il suo database e le risorse informatiche utilizzate per scoprire un calciatore da lei. A seguire lo visiona? Per quante volte?

“Difficile da dire. Molti giocatori li segui per lungo tempo. L’ho detto già in un’altra intervista: Silvan Hefti penso di conoscerlo da quando aveva 16/17 anni, e conosco altrettanto bene anche altri giocatori che abbiamo ingaggiato. Qualche volta, però, tu recluti un giocatore nuovo, che ha attirato la tua attenzione perché in fase di sviluppo: e allora hai bisogno di dati affidabili, risorse, video e – quando si ha la fortuna come oggi di assistere dal campo – di vedere nuovamente partite dal vivo. È stato difficile per il Covid, ma ora è possibile”. 

Il Genoa prima del suo arrivo aveva uno scouting, che c’è sempre. Qual è l’importanza di vedere dal vivo i ragazzi più giovani? È un passaggio decisivo.

“Lo è, lo è. Io conosco il più presto possibile i giocatori, è un lavoro del reparto scouting. Reparto che anche noi al momento abbiamo in fase di attiva costruzione, ed è un lavoro che ho fatto anch’io nel passato per avere una conoscenza abbastanza veloce. È molto importante vedere oggi la Primavera, e poi vedere le altre squadre che sono qui al Genoa, come uno scouting interno. Questo è tutto quello che abbiamo. Migliorare lo scouting? Vogliamo migliorarlo. Stiamo lavorando in questo senso. Non solo come personale, ma anche come tecnologie e database. È importante per noi uno scouting, cruciale per lo sviluppo di un grande club”. 

Nel suo lavoro, come già alla RedBull, la vera marcia in più saper distinguere il talento.

“In ogni fase di sviluppo di un club di calcio è importante avere un chiaro modo di giocare, chiaro nella guida tecnica e nella mia stessa figura, e a parte questo, tradurlo in una chiara strategia di acquisto. Il mercato principale è sempre quello in cui un club si trova, e in tal senso quello qui, in Italia, è molto importante per noi. Inoltre lo è avere uno scouting internazionale”.

Un motivo su tutti per cui il settore giovanile è così importante.

“È molto importante per sviluppare giocatori all’interno del tuo stesso club, nella tua città, per portarli alla prima squadra. Dà una identità a tutti”. 

Un General manager può essere allo stesso tempo anche tifoso della sua stessa squadra?

“Ho molta passione per il calcio e ne guardo ancora molto. La passione è una motivazione, è il motore del nostro lavoro. Ma dobbiamo essere analitici per essere concentrati nel prendere decisioni”. 

Il fattore umano e il valore del marchio Spors. Cosa ha portato lei a questo club?

“Comunicazione. È molto importante. Comunicazione col mio team e anche con tutto lo staff: è un fattore importante col quale tutti conoscono la direzione e la strada da percorrere allineati. La nostra strada di lavorare insieme l’uno con l’altro è una delle cose più importanti al momento”. 

La speranza di tutti è che non succeda, ma se succedesse lei studia già la serie B, un campionato totalmente diverso.

“È una parte del nostro ruolo professionale, avere una conoscenza di Serie A e Serie B. Di sicuro la abbiamo, ma abbiamo ancora molte gare da giocare e ci auguriamo di restare in Serie A. Se così non fosse, saremo preparati”. 

Lei e Blessin, oltre aver conquistato i calciatori ai quali piace il modo di giocare, avete conquistato anche la tifoseria. Che messaggio vuole mandare ai tifosi per il futuro.

“È importantissimo avere i tifosi dalla nostra parte. Lo è per noi percorrere la strada con loro, insieme. Insieme con la città. Questo può creare tanta energia e penso che questo sia ciò che si percepisce attualmente quando si entra al Ferraris. Questo è importantissimo per continuare con fiducia e molto presto ottenere tre punti dopo novanta minuti”. 


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